Governo Conte, siamo al capolinea?
Forse ci siamo. Il governo giallo-verde sembra ormai giunto al capolinea. Ad essersi rotti non sono solo i rapporti politici, da sempre complicati, ma a quanto pare anche quelli personali. In particolare, quello tra Salvini e Di Maio, ma anche quello tra il leader della Lega e il premier Conte.
D’altro canto, questo governo è durato pure troppo ed è stata una forzatura perfino farlo nascere. Erano poche le cose che le due componenti della maggioranza avevano in comune, molte invece quelle in netto contrasto. L’insofferenza verso l’Unione Europea era una di quelle in comune, ma ora che i pentastellati hanno votato, risultando determinanti per la sua elezione, il nuovo presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula von der Leyen, le cose sembrano cambiate. E la rinuncia ieri all’eventuale nomina a commissario europeo del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti la dice lunga non solo dei pessimi rapporti tra la Lega e l’Unione Europea, ma anche tra Salvini e il duo Conte-Di Maio. In altre parole, è il segnale di un’incrinatura profonda dei rapporti all’interno della maggioranza. L’indizio che si è davvero giunti alla fine di un percorso.
Quando ancora reggerà il governo Conte? Forse è questione di giorni. Forse di qualche settimana. Al più di qualche mese. Non di più. E la rinuncia di Georgetti e quindi della Lega ad avere un commissario europeo è proprio l’indizio più consistente. Salvini vuole avere le mani libere rispetto all’Unione europea in vista della prossima legge di bilancio. Vuole essere libero di scontrarsi con la Commissione europea, che di sicuro non mancherà di bacchettare le scelte economiche-finanziarie proposte dalla Lega. E quindi di legittimarsi ancor più come il difensore degli interessi del nostro Paese a scapito del Movimento Cinque Stelle che, a sostegno e seguendo il premier Conte, è ora più dialogante con le istituzioni europee. Se non sarà caduto prima, insomma, in autunno potrebbe essere proprio questo il motivo più consistente per far saltare il governo Conte.
Certo, tutto è possibile nel frattempo, nel senso che questo governo ci ha abituato ad un teatrino continuo e indecoroso, nel tempo sempre più snervante e irritante, con scontri verbali al color bianco conclusasi però poi a tarallucci e vino. I margini di ricomposizione, tuttavia, appaiano adesso davvero ridotti ai minimi termini ed è quindi probabile che il banco gialloverde salti.
Cosa succederà poi? La strada maestra resta quella delle elezioni anticipate. Tranne i cinque stelle e gli azzurri, ci andranno tutti a guadagnare elettoralmente molto o qualcosa. Le ipotesi di un governo di salute pubblica tra pentastellati e Pd, e magari con il rinforzo di Forza Italia, sono a dir poco inverosimili. A meno che, preso da un irrefrenabile istinto suicida, il Pd non voglia fare un regalo straordinario a Matteo Salvini, relegandolo sì all’opposizione ma mettendolo nelle condizioni di puntare non al quaranta ma al cinquanta per cento dei consensi alle prossime politiche.
In conclusione, prepariamoci ad andare al voto, nella speranza che cambi qualcosa. In meglio.