Dopo quasi una settimana di pioggia, ieri mattina come tanti ho approfittato della bella giornata e delle vacanze natalizie per prendere un po’ di sole in riva al mare. Sorseggiando il caffè mi sono guardato intorno. Il terrazzo del bar, che nei giorni festivi è affollato da giovani famigliole, era sì pieno in ogni ordine di posto, ma le presenze erano del tutto diverse. Con mia sorpresa, nonostante stia precipitosamente scivolando verso il sessantatreesimo compleanno, mi sono sentito un ragazzino circondato com’ero da vegliardi ottantenni d’ambo i sessi, in splendida forma, con abiti griffati, maglioni di cashmere, eleganti giacche in tweed e scarpe di camoscio, intenti a sorbire aperitivi e annessi ricchi stuzzichini.
Confesso che un po’ di invidia l’ho provata. Beati loro, ho pensato, che si godono la giusta pensione, sperando quanto prima di entrare, da vivo e in discreta salute, a far parte anch’io della loro categoria, quella dei pensionati.
Nello stesso tempo, mi sono anche rallegrato per quel che vedevo, ovvero l’immagine di un paese ricco, evoluto, in cui gli anziani vivono bene la loro vecchiaia, anche come stato generale di salute relativamente all’età. Insomma, checché se ne dica, è stato un bel vedere.
Certo, a rifletterci, però, quello visto ieri in riva al mare è un quadro parziale del Paese in cui viviamo. Anzi, più che altro si tratta di un’immagine falsata della realtà italiana.
Tra gli stessi anziani si vivono situazioni di estrema diversità. Stando ai dati Istat, su 16 milioni di pensionati in Italia, 7,2 milioni hanno un assegno sotto i mille euro e il 17% vive con meno di 500 eruo. In altre parole, diversi milioni di pensionati vivono in una situazione di difficoltà economica se non di vera e propria miseria. Altro che aperitivi e stuzzichini in riva al mare.
E se guardiamo alle nuove generazioni, la situazione diventa ancora più drammatica. Disoccupazione, precarietà del lavoro, sfruttamento. Una precarietà che tocca persino non pochi quarantenni e cinquantenni più che qualificati e che vede lo Stato protagonista di forme odiose di moderna schiavitù con contratti a termini prorogati negli anni, addirittura per un decennio e oltre, che forse solo ora troveranno la loro conclusione nel processo di stabilizzazione avviato dall’attuale Governo, dopo che in parte il precedente ha portato a termine lo stesso iter nella scuola, anche se fra non poche polemiche e incidenti di percorso.
Per non parlare poi delle pensioni che le giovani generazioni matureranno per la loro vecchiaia. Da fame, nella maggior parte dei casi.
Insomma, il nostro è un Paese che ha tradito soprattutto i suoi giovani.
In conclusione, c’è poco da stare allegri. Altro che quadretti idilliaci in riva al mare. Questa nostra Italia vive profonde divisioni e soprattutto squilibri, territoriali (Nord-Sud, aree sviluppate-aree depresse), ma anche sociali e purtroppo generazionali.
In questo contesto, tuttavia, quel che più preoccupa è la mancanza di una classe politica all’altezza del ruolo. Non si intravede affatto una proposta politica che guardi al futuro, che delinei una strategia di sviluppo credibile, capace cioè di avviare il graduale superamento dei tanti gap che intaccano i fattori di crescita del nostro Paese.
In altre parole, c’è un gran ciarlare, ma poco o niente si fa, anche solo in termini di semplici ma organiche proposte, per ammodernare e non sfasciare l’attuale organizzazione dello Stato, per promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno, per una efficace e incisiva politica della famiglia soprattutto a sostegno delle nascite e a tutela della maternità, per una energica politica volta a favorire l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, per un riequilibrio della spesa pensionistica in particolare per favorire le nuove generazioni, per un riforma del welfare al fine di aumentare la spesa sociale da destinare a famiglia, inclusione sociale, lavoro femminile e formazione… In breve, un Paese più giusto, con maggiore equità, più solidale.
L’anno prossimo, per la precisione fra poco più di due mesi, ci saranno le elezioni per il rinnovo del parlamento. Saremo chiamati ad esprimere un voto per accordare così la fiducia a qualcuno. Ad un leader, a un partito, a un movimento. Non sarà una scelta facile.
Vorremmo però votare per un Paese più giovane, dinamico, vivace, senza per questo voler rottamare qualcuno. Un Paese che punti al futuro, che guardi all’orizzonte e che così non viva più sommerso in una fioca e languida luce crepuscolare di una decadenza intrisa di fiacchezza e sfiducia.
Vorremmo tutto ciò, ma chi potrebbe darci un barlume di speranza è ancora tutto da scoprire.
Buon Anno nuovo. E che lo sia per davvero.