scritto da Pasquale Petrillo - 08 Giugno 2025 11:00

Cava de’ Tirreni, genocidio sì genocidio no… le colpe di Cirielli e… della Segre

Genocidio o no, a Gaza siamo in presenza di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. Non è tollerabile affamare un popolo. E non si può più indugiare nel condannare le operazioni militari del governo Netanyahu nella Striscia. Dopo quasi due anni di distruzione e morte è ancora più inaccettabile che le forze armate dello Stato di Israele continuino a massacrare un popolo nell'intento di annientare i terroristi di Hamas

Nell’ultima seduta del Consiglio comunale, a inizio settimana, si è discusso della tragedia palestinese e si è votato un ordine del giorno sul riconoscimento dello Stato della Palestina. Niente da obiettare in merito. Per quello che ovviamente possa contare in concreto, al di là del valore politico e morale della deliberazione, il voto del nostro parlamentino.

A margine della discussione, ha prodotto un certo scalpore la violenza verbale con cui ci si è scagliati contro il consigliere comunale Italo Cirielli. Colpevole di cosa? Per la maggioranza di centrosinistra di aver negato che sia in corso un genocidio del popolo palestinese da parte dell’esercito israeliano. Così come il seguito sui social. Quasi un linciaggio morale, quello subito dal giovane consigliere della destra meloniana. In pratica, un vero e proprio oltre che ingiustificato pubblico ludibrio.

Italo Cirielli di certo non ha bisogno della mia difesa. D’altronde, non ne sarei capace. Non ho competenze e conoscenze in materia. In ogni caso, ci ha pensato lui stesso, chiarendo la sua posizione con un comunicato stampa clicca qui per leggere.

Tuttavia, mi ha colpito, e indotto alla riflessione, l’intolleranza e la prevaricazione emersa in questa vicenda. L’assoluta mancanza di rispetto per le opinioni altrui, quantunque esse possano essere non condivisibili, se non addirittura del tutto sbagliate e fuori luogo. L’emergere di un categorico e quindi ineludibile obbligo etico di assoggettarsi al mainstream, al pensiero dominante, che non ammette diversità anche solo nelle sfumature. In ultimo, in più di un post l’irresistibile vocazione pedagogica, ovvero l’inequivocabile cifra di quei regimi totalitari che hanno insanguinato il secolo scorso.

Non avendo le stesse competenze e conoscenze storico-politiche di alcuni nostri consiglieri comunali, mostrate durante il dibattito consiliare sulla Palestina, così come quelle dei tanti autori di post sui social, ho fatto appello alla memoria. In pratica, agli articoli, interviste, commenti e analisi sull’argomento, letti soprattutto in questi ultimi tempi. E che in molti casi ho particolarmente apprezzato per la qualità dei contenuti e dei ragionamenti.

Tra questi, uno scritto della senatrice a vita Liliana Segre, pubblicato sul Corriere della Sera pochi mesi fa clicca qui per leggere. La senatrice Segre, ebrea sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, non ha dubbi nel negare il genocidio.

“Le parole, a volte, diventano clave. Negli ultimi mesi ho fatto appelli per il cessate il fuoco, ho condannato le violenze, ho espresso la più profonda partecipazione al dramma delle vittime innocenti palestinesi e israeliane, ho invocato un rispetto sacrale verso i bambini di ogni nazionalità, di ogni credo, di ogni religione, ho manifestato ripulsa verso lo spirito di vendetta. Eppure, o ti adegui e ti unisci alla campagna che tende ad imporre l’uso del termine «genocidio» per descrivere l’operato di Israele nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, o finisci subito nel mirino come «agente sionista»”. Così principia l’intervento della Segre.

Per poi spiegare: “Nella drammatica situazione di Gaza non ricorre nessuno dei due caratteri tipici dei principali genocidi generalmente riconosciuti come tali — il Medz Yeghern degli armeni, l’Holodomor dei kulaki ucraini, la Shoah degli ebrei, il Porrajmos dei rom e sinti, la strage della borghesia cambogiana, lo sterminio dei tutsi in Ruanda — mentre sono piuttosto evidenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi sia da Hamas e dalla Jihad, sia dall’esercito israeliano”. Chiarisce che i carattere specifici del genocidio sono “la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra”.

“D’altronde, anche di fronte ad operazioni militari volte intenzionalmente a produrre vittime civili e che hanno causato morti innocenti nell’ordine di decine di migliaia (Dresda) o centinaia di migliaia in pochi giorni (Hiroshima e Nagasaki) o addirittura un milione (assedio di Leningrado), non si è mai parlato di genocidi”, continua la Senatrice a vita.

Da qui l’invito-raccomandazione della Segre: “L’abuso della parola genocidio dovrebbe essere evitato con estrema cura”.

