“Riusciranno i nostri eroi a locare la foresteria e il ristorante dell’ex convento di S. Giovanni?”. La domanda è più che lecita dopo che da un bel po’ i nostri amministratori comunali non ce la fanno a dare in affitto questi locali che dovrebbero portare un po’ di danaro fresco nelle casse comunali. La cui entità, però, diventa sempre più esigua dopo che sono andate deserte le precedenti gare.
A quanto si legge, se va bene l’attuale gara, il Comune metelliano a regime dovrebbe incassare annualmente poco meno di 170 mila euro. Non è molto, ma neanche è una cifra da buttare. Meno di quanto era stato previsto inizialmente e tale da garantire, secondo le prime, rosee previsioni degli attuali amministratori comunali, di finanziare la gestione e quindi il decollo di questo complesso monumentale. Un sito, d’altronde, che, tra i suoi pregi, ha quello, per nulla trascurabile, di essere nel bel mezzo dei portici e, anche per questo, con la naturale vocazione ad essere un attrattore culturale di prim’ordine non solo per la nostra città.
Purtroppo, le cose non sono andate come previste. E, in questo, c’è poco da meravigliarsi. Non manca, in verità, chi esprime più di una perplessità sui locali da affittare; ad esempio, in molti hanno rilevato che la cucina del ristorante è talmente ridotta di dimensioni da risultare più piccola di una presente in qualsiasi abitazione.
Al di là di questo, però, i tempi che viviamo, soprattutto nel Mezzogiorno, sono quelli che sono ed è difficile trovare qualcuno disposto ad investire. A cuor leggero, soprattutto. Ci saranno, molto probabilmente, valutazioni tecniche sui locali e più in generale su quello che può offrire il mercato e la città, che finora hanno creato delle condizioni poco favorevoli. Un tempo magari si era più garibaldini nell’intraprendere un’attività, oggi lo si è assai di meno e ci sembra superfluo spiegarne i motivi.
Ciò, a maggior ragione, dovrebbe spingere i nostri amministratori comunali ad un supplemento di riflessione.
Proviamo, in quest’ottica, ad abbozzare un ragionamento. Come detto, se i locali oggetti del bando comunale saranno locati porteranno a regime un introito di poco meno di 170 mila euro. C’è da chiedersi, a questo punto, quanto costerebbe annualmente al Comune tenere aperta e funzionante questa struttura? Due, tre, forse pure quattro, dipendenti come minimo dovrebbero essere addetti alla struttura per garantire la guadiania, la pulizia e in generale la cura e la gestione del complesso che comprende, non dimentichiamolo, sia sale espositive che museali. A ciò vanno aggiunte le spese per la manutenzione ordinaria, l’acqua per i servizi igienici, l’energia elettrica per l’illuminazione, il riscaldamento degli ambienti.
Se così sarà, facendo un po’ di conti alla buona, serviranno circa 200 mila euro annui, se non addirittura qualcosa in più.
Il Comune, però, giustamente, intende anche affidare il complesso monumentale ad un direttore artistico che, almeno così si dice, dovrà essere di alto prestigio. Questo significa individuare qualcuno che abbia un curriculum adeguato, ricco di conoscenze oltre che di competenze, indispensabili per poter realizzare mostre o eventi culturali di richiamo oltre che di spessore. Per capirci, serve uno del tipo di Sgarbi ma alla nostra portata, come dire, uno “sgarbino”. E la cosa sembra più che necessaria, avendo la legittima ambizione e la corretta idea, di voler fare di questo sito un attrattore culturale ben oltre le mura cittadine.
Se così sarà bisognerà aggiungere al budget che indicavamo prima almeno altri 100 mila euro. Ve lo immaginate un direttore artistico di prestigio che venga a Cava prendendo 3 mila euro al mese o giù di lì? Oddio, tutto può essere. Non è da escludere che il sindaco Servalli, magari anche con i buoni auspici del governatore De Luca e del suo partito, ha già in mente qualcuno, contando così, con la modica cifra diciamo di 50 mila euro annui, di mettere al servizio della città un qualificato e prestigioso professionista dell’arte e della cultura. Noi ce lo auguriamo.
Se così sarà, arriveremo comunque ad un budget annuo di 250 mila euro.
Al direttore artistico, però, gli vanno comunque assegnate delle risorse finanziarie per essere messo nelle condizioni di programmare un minimo di attività artistico-culturali di prestigio. Insomma, di sicuro non si può pagare un direttore artistico per poi utilizzarlo per la gestione di mostre d’arte di modesto livello se non addirittura di croste. Che lo faccia un assessore, un politico, ci sta perché, come succede con qualcuno degli attuali assessori comunali che senza un becco di un quattrino si trova costretto a inventarsi manifestazioni ed iniziative, bisogna fare di necessità virtù. Pretendere però che faccia lo stesso un direttore artistico, pure di prestigio, anche se pagato appena 50 mila euro, sarebbe assurdo pretenderlo oltre che folle amministrativamente.
Insomma, al budget bisogna aggiungerci non meno di centomila euro, almeno per i primi anni, per investirli oltre che in qualche iniziativa anche in un po’ di accurata comunicazione e un’efficace pubblicità.
Tirate le somme, servono qualcosa come almeno 350 mila euro. In altre parole, al Comune il progetto di un complesso di S. Giovanni attivo e a pieno regime comporterebbe per le casse comunali una spesa di almeno 170-180 mila euro annui, cui aggiungere l’incasso dei 170 mila euro di canoni dei locali di ristorazione e della foresteria.
La domanda allora sorge spontanea: ma il nostro Comune, almeno per i primi anni, sarà in grado di investire una tale cifra? Se sì, sarebbe interessante capire come.
Non dimentichiamoci -è questa una constatazione, per l’amor di Dio, non una polemica- che non si pitturano le strisce pedonali perché mancano i quattrini per comprare la vernice…
In conclusione, il Comune non può fallire sul complesso di S. Giovanni.
E’ un flop che la città non può permettersi.
Spunti di analisi interessanti. Qui la politica c’entra poco. E’ il solito problema dei contenitori che diventano un problema e non una risorsa anche quando vengono ristrutturati. Bisogna misurare le progettualità con la realtà se non si vogliono avere delle brutte sorprese.