Referendum? “Grimaldelli” di attori “scordarelli”
La campagna elettorale in corso va assumendo toni di schieramenti contrapposti a prescindere dalla valenza del contenuto dei quesiti

L’otto ed il nove giugno si vota per cinque Referendum. Si è acceso il confronto del “Sì” e del “No” tra le forze politiche e monta la polemica sulle opzioni ed inviti a disertare le urne assunte da rappresentanti di partiti della maggioranza di Governo.
Quattro quesiti riguardano il mondo del lavoro ed uno la riduzione da dieci a cinque anni la permanenza legale in Italia per conseguirne la cittadinanza.
Il Referendum è un istituto che consente l’esercizio di democrazia diretta configurato nella nostra Carta costituzionale, la cui regolamentazione prevede la partecipazione al voto della metà più uno degli aventi diritto perché la consultazione sia valida. In sostanza, la fissazione del “quorum” conferisce a ciascun elettore quattro modi di esprimere la propria manifestazione di voto: il “Sì” per il consenso e per il dissenso oltre al “No”, la scheda bianca e l’astensione dal voto.
La campagna elettorale in corso va assumendo toni di schieramenti contrapposti a prescindere dalla valenza del contenuto dei quesiti. Sulla base delle rispettive prese di posizioni dichiarate non è agevole discernere pulsioni di partito e consapevoli scelte libere da pregiudizi. Non a caso, questo travaglio è più avvertito nel PD, la cui Segretaria, Elly Schlein è a favore di tutti e cinque referendum, mentre la sua componente riformista vive, sente e manifesta l’inquietudine, perché per tre sui quattro quesiti sul lavoro si chiede l’abrogazione di parte del Jobs Act che è stato “bandiera” progressista dello stesso PD. Perciò, a ben vedere nella articolazione degli schieramenti si intravedono nel linguaggio dei partiti e della CGIL promotori del “Si” più segnali politicanti di contrapposizioni di maglie, come si distinguono le tifoserie negli stadi, che rivendicazioni di maggior tutela dei diritti del lavoratori.
Se ne rintraccia il vero obiettivo nelle dichiarazioni rese dal capogruppo al Senato del PD, Francesco Boccia, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera: “Se voteranno più dei 12,3 di milioni che hanno consentito a Meloni di andare a Palazzo Chigi sarà avviso di sfratto dal Governo”. Attore e regista della mobilitazione contro l’astensionismo è il Segretario generale della CGIL, Maurizio Landini promotore di una “maratona” a Roma per il 19 maggio, cui hanno risposto con una nota congiunta di adesione Elly Schlein (PD), Giuseppe Conte (M5S), Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni e (AVS) e Magi (+ Europa).
La questione “quorum” è preminente, e se ne comprendono le ragioni, sia da parte della citata coalizione di centrosinistra che da quella del centrodestra di Governo. L’irritazione sollevata sull’invito al “non voto” esternato da Ignazio La Russa è un argomento da campagna elettorale in quanto egli è Presidente del Senato, il quale, a sua volta, ha precisato di avere espresso la sua opzione non nella qualità ed esercizio della seconda carica dello Stato, ma “da libero cittadino”, uno dei fondatori di FdI.
Nella memoria della prima e seconda Repubblica sono stati celebrati diciassette Referendum su materie più o meno sensibili nella coscienza dei singoli elettori, altri di ordinamento, lavoro e leggi elettorali. Nove di essi hanno superato il “quorum” e l’esito non raggiunto dagli altri otto non ha sortito conseguenze politiche e né recriminazioni nei confronti dei Governi in carica, tranne nel caso della consultazione del 1993 sulla l’abrogazione di parti della legge elettorale allora in vigore, che può dirsi la chiave per l’avvio della seconda Repubblica.
Altra cosa è la vicenda della caduta o dimissioni, che dir si voglia, del premier Matteo Renzi, trattandosi, allora, di un atto legislativo voluto e politicamente impegnativo del suo Governo.
Per gli smemorati va ricordato che nella nostra democrazia rappresentativa il quorum è stato ed è una garanzia e non un limite di libertà di voto e che l’istituto del Referendum non è uno strumento di fiducia o sfiducia dei Governi in carica, a seconda delle stagioni politiche.
A meno che le consultazioni del prossimo giugno non li si voglia interpretare e recitare come “grimaldelli” da attori “scordarelli”. Fischi e fiaschi lo decideranno gli aventi diritto al voto.
E così sia!