Questo per dire due cose. La prima, è che l’affermazione di Italo Cirielli nel negare il genocidio non è affatto peregrina, anzi.

La seconda è che, comunque, genocidio o no, a Gaza, come sostiene la Segre, siamo in presenza di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. Non è tollerabile affamare un popolo. E non si può più indugiare nel condannare le operazioni militari del governo Netanyahu nella Striscia. Dopo quasi due anni di distruzione e morte è ancora più inaccettabile che le forze armate dello Stato di Israele continuino a massacrare un popolo nell’intento di annientare i terroristi di Hamas.

Va trovata un’altra strada. E qui veniamo alla seconda parte delle polemiche per la mancata unanimità circa il voto sul riconoscimento dello Stato della Palestina.

La posizione dell’Italia resta quella di “due popoli, due stati”. Sta di fatto che non si arriverà mai ai due stati se le condizioni restano quelle attuali. Meno di tre anni fa, all’Assemblea generale il premier israeliano Yair Lapid dichiarò che la soluzione dei due Stati era “giusta per la sicurezza di Israele, per la sua economia e per il futuro dei nostri figli”. A condizione, però, che il futuro Stato palestinese rimanga pacifico e non si trasformi in “una base terrorista come accaduto con Gaza”.

Questo, prima dell’attuale governo Netanyahu e dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023.

E che ciò sia il nodo principale della questione lo si è visto nel nostro Paese con la spaccatura del centrosinistra che, in questi giorni,  ha tenuto due distinte manifestazioni pro-Palestina.

Azione,  IV, +E, e alcuni esponenti del PD, hanno manifestato per condannare  la politica del governo Netanyahu. Nel contempo, ribadire “che i palestinesi hanno un altro nemico, interno, rappresentato da Hamas. Un’organizzazione terroristica che li usa come scudi umani, sequestra gli aiuti umanitari ed è altrettanto responsabile della più grossa crisi umanitaria da molti anni a questa parte. Tenere insieme queste due prospettive è fondamentale se si vuole raggiungere l’obiettivo di una pace duratura e del riconoscimento dei due Stati”. Chiarendo che, pur non avendo nulla contro la manifestazione della sinistra del giorno successivo, non condividevano il fatto che mancavano alcuni punti essenziali, quali “il disarmo di Hamas, il contrasto di chi vuole la distruzione dello Stato di Israele, una netta, chiara, forte e pronunciata condanna degli atti di antisemitismo”.

E’ questo indubbiamente un terreno assai scivoloso. Si presta a valutazioni e posizioni non sempre del tutto coincidenti. E non vediamo perché nella nostra città non si debbano avere sensibilità diverse e prospettare soluzioni differenti. Fermo restante, ovviamente, la condanna per la politica di Netanyahu e il sostegno al popolo palestinese.

I due popoli potrebbero vivere in pace, fianco a fianco. Il fanatismo religioso e l’estremismo politico sembra, però, farla sempre più da padrone. Questo avviene tra i palestinesi, e i terroristi di Hamas sono in prima fila. Lo stesso avviene tra gli israeliani, con l’ultradestra sempre più aggressiva e determinante.

Non a caso, Alessandro Trocino, giornalista del Corriere della Sera avvertiva nei giorni immediatamente successivi alla strage dei terroristi di Hamas del 7 ottobre 2023, che “Il conflitto tra Israele, i palestinesi e i Paesi arabi circostanti è uno dei più complessi, contraddittori e difficili da decifrare di sempre. Torti e ragioni si sommano e si elidono, lutti e offese, rivendicazioni legittime e prevaricazione si alternano dal 1947, anno della prima risoluzione delle Nazioni Unite, che decise una spartizione che non avvenne come era stata pensata. Mai come in questa vicenda non sono accettabili posizioni partigiane e preconcette”.

Già, posizioni partigiani e preconcette. E’ quello che, purtroppo, è quasi sempre sistematicamente avvenuto, ma veniamo ad oggi.

“Israele si è infilato a testa bassa nel tunnel senza uscita di qualcosa che sempre più assomiglia a uno sterminio. Uno sterminio che tuttavia ha questa bizzarra singolarità: che potrebbe essere fermato in ogni momento se solamente chi dice di rappresentare gli sterminati, cioè Hamas, decidesse di restituire i pochi ostaggi ormai sopravvissuti. Ciò che però nel loro cinismo i terroristi, naturalmente, si guardano bene dal fare”. E’ quanto scriveva Ernesto Galli della Loggia in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera appena due settimane fa.

In estrema sintesi, questo è l’attuale stato dell’arte.

Per completare, propongo la lettura di due brevi passaggi di un editoriale di Lucio Caracciolo, pubblicato nella più importante rivista italiana di geopolitica, Limes, da lui diretta.

