Acque agitate nel Governo, Draghi reggerà?
Non è che Mario Draghi, da quando è al Governo, abbia mai brillato in “humor”, sono pochissime le occasioni in cui è stato visto con espressione rilassata.
Vien da dire, da parte di chi lo segue da quando prese in mano le redini della B.C.E., che era molto più rilassato al vertice della stessa di quanto lo sia da quando è al vertice dell’Esecutivo italiano.
Il che la dice lunga sulle difficoltà di governare un paese complesso come il nostro che ha potenzialità incredibili, ma anche difficoltà enormi, prima tra tutte la zavorra del debito pubblico che ci trasciniamo da decenni e che solo in alcune occasioni, invero poche, c’è stato chi ha tentato di pilotare in maniera che gradualmente potesse ridursi, salvo poi a riprendere la spirale perversa dell’aumento, per fortuna sempre attentamente vigilato dalla U.E., traendo benefici anche grazie agli interventi lungimiranti fatti dalla B.C.E. epoca Draghi.
Poi la pandemia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: quando ci si rese conto che per contrastarla non si poteva badare a spese, il debito è esploso, U.E. consenziente.
E appena si è incominciato a intravedere un barlume di soluzione al problema pandemia, ecco piombata tra capo e collo la guerra Russia – Ucraina, che ha portato non solo lutti, devastazioni, violenze, ma anche un aumento delle spese ad ampio raggio, difficoltà di produzione, necessità di ulteriori interventi a sostegno della economia, la maggioranza dei quali ha gravato sulla consistenza del debito pubblico.
A proposito del quale le ultime notizie sono davvero preoccupanti in quanto, a parte la crescita, lo “spread” -rapporto tra i “bond” tedeschi e i nostri- il 10.6 ha raggiunto i 234 punti (eravamo a 98 a luglio scorso), il che sta a significare che anche gli interessi che noi dobbiamo corrispondere ai sottoscrittori dello stesso aumentano gravando, ovviamente, sullo stesso: come il cane che si morde la coda!
C’è pure da tener conto del crollo della Borsa di Milano che ha chiuso, sempre il 10.6, con un crollo del 5%, pari a circa 37.miliardi di euro di capitalizzazione, una cifra pari a una manovra di bilancio, e il problema che nell’attuale situazione nazionale e internazionale i crolli sono immediati, le risalite problematiche e lente.
A complicare l’esistenza del nostro Premier c’è, inoltre, la litigiosità dei nostri politici, che sul palcoscenico nazionale sono sempre pronti a dire tutto e il contrario.
Invero in questo esercizio quotidiano vi sono due politici di peso che eccellono, da un lato Matteo Salvini che è un “fulgido” esempio di sceneggiata politica, a volte dà l’impressione di essere un attore da avanspettacolo che si attribuisce poteri che non gli competono, come quello di andare in Russia a parlare con Putin per il cessate il fuoco in Ucraina (sic!).
Ovviamente il tutto condito da azioni e movimenti che lasciano di stucco, richiederebbero i lumi di una chiromante che, attraverso la palla di vetro, potrebbe spiegare diversi misteri.
Come, ad esempio, quello appena riportato dalle Agenzie, che riguarda l’ultimo programmato viaggio a Mosca del 29 maggio scorso, poi annullato, che sembrerebbe pagato addirittura dall’Ambasciata russa tramite un’Agenzia di viaggi pure russa: la versione ufficiale è quella di dover pagare i biglietti in rubli.
Poi la trasferta è saltata per vari motivi, tra i quali gli spazi aerei interdetti, sembrava che il viaggio potesse avvenire tramite Ankara, ma la Turchia si è opposta, i quattrini sono stati restituiti (c’è chi dice alla Lega che li avrebbe sborsati, c’è chi dice che li avrebbe recuperati una organizzazione molto vicina alla Lega e alla Russia).
Insomma, uno dei consueti gineprai nei quali si ficca il solito Salvini.
Poi c’è l’ex Premier Giuseppe Conte che, diciamo la verità, il dente avvelenato con Draghi ce l’ha e non fa niente per nasconderlo, e, un po’ per questo, un po’ per il suo ruolo ambiguo nel movimento/partito ricostituito, del quale è Presidente ma condizionato dal Garante Grillo e dal governista Di Maio, scarica queste ambiguità su Mario Draghi.
Tutto ciò comporta un quotidiano esercizio di dialettica politica in tutti i campi, ora specialmente sulla guerra, gli aiuti militari, ma anche i sostegni all’economia, alla produzione e al lavoro: chi guida il Governo è sfibrato dal dover sostenere continue scaramucce, tant’è che spesso Dragi “sale” al Colle per sfogarsi con Mattarella e ottenerne il sostegno.
