Attacco USA all’Iran: pericolo di una nuova emergenza energetica per l’Italia con rialzo dei prezzi del gas e del petrolio sui mercati internazionali
Se i rincari si consolidano, l’intero sistema produttivo italiano rischia di perdere competitività. Particolarmente colpiti i settori metallurgico, ceramico, alimentare, carta e vetro, ma anche la piccola manifattura e l’artigianato sono esposti a forti rincari delle bollette energetiche. E i costi, inevitabilmente, si scaricheranno sui consumatori finali. In parallelo, il carovita colpirà soprattutto beni di largo consumo come pasta, pane, latte e trasporti. Le imprese pagano il primo conto, ma i cittadini – soprattutto quelli a reddito fisso – subiscono quello finale

L’escalation militare tra Stati Uniti e Iran corre il rischio di generare una nuova emergenza energetica per l’Italia: le bollette energetiche delle piccole e medie imprese italiane potrebbero aumentare fino a 6.000 euro nel solo terzo trimestre del 2025, a causa del rialzo dei prezzi del gas e del petrolio sui mercati internazionali. L’impatto complessivo sulla vendita, se la crisi dovesse protrarsi per almeno tre mesi, è stimato fino a +0,8 punti percentuali, con un ritorno del tasso annuale nel viaggio verso il 3%.
È quanto segnala il Centro studi di Unimpresa, secondo cui le imprese energivore sono già in sofferenza: se i rincari si consolidano, l’intero sistema produttivo italiano rischia di perdere competitività. E i costi, inevitabilmente, si scaricheranno sui consumatori finali. Particolarmente colpiti i settori metallurgico, ceramico, alimentare, carta e vetro, ma anche la piccola manifattura e l’artigianato sono esposti a forti rincari. In parallelo, il carovita colpirà soprattutto beni di largo consumo come pasta, pane, latte e trasporti.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, l’escalation militare in Medio Oriente, innescata dall’attacco americano contro tre siti nucleari iraniani e dalla durissima risposta di Teheran contro Israele, non è soltanto una questione geopolitica. È, per l’Italia, un nuovo fronte di instabilità economica che colpisce direttamente il cuore pulsante del sistema produttivo: le piccole e medie imprese. Il nostro Paese importa oltre il 75% del proprio fabbisogno energetico e dipende ancora largamente da petrolio e gas per far funzionare capannoni, catene logistiche e trasporti: ne consegue che il rincaro delle materie prime energetiche è un elemento dirompente, capace di impattare con forza crescente sui costi, sui margini e, a cascata, sui prezzi finali pagati dai consumatori.
Le pmi italiane, già provate da anni di crisi – prima la pandemia, poi l’esplosione, ora la frenata della domanda globale – si trovano ora a dover fronteggiare un ulteriore aumento dei costi. Nelle prime ore successive all’attacco, il prezzo del gas sul mercato Ttf di Amsterdam ha già segnato un balzo vicino al 9%, mentre il Brent si è portato stabilmente sopra i 95 dollari al barile. Se questi livelli dovessero stabilizzarsi, o peggio ancora salire ulteriormente, il costo medio dell’energia per una pmi manifatturiera potrebbe crescere del 15-20% nel solo terzo trimestre 2025. Questo significa, in termini concreti, bollette mensili più pesanti anche di 4.000-6.000 euro per un’azienda di medie dimensioni con consumi elettrici e termici rilevanti.
L’aumento colpisce in modo asimmetrico: le imprese energivore (ceramica, metallurgia, alimentare, carta, vetro, meccanica pesante) sono le più esposte, ma anche le attività artigiane, il piccolo commercio e il settore dei servizi iniziano a sentire gli effetti. Il meccanismo è noto: quando il costo dell’energia diventa imprevedibile o troppo elevato, le imprese iniziano a tagliare le spese, rinviano investimenti, rivedono la produzione o, nei casi peggiori, scaricano il rincaro sul prezzo finale dei beni. E così, il disagio si trasferisce sui consumatori.
L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha una rete di imprese più frammentata, meno patrimonializzata e meno in grado di assorbire choc improvvisi. Per questo, il passaggio dell’aumento dei costi energetici ai listini di beni e servizi può essere più rapido e diretto. L’effetto sui prezzi al consumo è dunque il secondo grande tema da monitorare. Secondo le simulazioni del Centro studi di Unimpresa, un aumento strutturale di +10 euro/MWh sul gas e di +10 dollari al barile sul petrolio, se mantenuto per almeno tre mesi, può determinare un incremento dell’inflazione annua in Italia tra 0,4 e 0,8 punti percentuale.
Considerando che l’inflazione core (al netto di energia e alimentari) viaggiava intorno all’1,7%% a maggio 2025, l’aggiunta di questo nuovo elemento potrebbe riportare il tasso complessivo verso il 3% entro fine estate. I beni maggiormente colpiti saranno quelli a filiera corta ma energivora – pane, pasta, latte, carne – con aumento stimati del 2-4% nel trimestre luglio-settembre, anche in assenza di tensione sulle materie prime agricole. Ma l’effetto si sentirà anche sui trasporti pubblici, sulla logistica privata, sul riscaldamento domestico e sulla manutenzione degli edifici. In altre parole: le imprese pagano il primo conto, ma i cittadini – soprattutto quelli a reddito fisso – subiscono quello finale. (fonte Unimpresa)