Le imprese femminili sono 1,3 milioni, il 22% del totale nazionale
È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, dal quale emergono forti criticità legate soprattutto all’accesso al credito e agli investimenti, che ne frenano lo sviluppo

Sono oltre 1,3 milioni le imprese femminili in Italia, pari al 22,1% del totale nazionale. Un tessuto imprenditoriale caratterizzato prevalentemente da attività nel settore dei servizi (90,7%) e con forte concentrazione in regioni come Lombardia (14,2%), Campania (10,1%) e Lazio (9,6%).
In termini percentuali, però, le regioni più femminilizzate sono Molise (26%), Basilicata (25%) e Abruzzo (25%). Le imprenditrici hanno mediamente 49 anni, tre in meno rispetto agli uomini (52 anni), e risultano più istruite: il 34,5% possiede un titolo universitario, contro il 23,4% degli imprenditori uomini. Nonostante questo, le dimensioni aziendali restano limitate: il 92,5% delle imprese femminili ha meno di cinque dipendenti e il 97% fattura meno di un milione di euro.
Preoccupante il calo del 4,7% nelle Marche nell’ultimo anno.
È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, dal quale emergono forti criticità legate soprattutto all’accesso al credito e agli investimenti, che ne frenano lo sviluppo.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, l’imprenditoria femminile in Italia rappresenta un comparto fondamentale del tessuto produttivo nazionale: ciò rispecchia in maniera significativa alcuni aspetti cruciali della nostra economia e della società. Con oltre 1,3 milioni di imprese guidate da donne, che costituiscono circa il 22% del totale delle aziende italiane, il contributo femminile alla crescita economica appare rilevante, sebbene permangano evidenti criticità strutturali che ne limitano il pieno potenziale.
Uno scenario che evidenzia, infatti, la compresenza di elementi di forte dinamismo accanto a barriere storiche e culturali che ancora rallentano una piena parità di genere sul piano economico e imprenditoriale. Dal punto di vista settoriale, si nota una forte concentrazione delle attività femminili nel comparto dei servizi, dove la presenza delle donne supera il 90% delle imprese da loro guidate. Tale dato evidenzia un orientamento chiaro verso ambiti che, tradizionalmente, richiedono minori investimenti iniziali e una maggiore flessibilità operativa.
D’altra parte, emerge anche una minore incidenza dell’imprenditoria femminile nei settori manifatturiero e industriale, ambiti in cui persistono storici pregiudizi e stereotipi di genere, ma anche barriere d’accesso legate alla dimensione e all’intensità di capitale richiesta dalle attività produttive.
Età media 49 anni contro 52 uomini
Sul piano demografico, le imprenditrici italiane mostrano una età media lievemente più bassa rispetto ai colleghi uomini: 49 anni contro i 52 dei loro colleghi maschi. Tale differenza, seppur minima, rispecchia tuttavia una significativa presenza femminile tra gli imprenditori under 35, dove le donne rappresentano oltre un terzo del totale. Questa maggiore incidenza femminile nelle generazioni più giovani lascia intuire un progressivo cambiamento culturale, indicando che le nuove generazioni potrebbero lentamente ridurre il gap di genere storicamente radicato nel mondo imprenditoriale italiano. Anche il livello d’istruzione risulta essere un fattore distintivo delle donne imprenditrici, che mostrano tassi di scolarizzazione universitaria nettamente superiori rispetto ai colleghi uomini: il 34,5% delle imprenditrici possiede infatti un titolo terziario, rispetto al 23,4% dei maschi.
Ne emerge come l’imprenditoria femminile italiana, seppur spesso confinata a realtà di piccole dimensioni, sia caratterizzata da una maggiore qualificazione e preparazione culturale. Tuttavia, questa superiore qualificazione non sembra tradursi automaticamente in opportunità migliori, né in dimensioni aziendali più ampie o in una maggiore capacità di crescita economica. (fonte Unimpresa)