Per fortuna non vi sono altre ulteriori evidenze di dissensi, gli altri partiti sono sostanzialmente fedeli sostenitori di questo Governo, e anche gli stessi due partiti criticisono bilanciati, all’interno del governo, da Giorgetti per la Lega, e da Di Maio per il M5S.
Ma ci sono notizie che, se venissero confermate, potrebbero destare non poche preoccupazioni per il futuro di questo esecutivo.
C’è una data segnata in rosso sul calendario del Governo Draghi perché alcune forze politiche potrebbero staccare la fiducia all’esecutivo mettendolo a forte rischio.
C’è in particolare una precisa data segnata sul calendario di giugno dove l’esecutivo guidato da Mario Draghi potrebbe finire gambe all’aria: è quella del 21 giugno, giorno in cui il Premier dovrebbe riferire in Senato sulla guerra in Ucraina chiedendo di votare il nuovo pacchetti di aiuti: chiederà di votare una risoluzione di maggioranza che conterrà quasi certamente la conferma di aiuti anche militari all’Ucraina, una soluzione che potrebbe essere mal vista sia da parte del Movimento 5 Stelle sia da parte della Lega, che potrebbero spingere verso una soluzione più pacifista.
Il forte timore che campeggia in alcune correnti della maggioranza è che l’ex premier Conte potrebbe imporre a tutti i parlamentari del Movimento di non votare la risoluzione di maggioranza chiedendo invece una soluzione che non preveda nuovi invio di armi all’esercito ucraino.
E sulla stessa linea potrebbe collegarsi anche Matteo Salvini che già da alcune settimane sta dicendo che la linea della diplomazia e del dialogo è la migliore soluzione per arrivare ad una pace in Ucraina e pertanto pure disdegna ulteriori invii di armi: il discorso di entrambi non fa una piega sul piano teorico, ma la diplomazia e il dialogo debbono essere accettati dalle parti in causa, e non si intravede, al momento, alcuna buona volontà né da parte di Putin, né di Zelensky, né da parte dei tanti Leader mondiali che ruotano loro intorno.
Anche il leader della Lega quindi potrebbe dire ai suoi di non votare l’emendamento, una scelta arricchita anche da un desiderio di rivalsa dopo le polemiche scaturite nei giorni scorsi sulla sua mancata visita in Russia.
Ma i contrasti non sono solo legati all’invio di armi in Ucraina. Il movimento guidato da Giuseppe Conte sta polemizzando con il Governo anche sulla costruzione del termovalorizzatore di Roma contenuto nel “decreto aiuti”: c’è una forte opposizione anche su questo fronte.
Segnatamente all’invio di armi i due gruppi parlamentari potrebbero anche decidere di non approvare, innescando una crisi, basandosi sulla convinzione che la maggior parte degli italiani sarebbe contraria all’invio di nuove armi all’esercito ucraino, cosa tutta da provare: in verità qualche sondaggio parla del 50% contrario, quindi ci sarebbe un altro 50% favorevole, sia pure con qualche distinguo, ma Salvini e Conte sembrano non tenerne conto e, per cercare consensi, sarebbero disposti a portare conseguenze insanabili per il Governo.
Ma, a parte questo, i mesi estivi sono sempre stati pericolosi per l’esecutivo, già nelle precedenti legislature è successo che, approfittando della bolla dovuta alle ferie, in Parlamento si staccasse la fiducia mettendo a serio rischio il proseguo del Governo.
E anche quest’anno diversi parlamentari guardano con paura ai mesi estivi per il timore che si possa scatenare una nuova crisi di Governo.
A quel punto, non avendo più la maggioranza, non ci sarebbero più le condizioni per proseguire il mandato fino alla scadenza naturale del 2023, Draghi salirebbe al Quirinale e Mattarella punto potrebbe dare il via alla crisi portando il paese al voto anticipato.
Si tratta dello scenario peggiore visto con preoccupazione dall’ala più legata a Mario Draghi, quella di Forza Italia e del Pd.
Il segretario Dem Enrico Letta si è detto fiducioso del fatto che l’esecutivo arrivi a compimento del suo mandato nel 2023 prima di mettersi da parte per far decidere agli italiani da chi farsi guidare.
Noi riteniamo che a nessun partito che sostiene questo Governo -compresi Lega e M5S- convenga aprire una crisi, in quanto nuove elezioni in questo momento sarebbero doppiamente deleterie: per il paese che è ancora in crisi pandemica e per la guerra Russia-Ucraina, e per i partiti che, dalla prossima legislatura, perderanno 345 parlamentari, quindi non hanno nessuna convenienza a sciogliere anticipatamente il Parlamento con il rischio, per molti, di non essere rieletti, di non aver completato la legislatura e di perdere tutti i benefici collegati.