L’intervista pubblicata oggi da Ulisse, nel suo viaggio alla scoperta della città metelliana, rilasciata da una giovane professionista, Marianna Borriello, ha il pregio della freschezza, della linearità e dell’immediatezza. La Borriello, infatti, è indubbiamente una donna colta e sensibile, ma anche essenziale, senza fronzoli.
Non pochi, anche in questo caso, gli spunti di riflessione. Ne scegliamo, ovviamente, solo alcuni. Cominciamo dai punti deboli della cittadina metelliana che la Borriello li sintetizza magistralmente, come a scolpirli nel marmo, nella pigrizia, nella mentalità provinciale e nel vivere nel passato. In fondo, più di ogni altra cosa, è questo il tratto distintivo dei cavesi attuali. Ne viene fuori di conseguenza l’altra riflessione della Borriello, e vale a dire che la città metelliana deve puntare a “potenziare la sua identità ed investirvi per rilanciarla in dimensione europea”.
“Molte città medie, come Cava, in Italia riescono ad avere -è il ragionamento della Borriello- una risonanza internazionale con manifestazioni che invece da noi non riescono ad andare oltre il confine della provincia”. Gli esempi non mancano. Il più clamoroso è quello legato all’incapacità di far assurgere ad un ruolo meno casereccio le nostre manifestazioni popolari, espressioni del folclore locale, le quali si moltiplicano, si dividono, si accavallano, si scontrano, ma di sicuro non crescono.
E lo stesso vale per le tante attività in ambito culturale, alcune delle quali pregevoli, altre frutte di buone intuizioni, in ogni caso nessuna capace o comunque poste nelle condizioni di affermarsi oltre le mura cittadine o il circondario.
Da evidenziare almeno altri due passaggi, quando, parlando del presente che viviamo, la Borriello afferma che diffiderebbe degli indifferenti, visto che, aggiungiamo noi, diventano sempre più una folla consistente, mentre agli attuali amministratori comunali chiede di “osare. Non si va da nessuna parte rimanendo comodi”. Non c’è proprio nulla da chiosare al riguardo.
In ultimo, è da tenere bene in mente l’originalissima definizione di Cava come una culla d’oro. “In questa nostra città -spiega Marianna Borriello- si può crescere con grandi potenzialità e possibilità ma anche rimanere assopiti per sempre”.
Ha perfettamente ragione. In fondo, nonostante tutto, nella valle metelliana si vive nel complesso bene, meglio di sicuro che altrove. Insomma, stiamo così bene nella nostra valle da ritenerla l’ombelico del mondo fino ad impigrirci, a bearci della cavesità, a vivere di rendita di tutto ciò -beni materiali e immateriali, ricchezze e tradizioni- che le generazioni passate hanno accumulato nei secoli e lasciatoci in eredità. C’è solo da domandarsi, andando di questo passo, visto che perdiamo colpi e sembriamo sempre più una città seduta, in panchina, fino a quando tutto questo durerà?