Roberto De Simone: ricordo di un grande artista
Sulle pagine odierne de 'Il Mattino' si è rifatto vivo il vecchio e accorato appello di Riccardo Muti a non far cadere nell'oblio il peso e il valore di Roberto De Simone

Il Maestro De Simone se n’è andato alla venerabile età di 92 anni, quasi un secolo di creatività musicale per un uomo che ha rappresentato -tra l’altro- la mia prima intervista giornalistica una mattina al Teatro Politeama mentre metteva in scena ‘Mistero Napoletano”. Erano gli anni in cui, assieme all’amico prematuramente scomparso Giancarlo Siani, muovevano i primi passi nel giornalismo ed entrambi collaboravamo ad un settimanale la cui sede confinava con l’antica e prestigiosa Villa Pignatelli.
Il Maestro fu di una cortesia sublime nell’accogliere questo giovane estremamente timido che si avvicinava, con modi reverenziali, al più grande musicologo, compositore, drammaturgo e regista vivente. Ciò che essenzialmente mi colpì -e per me fu motivo di grande meraviglia- fu la sua pazienza a sopportare il mio estremo imbarazzo nel porgli le domande con un insopportabile e fastidioso balbettio. Ma lui accoratamente fu di una squisita gentilezza nel venirmi accanto alla poltrona e tranquillizzarmi. E subito mi balenò in mente di essere accanto ad una Grande Anima.
Sulle pagine odierne de ‘Il Mattino’ si è rifatto vivo il vecchio e accorato appello di Riccardo Muti a non far cadere nell’oblio il peso e il valore di Roberto De Simone, in cui il direttore d’orchestra chiosa in questo modo: “Lui ha dato tanto a Napoli, Napoli non ha ricambiato. Anzi, spesso è stato trattato con ingratitudine. Ora si verseranno lacrime di coccodrillo, ma la sua scomparsa dà un colpo alla crisi della cultura partenopea proprio mentre, ironia della sorte, si celebrano i 2500 anni di storia. Mi auguro gli dedichino al più presto una strada o una piazza importanti”. Quindi la ferita forse non si è mai risanata tra Napoli e questa figura centrale della cultura musicale europea, insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordre des Arts et de Lettres della Repubblica francese, autore di quella ‘Gatta Cenerentola’ che nel 1976 ha cambiato la storia del teatro napoletano e che in qualunque altra città del mondo sarebbe diventata una produzione fissa, a ogni stagione, da mostrare ai turisti, come i grandi musical statunitensi.
De Simone è stato direttore artistico del teatro San Carlo, direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella, portando ulteriore prestigio a entrambe le prestigiose istituzioni, ma questo non gli ha evitato un isolamento culturale nella propria città che non è esagerato definire vergognoso. Già agli esordi del Terzo Millennio, dall’esilio della sua casa di via Foria, sosteneva di essere costretto a vivere in una sorta di trincea, nonché che Napoli era diventata la città del riciclo nel consumo di banalità e di demagogia. E nonostante l’avventura barricadera della rivoluzione arancione e del lungomare liberato egli tuonava che il genio oggi non è ammesso, perché troppo destabilizzante e arduo riconoscerlo.
Con tutta probabilità parlava di se stesso e come dargli torto? In quel periodo ripeteva il crudo invito eduardiano ai giovani napoletani, quel ‘fuitevenne’ amarissimo che tuttavia egli stesso è stato il primo a non seguire, causa la stoica fedeltà a non abbandonare mai una Napoli sebbene dal‘core ‘ngrato’, verificando sulla propria sorte l’antico andante del ‘nemo propheta in patria’. Nonostante Napoli per i suoi 90 anni si è lanciata in un tripudio di celebrazioni, l’appello lanciato da Muti è stato come una bomba sulla città alle falde del Vesuvio, che ha palesato l’incapacità di valorizzare e curare i propri tesori, i propri talenti.
È imperativo, quindi, trasmettere in futuro la lezione di De Simone e come tutelare già da adesso il suo ricchissimo patrimonio documentale: libri, cimeli, ricerche, documenti. L’auspicio è che l’ultimo incontro tra il Maestro ed il sindaco Manfredi sia foriero di buoni intenti realizzabili a breve e che si passi al più presto dall’impegno verbale del primo cittadino preso con il nipote Alessandro De Simone ad un’azione concreta per realizzare le straordinarie progettualità di Roberto De Simone e preservare il suo immenso patrimonio culturale.
Ce lo auguriamo tutti noi campani non foss’altro per ribadire che l’utopia è qualcosa da conquistare e coltivare in contrasto coi tempi barbari e incivili che ci tocca vivere e, soprattutto, confermare -almeno post mortem– al Maestro la dignità che merita.