Cava, il lido scacchiera e le prossime elezioni comunali
Ho immaginato che Piazza Abbro, meglio conosciuta, grazie a Marco Galdi, come Piazza della scacchiera, sia diventata in questo periodo una specie di lido balneare cittadino, nel senso che i “cavaiuoli”, a casa o in vacanza, hanno paragonato lo spazio antistante il Palazzo di città come una zona circoscritta da una gomena retta da boe galleggianti identificate nei personaggi dei politici locali come Vincenzo Servalli, sindaco uscente, fino a qualche giorno fa dato come rientrante al primo turno, Marcello Murolo, suo principale antagonista, circondato dagli altri tre antagonisti, Enrico Bastolla e gli altri due semisconosciuti Umberto Ferrigno e Giuseppe Benevento.
Non voglio essere irriverente, le boe sono galleggianti di salvataggio, ed è per questo che ho in esse individuato i nostri personaggi politici di riferimento, come galleggianti ai quali aggrapparsi nei prossimi due mesi; vi sono anche altre boe identificate con fiancheggiatori e supporter, i quali però non sembrano essere di sostegno.
Generalmente sono specchi d’acqua tranquilli, come sembrava il Lido scacchiera fino al primo finimondo, derivante dalla discesa in campo di Luigi Petrone, l’ex Fra Gigino che per la maggioranza dei cavesi è ancora “Padre Gigino”, il quale ha scompigliato le carte ed ha provocato un vero maremoto, mettendo alle corde gli altri candidati.
Poi c’è stato il secondo maremoto, l’assoluzione di Enrico Polichetti, ex vice sindaco, e di Angelo Trapanese, ex dirigente dell’Ufficio tributi, con una sentenza che ha ridimensionato le falsità che si erano diffuse circa infiltrazioni criminali all’interno dell’amministrazione cittadina; vero è che trattasi solo della conclusione del processo di primo grado, e potrebbero esserci sviluppi futuri, ma fa piacere la loro assoluzione “con formula piena”, la quale sancisce che il comune di Cava è esente da tali infiltrazioni; e conoscendo Servalli e i Sindaci che l’hanno preceduto non poteva essere diversamente. Questo non esclude del tutto che all’interno del Comune vi sia qualche “forzatura”, ma certamente Cava è tra i comuni più virtuosi, da questo punto di vista, della regione.
Ma voglio tornare a Padre Gigino, e specificamente alla bella intervista rilasciata il 23 luglio scorso a questo giornale, nella quale esprime tutti i valori che un vero sacerdote dovrebbe coltivare e perseguire, prima di tutti il servizio a Dio attraverso l’uomo; è un concetto importante che non tutti adeguatamente considerano, visto che anche il cristiano che si dichiara praticante cerca Dio, quando lo cerca, guardando l’altare o le immagini sacre, ma ignora chi gli sta accanto, talvolta infastidito dalla sua presenza.
La prima dichiarazione di Padre Gigino è stata: “La mia idea di vivere il Vangelo è molto semplice: partire dall’uomo per arrivare a Dio e non viceversa. E’ la teologia francescana che dall’umano va verso il divino. Io provengo da un’esperienza di vita con frati quali padre Fedele, padre Agnello, padre Marco, padre Attilio, padre Serafino, che mi hanno dato insegnamenti di vita che non si possono dimenticare”.
E aggiunge: “Io voglio stare tra la gente. Non ho casa. Ogni giorno mangerò a casa di una famiglia per stare con loro. E’ solo stando a contatto con la gente che si ha la reale percezione della vita quotidiana, dei problemi e degli affanni di ognuno. Il mio numero di telefono sarà a disposizione di tutti. Quando un cavese sarà in difficoltà mi dovrà chiamare perché io voglio essere il papà di tutti i giovani figli di Cava e il figlio degli anziani cavesi. Una società senza l’esperienza degli anziani è una società senza storia.
E conferma: “Ho deciso di lasciare l’abito talare e non lo riprenderò più. Non ho più celebrato Messa dal 10 giugno. Non ho rinunziato alla mia fede, questo voglio sottolinearlo, ma è un capitolo della mia vita che è terminato. Una scelta che mi è costata non poca sofferenza, io sono nato monaco, ce l’ho nel sangue, ma ho compreso che si può arrivare a Dio anche attraverso i fratelli ed io ora preferisco servire i fratelli”.
Quindi al servizio di Dio attraverso gli uomini, immagine di Dio, con contatti continui con essi.
Non voglio addentrarmi in altri argomenti, pure di grande interesse, riservati al programma, alla lista, ai rapporti con gli altri candidati, alla collaborazione tra le varie forze politiche, argomenti sui quali si avrà occasione di parlare nei prossimi due mesi.
Mi fermo qui solo per evidenziare che, nell’area del Lido scacchiera, oltre alle boe di salvataggio è piombato anche un faro di speranza che mette al centro l’uomo, il cittadino, e il suo benessere, ma non con termini politici molto spesso sterili e che, all’atto pratico si risolvono in un nulla di fatto, ma con un impegno religioso che dovrebbe portare a migliori risultati.
Su questo dovrebbero riflettere, anzi avrebbero dovuto già farlo, quei poteri forti legati alle gerarchie ecclesiastiche, diocesane o degli ordini francescani, dei quali ho recentemente parlato, dai quali io e questo giornale attendiamo qualche spiegazione, che probabilmente non arriverà mai.
Voglio concludere con una esperienza personale vissuta per diversi anni presso il Convento dei Frati Francescani de “La Verna” sul Monte Penna, a 1128 metri di altezza, in provincia di Arezzo, a circa cento chilometri la Assisi.
E’ la comunità monastica costruita intorno alla grotta nella quale San Francesco, oramai alla fine della sua esistenza terrena, si esiliò per vivere in una grotta fredda e umida nella quale giaceva su un giaciglio di nuda roccia, in perfetta sintonia col suo Gesù Cristo dal quale aveva ricevuto le stimmate.
Intorno a quella grotta è sorto il Santuario, retto dai Frati francescani, che ora è divenuto anche una frequentatissima scuola che da anni organizza corsi di formazione cristiana e francescana, di vario livello, per partecipare ai quali occorre prenotare almeno un anno prima.
Diverse volte ho avuto l’occasione di frequentare qualcuno di questi corsi, principalmente teologici, e mi sono reso conto che il convento si è attrezzato offrendo ai partecipanti il soggiorno completo, con pernottamento nelle numerose celle degli ex frati, il cui numero è ora ridotto, trasformate in spartane stanze da letto, e anche i pellegrini ospiti, oltre a frequentare i corsi di formazione, fanno vita monastica insieme ai frati; funzioni religiose, preghiere singole e comunitarie, lezioni, via crucis quotidiana, si vive in contemplazione, con l’unico diversivo della colazione, pranzo e cena che gli ospiti fanno separatamente dai frati.
Fra l’altro, essendo il convento sulla cima del monte, è difficoltoso spostarsi per raggiungere centri abitati, il più vicino a parecchi chilometri di distanza; per questo motivo chi va a “La Verna” vive la pace della solitudine unitamente ai frati.
Ho voluto fare un accenno a questa esperienza perché già altrove il servizio di Dio attraverso il servizio agli uomini è una realtà consolidata, ed è perfettamente in sintonia con quanto Padre Gigino ha detto, una ulteriore grande lezione che l’ex frate ha voluto dare.