“Il vecchio e il mare” nell’apologia socratica
Di questo logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato, sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadono secondo questo logos, essi assomigliano a persone inesperte, pur essendo possibile addurre prove in parole e opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo non sono coscienti di ciò che fanno dormendo.» – Eraclito
La figura del mentore e dell’eternare del suo pensiero tramite l’allievo, il ricambio generazionale della filosofia del divenire tramite la discendenza offerta da tale rapporto. Introduzione al romanzo , valsogli il premio Pulitzer e il premio Nobel per la letteratura l’anno successivo, “Il vecchio e il Mare” di Ernest Hemingway.
Dopo ottantaquattro giorni durante i quali non è riuscito a pescare nulla, il vecchio Santiago vive, nel suo villaggio e nei confronti di se stesso, la condizione di isolamento di chi è stato colpito da una maledizione. Tale “maledizione” porterà i genitori di Manolin, suo giovane allievo dall’età di 5 anni, ad allontanarlo dal suo mentore, il quale manterrà però ben saldo il rapporto vigente tra i due. Salpato prima dell’alba rema allontanandosi dalla costa e dispone meticolosamente le lenze nell’acqua a diverse profondità. Ma prima di mezzogiorno pescherà solo un Marlin – animale simile al pesce spada – che però, ancora con l’amo tra le fauci, inizierà a tirare dietro di sé la barca del vecchio Santiago. Egli non si renderà immediatamente conto della grandezza del pesce che nuota in profondità e tenendo stretta la lenza tagliente con entrambe le mani è convinto che presto il pesce si stancherà. Santiago pensa a molte cose in questo frangente: vorrebbe il ragazzo con sé per essere aiutato, per potergli insegnare quanto Praticato. Santiago é sfiancato e ferito a causa del confronto, che continuerà a protrarsi per tre giorni. E finalmente, intorno a mezzogiorno del terzo giorno, dopo due notti e due giorni di prove di forza tra il pesce ed il pescatore, l’animale si dará per sconfitto. Piano piano il vecchio riesce a guadagnare un po’ di lenza finché, avvicinato il grande animale, lo trafigge con una fiocina. Il vecchio lega con le corde l’imponente pesce spada, di mezzo metro più grande della barca, issa la vela e inizia il viaggio di ritorno. Ma la lunga scia di sangue che lascia dietro di sé il pesce attira uno squalo che, nonostante venga ferito dalla fiocina del pescatore, riesce a vanificare la validità del Marlin. Arrivano altri due squali che il vecchio riesce ad allontanare legando un coltello al remo, ma quando arriva la notte il pescatore ormai stremato non riesce più a far fronte agli attacchi dei pescecani, si sente stanco e impotente. Non è più giovane come una volta, non ha la forza per contrastare quell’ultimo attacco. Quella notte il vecchio raggiunge la sua capanna al limite delle forze e con le mani ferite. Si copre con un giornale e cade in un sonno profondo sognando la sua gioventù; dopo l’attacco degli squali del pesce non ne rimane che la lisca con la testa e la coda, una scena che il giorno dopo crea profonda compassione negli altri abitanti del villaggio, e sopratutto riconquista l’orgoglio e la fiducia che Manolin aveva nei suoi riguardi.
La mitigazione dell’allievo, Socrate come Santiago
«Vada come sta a cuore al dio. Alla legge si obbedisce. Difendersi si deve.» – Apologia di Socrate
Gli spunti di lettura offerti da questo breve romanzo sono molteplici, il rapporto tra uomo e natura, la forte etica che vige nella lotta tra un uomo e il suo obbiettivo, ma a suscitare interesse in questa sede è la potenza con la quale l’empirismo trova la sua trascendenza attraverso la figura del magister e del suo discipulus. Un immediato parallelismo con la figura di Socrate è offerto da Santiago , un vincitore morale di una battaglia persa. L’estenuante battaglia che il pescatore affronta contro il Marlin è la medesima che il filosofo, accusato di empietà, dovrà affrontare contro le leggi della sua polis. E così come la vittoria di Santiago non porterà con sè la prova materiale di quest’ultima, in modo analogo la morte di Socrate vanificherà le ragioni da lui ottenute, i due savi tramite la loro esperienza, faro d’un mondo ormai passato, saranno contrastati da una realtà o ormai troppo differente per loro o che ancora non è all’altezza morale. Ma se entrambi non troveranno guiderdone nella loro vita, riceveranno tramite quanto esercitato con i propri allievi l’eterna trascendenza delle loro idee, attraverso le opere e le gesta di quanto trasmesso ai due.
La filosofia del divenire nel tramandamento dell’esser stati
«Di questo logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato, sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadono secondo questo logos, essi assomigliano a persone inesperte, pur essendo possibile addurre prove in parole e opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo non sono coscienti di ciò che fanno dormendo.» – Eraclito
Nella sua ontologia Il filosofo concepisce il mondo come un flusso perenne in cui tutto scorre, differente nel suo immediato e nel suo divenire. Ma nel continuo scorrimento delle rerum da cosa è stabilita la continuità del bene? Dal portavoce e portatore delle conquiste dell’esperienza, il mentore. Nella analisi del romanzo preso in esame é chiaro come, tramite la grandezza delle sue gesta, il vecchio riesca a tramandare i suoi valori e le sue artes technica al giovane discente, così come Socrate, tramite la profonda coerenza dimostrata per le leggi, seppur inique nel suo contesto, che ha sempre sostenuto, renderà tramite il suo sacrificio le sue idee immortali, attraverso la penna fedele del suo allievo, Platone. Per ogni raggiungimento, etico , tecnico o assolutamente pratico, l’esperienza trova in se la sua continuità tramite il rapporto che vige tra il mentore e colui che eserciterà in futuro quanto imparato da esso, e si farà a sua volta portavoce di tale messaggio. E’ nella continuità di questo rapporto che la storia e che la conoscenza del bene potrà protrarsi ancora nelle pagine scritte dall’uomo, è questo amore platonico , questo massimo rispetto paterno e condiscendente tra colui che insegna e colui che impara, a rendere l’esperienza ente primo dell’essere, così che l’esser stati possa continuare ancora nel poter divenire.