L’avvento di TikTok: l’omologazione della società in corsa
Far parte della società diventa sempre più il rapporto tra la fretta con la quale facciamo le cose e l'omologazione con la quale le imitiamo
In una società che fa della sua risorsa più preziosa il tempo, anche i social iniziano a tendere la mano verso dinamiche più rapide e “smart”. Ma quali sono le conseguenze?
Per progresso siamo soliti intendere quelle innovazioni che portano a produrre in meno tempo e con minor mezzi l’oggetto che si intende produrre, in modo tale da migliorare l’efficienza e la reperibilità del prodotto stesso. Ma tutto questo ha senso se trattato nella sfera del materiale e del consumo, e non nell’essenza di una società stessa: i rapporti sociali.
Spesso accade che quando un qualcosa sembra funzionare si tenti di traslare quel qualcosa verso altri campi, alle volte anche molto distanti dal contesto in qui quel qualcosa si è rivelato utile.
Se produrre una macchina con la metà della forza lavoro e con una settimana d’anticipo può risultare vantaggioso, è possibile che questo possa funzionare anche in una interazione sociale? A tale domanda ha tentato di rispondere la ByteDance, società Cinese attiva nel settore informatico dal 2012, anno della sua fondazione, che nel 2017 ha acquistato la piattaforma Musical.ly, trasformandola in TikTok.
TikTok è un social network attraverso la quale è possibile creare brevi clip, condivisibili poi sulla propria pagina. Il contenuto di tali clip è tendenzialmente ispirato a dei “trend”, sulla quale però torneremo a breve. I social network sono stati un fenomeno che, in termini di rivoluzione del modo di rapportarci tra noi, hanno rappresentato una “svolta” copernicana. Se in un primo momento tali piattaforme di condivisione erano più un passatempo che una necessità, man mano l’intero globo si è trovato ad esserne, ed è possibile affermare questa cosa senza troppi ripensamenti, totalmente dipendente.
Difficilmente qualcuno di noi è a conoscenza di una persona che non è iscritta almeno ad un social, e ancor più difficilmente che non ne fa uno smisurato uso quotidiano. Una veloce visione dei post, delle stories, ci permette di conoscere di qualcuno e della sua quotidianità in pochi minuti quasi tutto quello che c’è da conoscere, le sue passioni, le sue preferenze, tutto ciò che rappresenta la superficie di un individuo, ormai ben più ampia della profondità, è reperibile sul suo profilo.
Insomma, conoscerci è più facile, ma soprattutto più veloce. La velocità è un bene, certo, la comodità un lusso, senza dubbio, ma davvero tutto ciò che può essere velocizzato deve necessariamente esserlo? Il problema è che risparmiare tempo è diventato, senza che ce ne accorgessimo, una irrinunciabile necessità.
Tutto diventa ogni giorno più veloce, e noi ci sentiamo sempre più lenti, più indietro rispetto agli altri e ad una società che siamo costretti a seguire, senza neanche preoccuparci se quest’ultima rispetti quanto noi sentiamo di essere. Dobbiamo muoverci, non sappiamo dove, sappiamo solo che dobbiamo farlo nel minor tempo possibile.
E se da un lato è ormai chiaro che abbiamo perso i nostri tempi, in favore d’un tempo d’altri, dall’altro inizia a farsi sempre più vivo il rischio di perdere un altro aspetto determinante di ciò che siamo: la nostra originalità. Continuando a seguire per analogia i requisiti di un corretto utilizzo dei social ad un corretto comportamento nella società, è arrivato il momento di trattare dei “trend”.
La linea guida dei contenuti su TikTok è rappresentata dai trend, che potremmo definire come video guida da replicare nel miglior modo possibile, in modo tale da poter essere associati ad essi e partecipare del successo di questi. Per chi utilizza tale social non sarà raro imbattersi più volte nello stesso copione ma con attori diversi: questo perchè per sopravvivere all’interno della piattaforma, là dove la sopravvivenza è indicata dal successo delle proprie clip, è necessario rifarsi ad un modello preimpostato dettato dai “veterani” del social.
Non è l’originalità ad essere premiata, ma il perfetto inserirsi nel contorno disegnato per tutti. Come se ognuno ridisegnasse lo stesso disegno dell’altro fino al naturale esaurirsi della curiosità verso questo, curiosità che ormai dura poco più di una settimana. Ed è così che ogni giorno diventiamo più frettolosi, meno curiosi e, in un certo senso, meno “noi”.
Far parte della società diventa sempre più il rapporto tra la fretta con la quale facciamo le cose e l’omologazione con la quale le imitiamo, nella speranza di poter essere riconosciuti, nel minor tempo possibile, in una maschera che in effetti non ci appartiene, ma risulta molto più comoda del peso che avrebbe indossare il nostro viso.