Se date credito al motto per cui “Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna” (attribuito a Virgina Woolf), allora dietro Walter Gropius, l’architetto tedesco inventore del Bauhaus, c’è senza dubbio sua moglie Ise Frank, la “signora Bauhaus” così come veniva chiamata in Renania.
“La signora Bauhaus” (Neri Pozza, 2020) è il libro che la scrittrice (e architetto) tedesca Jana Revedin ha dedicato ad Ise Frank, libraia e critica letteraria di buona famiglia, che incontrò Gropius per caso, nel maggio del 1923, invitata da un’amica ad una conferenza ad Hannover e che sposò pochi mesi dopo, affascinata da quell’uomo che col suo papillon bordeaux e il piglio di un capitano di cavalleria, ammaliava i presenti sostenendo che l’architettura potesse essere una missione creativa, sociale e persino politica.
“Ise, ho bisogno di voi” le disse Gropius e lei lo seguì.
Leggendo “La signora Bauhaus” viene il desiderio di andare a Dessau e percorrere il “Bauhaus Tour”, 17 chilometri di pista ciclabile che unisce tutte le opere del movimento, patrimonio UNESCO dal 1995. Ciò che è rimasto originale e che fu ricostruito dopo i bombardamenti bellici: l’edificio della scuola con gli alloggi studenteschi, la casa di Gropius (“del direttore”) e le “case dei maestri”, fino al quartiere simbolo di Törten, 314 case a schiera realizzate “a misura d’uomo”.
Ise Frank abbraccerà il progetto del Bauhaus, salvandolo dalla bancarotta di Weimar e riuscendo ad accasarlo nel 1925 a Dessau dove darà, nella sua breve vita (chiuse nel 1930) i migliori frutti.
Visto dagli occhi di Ise, il sogno Bauhaus non è soltanto tecnica e lavoro d’officina, ma un vivace laboratorio di rapporti umani: illusioni e tragedie di uomini e donne controcorrente che ai rigurgiti secessionisti e all’esaltazione nazionalista, opposero una visione differente dell’architettura e del mondo. (nella foto sopra da sin. in alto in senso orario – Dessau: Sede del Bauhaus, “case dei maestri”, “casa del direttore”, vista dell’insediamento residenziale a Törten)
Amori e tradimenti. Fallimenti e leggerezze. Vesti di lino e capelli imbrillantinati.
Gropius certo, ma anche Taut, Breuer, Bayer, Feininger, Moholy-Nagy e naturalmente Ise che, grazie al talento e alla determinazione, seppe scalare la cima della società berlinese fino a scontrarsi con i politici insipienti del periodo.
Perché fu proprio la politica a decretare la fine del Bauhaus.
L’ascesa del nazionalsocialista, aizzato dai deliri di uno scadente pittore austriaco, tracciò la parabola discendente del sogno di un’architettura democratica, a basso costo e trasparente; disperdendo le energie creativa che si erano radunate intorno alla scuola di Gropius, e ovviamente lo stesso maestro costretto, con Ise, ad emigrare negli Stati Uniti, dove vissero in una copia della «Casa del direttore» di Dessau, ricostruita nel 1937 a Lincoln (Massachusetts).
Nell’attesa che tornino tempi buoni per viaggiare, se vi va, leggete “La signora Bauhaus”.
Così, appena possibile, ci vedremo tutti a Dessau.
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