Alla fine in Europa è andata secondo previsioni. L’unica grossa novità rispetto al 2014 è stato l’incremento del numero dei votanti. Dappertutto, tranne che in Francia ed in Italia, in cui la Le Pen ed i Gillet gialli da una parte e Salvini e Di Maio dall’altra, sono riusciti a non far ragionare gli elettori sul merito delle questioni europee, trasformando il voto in referendum, su Macron in Francia e su Salvini in Italia. Al netto di questi due Paesi, l’U.E. ha dimostrato di essere viva e di godere di buona salute. I sovranisti sono stati ampliamente ridimensionati e nel Parlamento di Strasburgo avranno una collocazione minoritaria.
Sui dati italiani è stato detto già tutto. D’altronde i numeri sono eloquenti. Per sintesi non mi soffermo sui partiti che non hanno raggiunto il 10 per cento dei voti. Circoscrivendo quindi il ragionamento ai soli tre partiti che hanno superato questa soglia, dal 2014 ad oggi, in cinque anni, la Lega ha guadagnato 7 milioni e mezzo di voti, passando dal 6.15% al 34.33%; per converso il Pd ha perso 5 milioni e rotti di voti ed è passato dal 40,81 al 22,69 per cento. E il M5S? Ha perso un milione e 250mila voti ed è passato dal 21 al 17 per cento. Credo ci sia ben poco da commentare!
Diverso è se ragioniamo sullo scarto di voti e di percentuali tra le europee di quest’anno e le politiche dello scorso anno. Ci proviamo, con una premessa cautelare; rispetto alle politiche dello scorso anno mancano all’appello un milione e duecentomila elettori, che non si sono recati alle urne. Nessuno può dire dove sarebbero andati e soprattutto dove potranno andare questi voti il prossimo anno, quando si voterà in molte regioni, tra le quali la Campania, ed in altrettanto numerosi comuni.
Analizziamo dunque il delta tra i voti 2019 e quelli 2018. Lega: più tre milioni e mezzo di voti e percentuale raddoppiata; Pd: meno centomila voti, nonostante l’iniezione di una parte degli ex LeU, ma percentuale migliorata di quattro punti; M5S: meno sei milioni di voti e percentuale dimezzata. La gran parte dei voti persi dai grillini rispetto allo scorso anno sono rifluiti nell’astensione e, più ancora, sono andati alla Lega. Com’è pure giusto che sia, erano e sono voti populisti ed è la Lega il vero polo populista italiano.
Alla luce di questi dati cosa possiamo aspettarci in vista delle regionali e delle comunali del 2020?
Cominciamo col dire che non c’è alcuna corrispondenza tra voto europeo, voto politico e voti locali. Per dirne una, domenica scorsa, nel Comune di Nocera Superiore si è votato contestualmente per le europee e per le comunali. Orbene, mettendo uno sull’altro i voti delle destre tradizionali, della Lega e del M5S, questi, nel loro insieme, alle europee hanno cumulato 11.751 voti, oltre l’80%; alle comunali però – ripeto: nello stesso giorno – il candidato sindaco sostenuto dal Pd e dalla sinistra moderata, Giovanni Cuofano, ha ottenuto 10.251 voti, poco meno del 60% dei voti e circa il dieci per cento lo ha preso Mimmo Oliva, di chiara collocazione di sinistra. Le destre ed i populisti si sono dovuti spartire 5.233 voti, cioè il restante 30%. Stesso ragionamento vale per Avellino, con un travaso di circa undicimila vota da un campo all’altro. Così in altre città dove si è votato anche per il Comune.
Insomma le partite regionali e comunali del 2010 sono ancora tutte aperte. La sola considerazione prospettica che possiamo permetterci oggi è di natura psico-politica. Il risultato del Pd sicuramente rianima gli animi dei suoi sostenitori; lo zoccolo duro ha tenuto e la politica unitaria di Zingaretti è partita col piede giusto. Viceversa la delusione dell’elettorato pentastellato potrebbe determinare uno scoramento nelle loro file, con conseguenti lacerazioni interne, spaccature e ulteriori fughe di voti.
Se così sarà, dove andranno gli elettori profughi del M5S? Lega, FdI e Pd stanno già attrezzando le banchine per gli attracchi dei barconi.