scritto da Nino Maiorino - 06 Settembre 2021 08:51

Palude Afghanistan

Come è stato possibile il disastro attuale dell’Afghanistan nonostante le ingenti spese fatte dagli Usa e le migliaia di morti e feriti nell’ultimo ventennio?

Si parla di 2.300.miliardi di dollari: tanto è costata agli Usa l’operazione nell’Afghanistan nell’ultimo ventennio, dalla invasione del paese dopo l’attacco alle Torri gemelle, alla sconcertante ritirata avvenuta nell’ultimo mese, che ha lasciato il paese nella mani dei Talebani senza che l’esercito regolare afghano avesse preso in pugno la situazione, tant’è che l’occupazione da parte dei Talebani, avvenuta in pochi giorni, è stata quasi una passeggiata.

Ormai l’Afghanistan, a distanza di poco più di una settimana da quella “conquista”, non farebbe più notizia se non fossero intervenuti fatti nuovi, molto gravi, che quotidianamente lo riportano alla ribalta.

In sostanza la ritirata, fissata per il 31 agosto appena andato, era stata concordata già dal precedente Presidente statunitense Donald Trump con gli stessi Talebani, giacché da qualche anno la politica statunitense tende ad abbandonare gli scenari di guerra che egli stessa, da circa un ventennio, ha provocato, e nei quali ha pagato un prezzo molto alto, non solo in termini economici, ma anche di vite umane; centinaia di migliaia di militari caduti, non solo americani, pure gli alleati hanno subito perdite, compresi i nostri militari che si sono distinti in tantissime cose, anche grazie ad una cultura e ad una formazione che li rende diversi dagli altri, e nonostante le nostre truppe siano state impegnate principalmente in operazioni umanitarie e mai in battaglia; è appena il caso di ricordare che la nostra missione italiana ha comportato 53 morti e oltre 700 feriti in venti anni, e una spesa di circa 9.miliardi di euro che grava sul nostro bilancio pubblico.

E’ normale che qualcuno in Italia si chieda se ne sia valsa la pena; non ci pronunciamo in proposito, ma certamente non potevamo tirarci indietro perché se un paese è inserito in un organismo internazionale facente capo all’amministrazione statunitense (Nato o altro), non può tirarsi fuori quando c’è da dare una mano, costi quel che costi.

Il problema, però rimane, principalmente per gli Stati Uniti d’America, perché è palese che essi siano cascati in un tranello che poteva essere previsto, anzi un tranello annunciato perché le Forze armate Usa avevano anticipato  quello che poi è avvenuto; la politica statunitense è stata di una grande ingenuità, e non solo in questo frangente, a basarsi degli accordi preso con i Talebani per sganciarsi, confidando nel loro cambiamento; i Talebani sono dichiaratamente fondamentalisti, non è possibile che rinneghino le loro origini, le loro tradizioni etniche e religiose, né è possibile che riuscissero da soli a controllare un paese vasto come l’Afghanistan, senza un esercito ufficiale bene organizzato che avesse il controllo dell’intero territorio.

In effetti essi hanno una specie di controllo armato, ma non di tutto, e non hanno rinunciato alla discriminazione delle donne, che è immediatamente ripresa.

D’altronde le immagini delle migliaia di persone che tentavano si scappare dal paese forzando gli ingressi dell’aeroporto, e delle tante che si sono aggrappate agli aerei in decollo per poi morire stritolate o annegate, sono un segno evidente di come gli afgani considerino i nuovi padroni del paese.

E anche in relazione all’esercito il Governo Usa è stato poco accorto e si è fatto turlupinare dai vertici dell’esercito afghano i quali, durante il vecchio regime, hanno fatto intendere di avere circa 300.mila effettivi, per ricevere dagli Usa i contributi adeguati, mentre poi, alla resa dei conti, è stato dimostrato che effettivamente i militari erano circa un terzo e la differenza dei contributi veniva intascata proprio dai vertici militari che, in quanto a corruzione e intrallazzi, non erano da meno dei politici scappati per non rischiare che i Talebani li giustiziassero.

Una prova efficace sta nel fatto che molti Talebani oggi stanno usando armamenti che gli Usa avevano destinato all’esercito afghano e che non sono mai stati dati in dotazione; è facile capire che se gli Usa davano all’esercito tre milioni di mitragliatrici, e di esse solo un milione veniva effettivamente data ai militari, oggi i Talebani si sono impadroniti di due milioni di mitragliatrici che ovviamente usano all’occorrenza contro gli stessi americani: sembra una beffa, ma è la verità.

Ma l’ingenuità statunitense si è spinta al punto da non prevedere, nonostante gli allarmi dei vertici militari, che in quel paese si sarebbero scatenate nuovamente le altre milizie terroristiche, che venti anni fa facevano capo a Osama Bin Laden, l’ispiratore degli attentati del settembre 2001, e che quelle milizie sono gruppuscoli pericolosissimi che i Talebani riescono e riusciranno mai a controllare, proprio perché non hanno il controllo del territorio.

E questo è stato l’elemento scatenante di ciò che è capitato pochi giorni dopo la “passeggiata” dei Talebani: gli attentati con decine di morti e centinaia di feriti, con il timore che tutto ciò continuerà sine-die.

Se si pensa che in venti anni di presenza in Afghanistan ci sono stati 2.312 soldati americani uccisi e oltre 20.mila feriti, si comprende come il sacrificio umano sia stato molto gravoso.
Ciononostante resta la constatazione che durante il ventennio la politica americana è stata del tutto carente nella programmazione di un “exit” morbido, inteso come una graduale assunzione di responsabilità da parte del governo afghano a subentrare efficacemente ad essi e portare il paese, com’era auspicabile, verso la normalizzazione; e in questo certamente ha influito la grande corruzione che attanaglia il paese a tutti i livelli, ma questo era un fatto noto, una variabile che uno stratega tiene presente.
Cosa riservi il futuro è una cosa imprevedibile; nell’immediato sono riprese le operazioni militari statunitensi contro il terrorismo Jihadista, fatte tramite droni armati, ma questo è un palliativo che non porterà a nessun risultato a lunga scadenza, considerata anche la carente organizzazione Talebana e la inefficienza di quella specie di esercito che si ritrova il paese.

Per concludere queste brevi riflessioni c’è da dire che negli Usa, sul  fronte politico, un fatto sembra certo: Joe Biden si è preclusa la strada per una riconferma tra quattro anni, perché, nonostante la passione che quotidianamente mette nei suoi messaggi, e le minacce nei confronti dei terroristi dell’Isis, degli Jihadisti, e degli altri gruppi terroristici pronti a organizzare altri attentati, gli elettori americani non potranno dimenticare i tanti  errori commessi da Obama, Trump e Biden, e chiederanno il conto alle prossime elezioni presidenziali; e una avvisaglia si avrà con le “Midterm Elections – Elezioni di metà mandato”, che si tengono quattro anni dopo quelle precedenti che interessarono Trump, quindi tra meno di due anni, e che riguardano il Congresso, le Assemblee elettive e alcuni dei governatori di singoli Stati.

Esse saranno la cartina di tornasole dalla quale si potrà capire quale evoluzione avrà la politica statunitense tra circa tre anni, allorquando si terranno le nuove elezioni presidenziali.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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