scritto da Tina Contaldo - 22 Novembre 2024 18:09

Parafrasando: la vita psichica del potere

È questo che manca oggi! La libertà di sentirsi vulnerabili. Dobbiamo sempre arrivare. Dobbiamo sempre protestare. Dobbiamo sempre preoccuparci di una vita che ci è stata cucita addosso. Ma perché?

foto Angelo Tortorella

Quante volte ci saremo chiesti se quello che viviamo sia una vita normale o normalizzata.

Dalla cultura democratica alla psicogenesi della democrazia e da questa alla sua patogenesi ed esportazione nei mondi sconosciuti ne è passato di tempo. E mi chiedo come sempre in maniera molto disincantata: si conoscono i modelli che si decide di adottare collettivamente, votando?

Ormai si da un nome a tutto e si sa che gli “ismi” sono considerati una forma negativa in diverse lingue.

Vorrei però per una volta arrogarmi il diritto di appropriarmi di un linguaggio a me opposto per sovrapporre a questo un diritto: il diritto della libera espressione, proprio come hanno fatto molti scrittori, filosofi e pensatori colonizzati che hanno usato la lingua del colonizzatore.

La pace: la pace indifferente, la pace attiva e la pace della collettività! Ahimè che differenza tra questi diversi concetti. Vorrei dunque appropriarmi del populismo.

Se mi svegliassi un giorno senza insicurezze, vorrei quella vita, quella sicura, senza dubbi, senza problemi, con la gioia di vivere e quella di poter morire per l’appunto, in pace. Non vorrei lasciare indietro niente, nemmeno il pregiudizio. Vorrei parlare di tutto serenamente e non aver paura delle sovrastrutture sociali né temporali né sacre. Vorrei essere libera dal giudizio e dalle congetture e anche dal complottismo. Vorrei affrancarmi da ogni dittatura di pensiero e di parola e vorrei giustificare. Ma quest’ultima cosa non mi darebbe libertà. La libertà di sognare e sentirmi vulnerabile liberamente.

È questo che manca oggi! La libertà di sentirsi vulnerabili. Dobbiamo sempre arrivare. Dobbiamo sempre protestare. Dobbiamo sempre preoccuparci di una vita che ci è stata cucita addosso. Ma perché?

Non ho molte risposte esattamente come le persone che leggeranno. Ma se la soluzione fosse il silenzio attivo? Certo idea non proprio nuova!

Io abolirei la parola (non scritta né corporea). Sembra quasi che ora mi stia appropriando di altri tipi di ismi. Ma non è così. Si sa che chi fa rumore è arrabbiato, non è consapevole, o forse lo è troppo. E forse è anche colui che gestisce i nostri limiti e punti fermi. Mi sto un po’ arrabbiando anche io.

Abbiamo esportato il modello democratico, abbiamo importato il modello comunista, abbiamo fatto nascere le dittature ma non si è imparato nulla, perché non si sa mai nulla. Intanto bambini, donne, uomini muoiono e quello che fa notizia è il già fatto, il già pagato a nostre spese, il già rubato. Come ad esempio il campo di detenzione per profughi in Albania del governo Meloni.  O dopo giorni di propaganda elettorale americana, il vero sogno americano viene ben palesato dal genocidio a Gaza.

Ora mi approprio di un altro ismo. Il passatismo. Davvero vogliamo descrivere il nostro presente con il passato? Non sarebbe meglio decostruire questo passato e finalmente costruire, non sulle macerie della democrazia ma sulla terra fresca, ruvida e solida del futuro?

Immagino che tutti abbiamo progetti ma forse a prescindere dalla nostra estrazione sociale e da chi siamo, possiamo costruire un mondo in cui nessuno soffra e tutti si contaminino.

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