Saggezza e perdono
Il perdono non è scontato. Né permanente. È un lavoro continuo, un impegno che si accompagna a una sofferenza pervicace
«La saggezza terrestre esige spesso il reciproco perdono fra gli uomini ma non sa come ciò possa realmente avvenire».
Nelle parole del teologo Karl Rahner, che in primo luogo esprimono l’insufficienza delle possibilità umane di fronte a determinati eventi dell’esistenza, c’è tutto lo spessore drammatico di una dicotomia antica la cui soluzione, nella pratica, trova ostacoli all’apparenza insuperabili.
Occorre essere coscienti di come nel rapporto fra vittime e carnefici, il rischio è riabilitare chi ha operato il male trascurando di continuo chi soffre.
Il perdono non è scontato. Né permanente. È un lavoro continuo, un impegno che si accompagna a una sofferenza pervicace.
La maturità vorrebbe che la verità secondo cui il male è inammissibile e distruttivo sia proclamata, capita, umilmente accettata. Vuole che chi ha compiuto il male se ne penta di tutto cuore, cambi vita, ripari con tutte le sue forze il male fatto, lo pianga nella misura in cui ha fatto piangere altri, offra le condizioni per una riparazione il meno inadeguata possibile.
Solo in questo modo il perdono sarà rispettoso di chi ha compiuto il male, prenderà sul serio chi ha sbagliato, ne smaschererà le trame inconsce, gli permetterà di rendersi conto dei disastri arrecati dalla sua irresponsabilità e malvagità, aiutandolo a cambiare il cuore.