Salerno, ’A mèvesa ‘mbuttunata: le origini ebraiche del piatto dei salernitani per San Matteo
Il 21 settembre è il giorno più atteso dai salernitani, la città si ferma e si riunisce per festeggiare San Matteo, Patrono della città.
Il momento clou della celebrazione è la processione che attraversa il Centro Storico della città per poi rientrare al Duomo. La tradizione vuole che la processione venga aperta da tre statue in argento, raffiguranti i Martiri salernitani Anthes, Gaio e Fortunato, definiti dalla cittadinanza come le “tre sorelle” del Santo. Quest’anno, a causa dell’emergenza del coronavirus, la processione pomeridiana non si terrà come nelle scorse annate.
La leggenda vuole che San Matteo, di professione pubblicano ovvero collettore di imposte, al momento di seguire Gesù si voltò per guardare tutte le ricchezze e così la statua fu fatta con due facce. Di conseguenza tutti i salernitani si dice che abbiano due facce.
Piatto tipico della tradizione culinaria salernitana in occasione della celebrazione di san Matteo è la milza imbottita, le cui origini si fanno risalire ai primi insediamenti ebraici in città.
In molti ignorano la presenza di una comunità ebraica a Salerno le cui tracce scritte risalgono al X secolo. Il quartiere ebraico, o giudecca, sorgeva vicino alla riva del mare, tra le attuali via Masuccio Salernitano e vico Giudaica. Una tradizione vuole tra i fondatori della Scuola Medica Salernitana l’Ebreo Elino, che avrebbe insegnato in ebraico, mentre altri tre colleghi avrebbero insegnato rispettivamente in greco, arabo e latino.
Questo insediamento stabile della comunità ebraica salernitana ha lasciato, nel corso dei secoli, importanti tracce della sua presenza in città a livello sia economico (mercanti, banchieri, tessitori, conciatori) che culturale ed ha influenzato anche la cucina del territorio. E uno dei piatti tipici della festa di san Matteo a Salerno, “’a mèvesa ‘mbuttunata”,la milza cotta nell’aceto e imbottita di prezzemolo e peperoncino, consta proprio di origini ebraiche.
Per la macellazione della carne gli ebrei, secondo i loro dettami religiosi, non potevano percepire denaro per il proprio lavoro, e quindi trattenevano come ricompensa le interiora che cucinavano come farcitura per panini che vendevano poi ai “gentili”, cioè ai cristiani.
La milza venne poi utilizzata come strumento di baratto tra i macellai e gli allevatori che vendevano i loro animali in cambio delle interiora, o i popolani e agricoltori che chiedevano nei macelli le interiora che allora venivano vendute a prezzi estremamente bassi. Un cibo poverissimo, dunque, in grado però di sfamare e corroborare chi aveva poco o nulla da mangiare, e che nel tempo a Salerno è diventato fortemente indentitario della festa di San Matteo, tant’è che non manca mai sulle tavole imbandite in questo particolare giorno.