Il caldo che da qualche mese ci sta opprimendo influisce anche sul cibo.
Infatti già sedersi a tavola con queste temperature è un sacrificio, e a farlo durante la giornata proprio non se ne parla; e se ti presentano pietanze pesanti ti sottopongono ad una specie di tortura, e se puoi farne a meno, le eviti.
Il corpo desidera solo acqua, bibite e pietanze fresche, e se pure l’ambiente è fresco meglio è; non è obbligatorio che l’ambiente sia condizionato artificialmente, basta che sia ventilato, ed è per questo motivo che si evita di sedere a tavola all’ora del pranzo, preferendo fare uno spuntino veloce, e rinviare il pasto nelle ore serali quando almeno il sole è calato e si può anche stare in terrazza o comunque all’aperto.
Chi scrive conserva ottimi ricordi di serate fresche trascorse nei celebrati (forse troppo) “chalet” di Castellammare di Stabia, dei quali c’è n’è ancora uno alla fine del lungomare, proprio di fronte ai famosi cantieri navali, una delle poche glorie che questa splendida e sfortunata città ha conservato.
In tali “chalet” sistemati a pochi metri dal mare e dalle fontanelle sempre zampillanti di “acqua della Madonna” (per un periodo chiuse perché sembra che quell’acqua, nonostante la Madonna, arrivasse inquinata), si mangiavano (e ancora si mangiano) cibi semplici, cucinati come in famiglia.
Uno di essi è la “caponata”, un ciambellone biscottato, bagnato, guarnito con melanzane, olive, peperoni, sale, pepe, olio di oliva rinforzato da quello leggermente piccante; ci sono poi i “lupini” adeguatamente salati, e la gustosissima insalata di polipi veraci; si possono anche mangiare ottimi spaghetti alle vongole, oppure ai frutti di mare.
Cucina genuina a basso prezzo.
A richiesta la caponata poteva essere sostituita da “Sua Altezza La Panzanella” che ha come base il ciambellone biscottato, o la “lingua” biscottata, meglio una fetta di adeguatamente inzuppata in acqua, guarnita con pomodori maturi, cetriolo, cipolla rossa, basilico, molo olio extravergine, sale e pepe: una fresca delizia per il palato.
Questa squisitezza alimentare ha origini lontane, risalenti al Boccaccio (siamo nel 1300), e sembra che sia scaturita dalla necessità di recuperare il pane vecchio per non sprecarlo.
Quindi la panzanella è un piatto tipico della cucina toscana di origini contadine, semplice ma ricco di sapori genuini.
Si tratta di un’insalata estiva a base di pane raffermo, pomodori ramati, cipolla rossa e cetrioli, condita con olio d’oliva, aceto, sale e basilico fresco.
Un piatto di recupero molto amato che prevede il riutilizzo del pane secco, con una storia simile ad altri capisaldi della cucina italiana, come ribollita, acquacotta, pappa al pomodoro e pancotto pugliese.
La panzanella però, a differenza di queste ricette che fanno perlopiù parte della categoria delle zuppe e vengono quindi calde, è un’insalata fresca ed estiva che non prevede cottura.
Le origini della panzanella risalgono quindi a diversi secoli fa e sono strettamente legate alla tradizione rurale della Toscana.
Come succede per tantissime ricette del passato, nasce dall’esigenza di non sprecare il pane secco, che era decisamente l’alimento più frequente nella dieta contadina.
In epoca medievale, i contadini toscani usavano il pane raffermo, che veniva ammorbidito con acqua per farlo rinvenire e mescolato con le verdure dell’orto, per creare un pasto nutriente e rinfrescante.
Anche i pescatori si dice che la consumassero, e che anzi bagnassero il pane nell’acqua di mare in modo da ammorbidirlo e salarlo insieme.
L’origine del nome non è ancora molto chiara e rimane un po’ avvolta nel mistero.
Tuttavia, due teorie principali cercano di spiegare la etimologia.
La prima suggerisce che ‘panzanella’ derivi dalla combinazione di pane e zanella, che in toscano significa zuppiera o recipiente.
La seconda invece, ipotizza che il nome evolva dalla parola ‘panzana’, che vuol dire ‘bugia divertente’, e potrebbe essere un nome evocativo delle divertenti fandonie pronunciate durante la merenda, uno dei momenti in cui veniva consumata la panzanella.
La prima menzione letteraria della panzanella si trova in uno scritto del Boccaccio del XIV Secolo, che la chiama “pan lavato”.
Il pane veniva bagnato in acqua e aceto, sbriciolato e unito ad altri ingredienti di fortuna.
Duecento anni dopo ne parla anche Bronzino, pittore alla corte dei Medici nel XVI Secolo, in un poemetto, che ne fornisce una versione più aristocratica parlando di cipolla, basilico e cetriolo.
Quest’ultimo era un freschissimo prodotto estivo proveniente dall’India che, a quel tempo, potevano permettersi solo le famiglie più abbienti. Una delle curiosità legate alla panzanella è che, inizialmente, il piatto non conteneva pomodori.
Infatti, i pomodori furono introdotti in Europa solo dopo la scoperta delle Americhe nel 1500 e ci vollero diversi decenni prima che diventassero un ingrediente comune nelle cucine italiane.
La versione originale della panzanella, quindi, era preparata con pane, cipolla, erbe aromatiche e altri ortaggi disponibili.
La panzanella, chiamata anche ‘pansanella’, ‘panmolle’, ‘panmòllo’, ‘pane ‘nzuppo’, è un piatto tipico non solo della Toscana ma di tutta l’Italia centrale, comprese Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo.
Questo fa sì che ne esistano tantissime versioni, già solo in Toscana ci sono delle differenze.
Nelle regioni più a nord, come Lunigiana, Versilia e Garfagnana, non viene tradizionalmente preparata, come emerso dagli studi dell’Università di Firenze per l’Atlante Lessicale Toscano.
Mentre nelle zone di Camaiore e Pescaglia, il termine ‘panzanella’ indica tutt’altro: una pasta di pane fritta in olio bollente, simile allo sgabeo o alle donzelle.
Come accade per molti piatti tradizionali e popolari, la panzanella non ha una ricetta univoca.
Storicamente, veniva preparata con ciò che era disponibile al momento, quindi le varianti sono numerose.
Questa flessibilità negli ingredienti rende la panzanella un piatto versatile e in qualche modo creativo, per questo spesso ripreso anche da molti chef nell’alta cucina, tra cui Vincenzo Guarino che propone Lo scampo incontra la panzanella, oppure Scampi, panzanella e gazpacho di pomodoro di Luigi Pomata, mentre Eugenio Boer propone una versione arricchita con gamberi, mandorle e fragole.