Nell’editoriale del numero 2/2025, dal titolo Allarme a Sud-Est, con oltre 250 pagine dedicate alle problematiche del Medio Oriente, Caracciolo ci offre un quadro molto puntuale.  “La deportazione di arabi dai Territori occupati destinati ai coloni è prassi ufficiale del governo. L’ultradestra religiosa di Bezalei Smotrich e Itamar Ben-Givr celebra il trionfo postumo del rabbino Meir Kahane (1932-1990) fino a ieri bollato paria dall’establishment perché fautore dell’espulsione di tutti gli arabi. La maggioranza degli ebrei oggi pare pensarla come lui. A cominciare dal 72% che vorrebbe cacciare tutti gaziani dalla Striscia. Anni fa un sionista di sinistra confessava: «In fondo siamo tutti Kahane. Il resto è questione di educazione»”.

In altre parole, contrariamente a quanto si pensa, Netanyahu e il suo governo non sono un incidente della storia, ma l’espressione maggioritaria del popolo israeliano. E ciò rappresenta un macigno che ostacola il cammino per la ricerca di una soluzione pacifica.

Da qui, una delle considerazioni finali di Caracciolo nel suo editoriale: “Confessiamo un grado di scetticismo sulla possibilità di una decente soluzione della sfida fra israeliani e palestinesi. Gli estremisti nei due campi rifiutano di riconoscere nel membro dell’altro popolo una persona. Impartire dall’alto lezioni di etica ai contendenti mentre si scannano sul campo sembra non indurci speciale disagio, quasi fossimo certi della nostra superiore moralità”.

E se a questa conclusione arriva un esperto come Caracciolo, c’è da crederci. Già, anche per quella presunzione di superiorità morale che ha segnato, piaccia o no, il dibattito sulla questione palestinese anche nella nostra città.

Giornalista, ha fondato e dirige dal 2014 il giornale Ulisse on line ed è l’ideatore e il curatore della Rassegna letteraria Premio Com&Te. Fondatore e direttore responsabile dal 1993 al 2000 del mensile cittadino di politica ed attualità Confronto e del mensile diocesano Fermento, è stato dal 1998 al 2000 addetto stampa e direttore dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava de’Tirreni, quindi fondatore e direttore responsabile dal 2007 al 2010 del mensile cittadino di approfondimento e riflessioni L’Opinione, mentre dal 2004 al 2010 è stato commentatore politico del quotidiano salernitano Cronache del Mezzogiorno. Dal 2001 al 2004 ha svolto la funzione di Capo del Servizio di Staff del Sindaco al Comune di Cava de’Tirreni, nel corso del 2003 è stato consigliere di amministrazione della Se.T.A. S.p.A. – Servizi Terrritoriali Ambientali, poi dall’ottobre 2003 al settembre 2006 presidente del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Statale di Musica Martucci di Salerno, dal 2004 al 2007 consigliere di amministrazione del CSTP - Azienda della Mobilità S.p.A., infine, dal 2010 al 2014 Capo Ufficio Stampa e Portavoce del Presidente della Provincia di Salerno. Ha fondato e presieduto dal 2006 al 2011 ed è attualmente membro del Direttivo dell’associazione indipendente di comunicazione, editoria e formazione Comunicazione & Territorio. E’ autore delle pubblicazioni Testimone di parte, edita nel 2006, Appunti sul Governo della Città, edita nel 2009, e insieme a Silvia Lamberti Maionese impazzita - Comunicazione pubblica ed istituzionale, istruzioni per l'uso, edita nel 2018, nonché curatore di Tornare Grandi (2011) e Salerno, la Provincia del buongoverno (2013), entrambe edite dall’Amministrazione Provinciale di Salerno.

Una risposta a “Cava de’ Tirreni, genocidio sì genocidio no… le colpe di Cirielli e… della Segre”

  1. Direttore, il Suo articolo ha fatta chiarezza sui significati delle parole che vengono a volte usate impropriamente per fare scalpore!
    Non riesco a comprendere perché prima di usarle non si prende il vocabolario della lingua italiana e se ne legge il significato.
    “La definizione di genocidio fornita dalle Nazioni Unite, stabilita nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, si riferisce ad atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale. Questi atti includono l’uccisione di membri del gruppo, gravi lesioni all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo, la sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita che ne causino la distruzione fisica, misure volte a prevenire le nascite nel gruppo e il trasferimento forzato di bambini del gruppo in un altro gruppo”. Ritengo che il Consigliere Comunale Italo Cirielli, tra l’altro figlio del Viceministro Edmondo Cirielli con delega alla Cooperazione Internazionale, non poteva votare in Consiglio Comunale una giusta iniziativa senza una precisa correzione, ovvero di non utilizzare impropriamente il termine “genocidio”!

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