La umile Mamma cavese che recuperò le spoglie di oltre 700 soldati morti alla fine della Seconda guerra mondiale
Il giornale on-line “Roba da donne” ha pubblicato qualche giorno fa una breve storia di Mamma Lucia. al secolo Lucia Pisapia, e la cosa ci è sembrata alquanto strana.
Questo giornale si occupa, in prevalenza, solo di storie leggere, in genere “gossip” e tanti pettegolezzi, spaziando da Fedez e Chiara Ferragni, da Totti a Illari Blasi, passando per Rosa Chemical e la sua disdicevole performance sanremese con Fedez, e la conseguente ira della Ferragni.
Questo per evidenziare che non è suo stile occuparsi di una storia di pietà che ha segnato diversi decenni del dopoguerra grazie ad una umile Mamma che decise di diventare la madre di tanti militari le cui salme giacevano sulle colline metelliane, e che venne chiamata “la madre dei morti”.
Mamma Lucia è certamente nota nella sua città, dove numerosi cronisti e storici le hanno dedicato libri, ma è anche nota sia in Italia, sia nei paesi che avevano dato vita alla coalizione che abbatté il Nazismo e il Fascismo, liberando il mondo da questa piaga, i quali durante le operazioni belliche sacrificarono le giovani vite di tanti militari.
Mamma Lucia, in silenzio, quasi alla chetichella, si arrampicò sui monti che ci circondano e diede identità a 700 giovani cadaveri, consentendo alle loro famiglie di recuperarne le salme.
Ma chi era Lucia Pisapia, universalmente nota come Mamma Lucia, e cosa la spinse a compiere questa opera di misericordia?
Lucia era una donna di umili origini. Era nata a Sant’Arcangelo di Cava de’ Tirreni il 18 novembre 1887, ed era l’ultimogenita di sette figli, nati da Maria Carmela Palumbo e Francesco Pisapia, un commerciante di legname.
Rimase orfana all’età di due anni e il padre si risposò da lì a poco con una zia materna che gli diede altri cinque figli.
Frequentò la scuola elementare solo fino alla terza classe, dovendo aiutare la numerosa famiglia sia in casa che lavorando al telaio per contribuire all’economia domestica.
Fin da giovane trovava comunque sempre il modo per aiutare il prossimo, contro il parere paterno, dedicando soprattutto molto tempo ai malati ricoverati in ospedale.
Nel 1912, all’età di 25 anni, sposò Carlo Apicella, un commerciante di frutta, da cui ebbe due figli maschi, Vincenzo e Antonio.
Il marito partì poi al fronte durante la prima guerra mondiale rientrando a casa con gravi ferite.
Lucia Pisapia conosceva, quindi, gli orrori della guerra, dei quali era stata vittima anche il marito.
Nel lontano 1945, a Salerno, quando la Seconda Guerra Mondiale giungeva alla fine lasciandosi alle spalle tanto dolore e morte, a donare nuova speranza al popolo fu proprio la commovente storia di Mamma Lucia.
La quale, fin dal 1943, si era impegnata a recuperare e a dare sepoltura a oltre 700 salme di persone morte nella zona di Cava de’ Tirreni in seguito agli attacchi dei tedeschi alle forze alleate. Un’opera mastodontica nella sua portata, che Mamma Lucia svolse quasi alla chetichella, con la più sincera umiltà, lontano da sguardi indiscreti.
Per Mamma Lucia il pensiero di quei giovani abbandonati ai lati delle strade come sassi senza valore era diventato insopportabile: una notte aveva sognato addirittura una landa desolata con otto croci divelte dal terreno accanto alle quali otto soldati la supplicavano di dare loro sepoltura, in modo che le loro madri potessero piangerli e ricordarli.
Lucia, già impegnata in attività di apostolato (era Terziaria Francescana), iniziò subito a darsi da fare raccogliendo i resti di quei poveri morti insepolti.
Sebbene lei non avesse rivelato a nessuno le sue intenzioni, pian piano in città si sparse la voce di quel che stava facendo e la sua storia cominciò ad attirare tanti curiosi.
Molti suoi concittadini cercarono di aiutarla, comunicandole i luoghi in cui con ogni probabilità avrebbe potuto trovare non solo resti umani ma anche effetti personali: stivali, fotografie, divise rovinate dalla pioggia e dagli animali selvatici ma ancora lì, da qualche parte tra il fango.
“Quel sogno non mi dava tregua -disse una volta ai giornalisti- allora indirizzai una lettera al comando alleato che diceva così: avete ormai vinto, l’odio è terminato ed io vi scrivo come una semplice mamma. Permettetemi di sistemare i cadaveri perduti”.
Nonostante il pericolo costante di saltare in aria a causa delle tante mine ancora nascoste nel terreno, Mamma Lucia non si arrese, la sua determinazione era incrollabile. Raccolse e ricompose resti di soldati appartenenti all’uno e all’altro schieramento, senza fare differenze e fu la prima ad attivarsi in questa nobile impresa.
Nel resto d’Italia si dovette aspettare il 1951 affinché si provvedesse al censimento e alla sepoltura delle salme dei militari e dei civili caduti a causa della guerra.
Al termine ufficiale della guerra, tutti i giornali cominciarono a parlare di Mamma Lucia: dal Corriere della Sera all’Osservatore Romano, nessuno seppe resistere al fascino della storia commovente di questa donna tenace.
Anche Papa Pio XII volle donare a Mamma Lucia una medaglia d’argento al valore, mentre nel 1951 le venne conferita la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca.
Nel 1959 ottenne dal Presidente della Repubblica la onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana.
Radio Stoccarda, di lì a breve, esclamerà entusiasta: “un popolo che ha saputo dare al mondo una mamma Lucia merita tutto il nostro amore, tutta la nostra gratitudine e tutto l’onore di cui siamo capaci”.
Mamma Lucia è morta il 27 agosto 1982, a 95 anni.
Giuseppe Marotta, scrittore, paroliere e sceneggiatore napoletano, così la descrisse: “Un che di ibrido era in lei. Colpivano la sua indubbia umiltà e il suo taciuto ma probabile orgoglio, la sua disinvoltura e la sua modestia, la sua innocenza di popolana e non so che giudizio, che talento di signora! Come è acuta e lucida la sua ingenuità! Come è schietta, disadorna, ma rigorosa e vagamente strategica, la sua maniera di allineare i fatti! Come, senza parere, con estrema naturalezza, la narratrice è sempre al centro del racconto! Respinge brusca ogni timido intervento del marito: per un secondo i suoi tratti s’induriscono, è un’ombra fulminea, ma un’ombra sulla sua lunga mansuetudine”.
Riposi in pace circondata dall’affetto di tutti.