Coronavirus, un’emergenza che impone unità
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
La conferenza stampa di sabato sera del Presidente del Consiglio Conte e le notizie dal mondo degli ultimi giorni invitano a inevitabili riflessioni, ma che, ritengo, non possano sfociare in un lungo elenco di recriminazioni o generici attacchi.
Viviamo una situazione anomala e nello stesso tempo angosciante. Ipoteticamente prevista, tant’è vero che esistono anche piani per le pandemie, dagli organismi sovranazionali a quelli regionali, ma ferma proprio lì, nel limbo dell’ipotesi, e, pertanto sconosciuta. E il mondo si è rivelato impreparato.
Quindi, non solo il nostro paese, che da settimane cerca di intraprendere una strada, ma non trova ovviamente un percorso, perché nessuno mai prima l’ha segnato. E facciamo e disfiamo, organizziamo, intoppiamo, ripartiamo, alla ricerca di partner che condividano e ci aiutino su questa strada, della quale siamo precursori smarriti, ma costretti a procedere.
Siamo partiti con azioni interne e poi ci siamo rivolti all’istituzione che è ovviamente la nostra naturale area di confronto: la Comunità Europea.
Sì, innanzitutto l’Europa. E gli aiuti estemporanei di Cina, Cuba, Russia, Somalia, Albania, non c’entrano nulla, né possono ridimensionare, il dialogo politico strutturato dell’Italia con l’Europa, di un paese membro con la Comunità Europea.
Demonizziamo il MES, ma semplicemente perché ogni volta che è stato fatto, è stato negativo per l’Italia. Il problema non è lo strumento in sé, è ciò che ci si va a scrivere e la logica con cui viene redatto. In questo frangente, questo documento di programmazione non potrebbe non essere condizionato da quello che sta accadendo.
Ma mettiamolo un attimo da parte, e, sostanzialmente, appuntiamo l’attenzione sul ruolo e le azioni che, come Italia, ma non solo, riteniamo necessarie, a cominciare dai Coronabond. O, più genericamente, dalla necessità di politiche e aiuti straordinari ai paesi colpiti, con una considerazione di base fondamentale e necessaria, a mio parere: che non sono i paesi colpiti, ma l’Europa. Credo sia il passo necessario per non far naufragare la Comunità Europea, liberandola dal giogo strettamente economico verso l’allargamento ai temi sociali e affermando con maggiore vigore il senso di Comunità.
La conferenza stampa dell’altra sera ha fortemente sottolineato questo punto dell’intervento europeo nelle parole di Gualtieri, parole che seguono quelle di Conte e di Draghi in questa settimana. L’Europa deve ora non scegliere, ma rafforzare la sua identità complessiva, e ora non va sottovalutato neppure l’appoggio di Macron, non sempre disponibile a rinunciare al ruolo predominante della Francia, accanto alla Germania. Strumentale, per lui, ma da usare anche per noi.
Altro elemento importante della conferenza stampa, i 4mld e 700 mln ai comuni, specie per gli assalti ai supermercati, assalti che si muovono tra l’istintiva disperazione di chi si trova senza risorse e il programmato sciacallaggio di chi cerca di sostituire lo Stato. Il linguaggio violento contro lo Stato e le forze dell’ordine, già così provate dal sovraccarico di lavoro per controllare il rispetto delle norme dei decreti d’urgenza, venuto fuori dalle intercettazioni deve farci tenere alta la guardia. E merita la risposta degli italiani a sostegno di chi ha bisogno e ricacciando nell’angolo chi vorrebbe sostituirsi allo stato, manovrando rivolte, approfittando di avere capitali disponibili provenienti da azioni criminali.
L’anticipo di 4 miliardi e 300 milioni sul fondo dei Comuni credo che sia nella prospettiva, attesa, degli interventi europei. Altrimenti anticipare solo una liquidità per l’ordinario non avrebbe senso.
Per l’acquisto solidale, poi, ci sono 400 milioni, appunto appositamente destinati a coprire, nell’immediato, la spesa degli indigenti. Pochi? Dipende da cosa si ha in mente. Anche qui, credo sia una prima spesa, le richieste probabilmente già superano la quota. Ma si apre una nuova azione, che fornisce una nuova lettura del procedere dell’esecutivo, che si sia d’accordo o meno.
La definizione, condivisa, delle azioni, del Governo da una parte, e dei comuni dall’altra (era presente alla conferenza stampa, ed è intervenuto, il Presidente dell’ANCI), parlano di una necessaria opera di coesione sociale che, inevitabilmente, coinvolge tutti gli enti locali, comprese le Regioni, che finora hanno avuto movimenti altalenanti, tra autonomie, fughe in avanti, recriminazioni, individuando per loro la naturale funzione: gestire la Sanità sul territorio. Non solo, quindi, negli ospedali, ma su tutto il territorio di competenza.
Ed è importante questo, il gesto di coesione sociale che viene fuori nell’interazione governo-enti locali.
È vero, ogni volta abbiamo l’impressione di navigare a vista. Ma non credo ci sia nessuno veramente in grado di offrire una ricetta, se non ripensamenti su quanto già fatto. Guardate la Gran Bretagna: Johnson ha completamente sbagliato l’approccio. E oggi Trump: prima nega il problema, con la fuga in avanti di alcuni stati. Quindi stanzia migliaia di miliardi, poi si accorge che c’è bisogno della quarantena. Quindi pensa di isolare New York, poi oggi dice che non è possibile.
E la Cina? Tutti ad osannare l’interventismo del governo, la rapidità tra presa di decisioni e attuazione delle stesse. Ma la Cina è una dittatura. E questo non solo, aggiungo io, per imporre, senza attenzione agli enti intermedi, cosa fare. La notizia di ieri che a Whuan ci sono decine di migliaia di urne prodotte dagli ospedali nei due mesi e mezzo di emergenza COVID, con tanto di ceneri all’interno, da forni crematori innalzati accanto agli ospedali, contro le tremila morti ufficialmente dichiarate, non lascia il sospetto di una manipolazione dell’informazione?
È per questo che ritengo che sia dovere di ogni cittadino italiano oggi far proprio il messaggio di coesione sociale implicito nella conferenza stampa di sabato. Solo restando uniti, insieme, ce la possiamo fare.
E non prendetelo come uno slogan buonista.
Maria Di Serio