Dei 12 miliardi di euro messi a disposizione dal Governo Conte per consentire alle ASL, alle Regioni e agli Enti locali il pagamento dei debiti commerciali scaduti entro il 31 dicembre 2019, solo poco più di 2 miliardi sono stati richiesti da questi soggetti pubblici alla Cassa Depositi e Prestiti per saldare i propri creditori.
Insomma, ancora una volta le aziende che lavorano per la Pubblica Amministrazione (PA) sono rimaste in massima parte a bocca asciutta. L’ennesima dimostrazione di un malcostume tutto italiano che, anche in pieno periodo Covid, non accenna a venir meno. Anzi, il rischio che la situazione regredisca ulteriormente è alquanto probabile.
Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “Tra gli effetti generali della crisi in atto, il calo degli ordinativi e i mancati pagamenti, tante aziende fornitrici degli enti pubblici denunciano insistentemente la mancanza di liquidità e non è da escludere che, a dicembre, molte avranno grosse difficoltà a pagare le tredicesime ai propri dipendenti”.
Un problema, quello dei mancati pagamenti da parte dello Stato e delle sue articolazioni periferiche, che, purtroppo, ci trasciniamo da decenni.
“La questione sarebbe risolvibile – conclude Zabeo – se fosse consentita per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i debiti della PA verso le imprese e le passività fiscali e contributive in capo a queste ultime. Un automatismo che ristabilirebbe un principio di civiltà giuridica: le forniture di merci o le prestazioni di servizio devono essere onorate dal committente pubblico così come previsto dalla legge; entro 30 giorni o al massimo 60 in determinati settori, come quello sanitario”.
Tuttavia, non tutte le aziende che lavorano per le Amministrazioni pubbliche attendono tempi biblici per essere saldate.
Sottolinea il segretario della CGIA Renato Mason: “La Corte dei Conti, infatti, ha denunciato che negli ultimi tempi gli
enti pubblici stanno tendenzialmente onorando con puntualità le scadenze di importo maggiore, ritardando invece premeditatamente il pagamento di quelle più modeste. Una condotta che, ovviamente, sta
penalizzando le piccole e piccolissime aziende che, generalmente, lavorano per appalti, forniture o servizi che presentano dimensioni economiche più contenute, rispetto a quelle assegnate alle mediegrandi imprese. Pertanto, senza liquidità a disposizione, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà e, ironia
della sorte, molti di questi rischiano di chiudere la propria attività, non per debiti, ma per troppi crediti non ancora incassati”. (fonte CGIA)