Elezioni, la Costituzione e il ruolo di garanzia del presidente Mattarella
Non era mai successo che nella settimana di ferragosto ci fosse una crisi di governo da gestire. Ora succede anche questo, ma quali saranno gli sviluppi?
L’ipotesi più accreditata è quella di tenere nuove elezioni in una data del prossimo autunno. E’ però emersa in questi giorni anche l’idea di costituire un governo, chiamato con varie formule, che mettesse insieme tutte le forze attualmente contro Salvini, in primo luogo M5S e Pd, ma anche eventualmente Forza Italia oltre che la Sinistra. E’ questa un’idea un po’ ardita ma in politica nulla è impossibile. Certo, è difficile immaginare come riusciranno a convivere forze per nulla omogenee in un possibile nuovo governo. Basterà, insomma, il cemento anti-salviniano per tenerle insieme?
In ogni caso, la nostra Costituzione per fortuna affida ad un terzo la procedura per arrivare allo scioglimento delle camere e l’indizione di nuove elezioni. Sarà, infatti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a verificare se ci sono le condizioni politiche e i numeri parlamentari per un nuovo governo. Allo stesso modo, tanto per intenderci, con cui consentì la nascita del governo gialloverde, formato da due forze politiche che poco avevano in comune, le quali, nonostante tutto, sono riuscite a costituire una maggioranza governativa per oltre un anno.
Inutile, quindi, scaldarsi tanto. La Costituzione repubblicana affida al presidente della Repubblica un ruolo di arbitro e di garanzia. Se ci sono i numeri ci sarà una nuova maggioranza. E questo avverrà nella massima trasparenza del dibattito parlamentare e l’intera procedura non può essere liquidata come un giocoi di palazzo. Poi, potrà piacere o meno, ma questo è nella libertà di ciascuno valutare e criticare politicamente.
Certo, se Mattarella verificherà che non c’è altro da fare, indirà le elezioni anticipate. In questo caso, prima si tengono e meglio è. Consultare il popolo in democrazia non è mai un pericolo, tutt’altro. Quello che dobbiamo temere, invece, è l’incertezza, l’instabilità, le lunghe attese decisionali, il vuoto di potere, l’assenza di un governo.
Detto questo, è singolare come il partito che più sia in sofferenza sembra essere il Pd. Il suo leader non leader, nel senso che non è il segretario ma ha i numeri parlamentari per dettare legge sul segretario del partito Zingaretti, ovvero Matteo Renzi, sta brigando per formare un governo con i pentastellati. La cosa è singolare sia perché Renzi fino all’altro giorno ha stoppato ogni dialogo in quel verso dopo che il governo gialloverde nacque lo scorso anno soprattutto grazie al suo deciso e prevaricatorio niet, sia perché la sua proposta sembra avere più a cuore gli interessi del proprio orticello politico piuttosto che quelli del Pd ma più ancora del Paese.
Ad ogni modo, quella di Renzi è una posizione politica più che legittima anche se spacca ancora una volta il Pd, che rischia per davvero di dissolversi. Molto probabilmente sarà proprio Mattarella a togliere le castagne dal fuoco a Zingaretti e al Pd, con l’indizione delle elezioni anticipate per evitare pastrocchi e papocchi.
La verità è che se da un lato sono scontati i tentativi di trovare una maggioranza per non interrompere così prematuramente questa legislatura, dall’altra è diffusa la convinzione che mettere su a tutti i costi un governo, o meglio un governicchio, significherebbe fare un regalo proprio a Salvini, che vivrebbe di rendita e nel giro di pochi mesi passerebbe all’incasso elettorale in misura molto più cospicua di quella che oggi gli attribuiscono i sondaggi.
E questo, prima di chiunque altro, lo sa bene il presidente Mattarella, che simili regali non ha proprio intenzione di farli. A chicchessia. Figurarsi a Salvini.