Il presidente Sergio Mattarella non è il Piave della nostra democrazia
Siamo ormai giunto al caos più totale e i mercati finanziari ce la stanno facendo pagare. Il premier incaricato Cottarelli ieri ha chiesto tempo per mettere insieme la lista dei ministri. Sembra che all’ultimo momento più di un papabile a ministro si sia sfilato. E poi il “tradimento” del Pd, che non voterà la fiducia al governo del suo presidente Mattarella. Il rischio è che al Senato addirittura il probabile governo Cottarelli non riceverebbe neanche un voto di fiducia, e alla Camera forse poche decine. Un disastro. Un vero e proprio fallimento da ascrivere, purtroppo, interamente al presidente Mattarella.
Spiace dirlo, ma il Capo dello Stato si è incartato assai prima del previsto. Vive una solitudine politica forse senza precedenti, che non è per nulla mitigata dall’appoggio di facciata e interessato da parte della sinistra e del Pd in particolare, accorti a non compromettersi più di tanto. Per farla breve, un Mattarella che deve vedersela da solo contro gli attacchi delle forze politiche, in primis Lega e Cinque Stelle. Insomma, da arbitro si è ridotto a ruolo di giocatore di una partita che lo vede impacciato e perdente.
Sull’onestà intellettuale e la correttezza personale del Presidente non c’è da dubitare. Le ricostruzioni che lo vogliono debole e accondiscendente ai diktat dell’Europa e dei tedeschi sono infondate ed infamanti. Questo non significa che il nostro Capo dello Stato non sia tuttora tormentato dalla preoccupazione che il nostro Paese vada economicamente a sfracellarsi, anzi. Allo stesso modo, c’è da rilevare che molto probabilmente non ha buoni consiglieri e che, tutto sommato, ha dato prova di una certa imperizia. C’è il sospetto che una personalità non solo rigorosa come la sua, ma anche più forte e risoluta, forse avrebbe ottenuto migliori risultati, quantomeno non ci sarebbe stata una crisi così lunga e con effetti devastanti sulla tenuta complessiva della nostra democrazia e, purtroppo, dei mercati finanziari.
Restiamo sempre dell’opinione che non far decollare il governo giallo-verde sia stato un clamoroso errore politico. E un errore di opportunità è stato pure quello di aver dato l’incarico, dopo ciò che è accaduto e soprattutto nel modo in cui è avvenuto, ad una personalità come Cottarelli, uomo di indubbie qualità professionali e morali, ma che per decenni è stato membro del Fondo Monetario Internazionale, una di quelle istituzioni che, insieme con l’Unione Europea, viene vissuta a torto o a ragione, soprattutto adesso in Italia, come un organismo che limita e condiziona la nostra sovranità.
A ciò, in verità, si aggiungono anche autorevoli opinioni di numerosi giuristi che ritengono la scelta di rottura operata dal presidente Mattarella non del tutto appropriata. E’ il caso, tanto per citare una delle personalità più di spicco, di Valerio Onida, professore di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano e presidente emerito della Corte Costituzionale, nonché di sicuro non con simpatie leghiste o pentastellate.
“La scelta di Mattarella di impedire la formazione di un governo dopo una lunga trattativa tra i due partiti -ha dichiarato testualmente Onida- mi ha sorpreso, mi sembra abbastanza impropria. Nel nostro sistema la formazione dei governi dipende essenzialmente dalla presenza o meno di una maggioranza in Parlamento. Il governo non è una dipendenza del capo dello Stato, bensì una dipendenza del suo Parlamento, della sua maggioranza. Non dare vita a un governo per la presenza di una persona e le possibili idee politiche che potrebbe portare avanti, mi sembra andare al di là di ciò che dice la Costituzione quando parla della formazione di governo”. Onida: la scelta di Mattarella? Impropria
Ad ogni modo, al di là delle disquisizioni in punta di diritto, per il bene del Paese è auspicabile che gli attacchi al presidente della Repubblica cessino e che il tutto rientri nel legittimo perimetro del diritto di critica e di opinione, senza andare oltre.
D’altro canto, meglio uscire da questo stupido gioco al massacro di stare contro o a favore di Mattarella. Tanto, alcune cose sembrano assodate. La prima, è che con le soluzioni di palazzo non si va da nessuna parte, si allunga soltanto l’agonia di un sistema istituzionale e politico da riformare in profondità. Meglio, quindi, affrontare i problemi da subito e non rinviarli sperando che sia il tempo a dare risposte. I barbari, se così si vogliono definire i leghisti e i pentastellati nell’illusione di esorcizzarli, si combattono a viso aperto, sul terreno del confronto e delle proposte, non certo con i sotterfugi e i trabocchetti, e neanche cercando di rinviare la competizione.
La seconda, le elezioni dello scorso 4 marzo, e quello che è avvenuto nei successivi tre mesi, hanno radicalmente mutato lo scenario politico italiano e forse in modo irreversibile. A destra come a sinistra. La Lega e il M5s, forze politiche antisistema o se si preferisce populiste, sono realtà politiche affermate e in crescita, e il loro declino di sicuro non è dietro l’angolo.
In conclusione, è sciocco pensare che Mattarella rappresenti una sorta di linea del Piave della nostra democrazia e per questo usarlo a proprio piacimento. La verità è che le forze politiche che hanno visioni, valori e prospettive politiche diverse da quelle di Lega e M5s, devono ripensare completamente alla loro cassetta degli attrezzi, cambiare modalità di approccio e soprattutto narrazione.
Meglio allora andare subito a votare e togliersi il pensiero. Almeno si volterà pagina una volta per sempre. E poi si vedrà…