Era anche sceneggiatore e costumista Joel Schumacher, l’eclettico regista cinematografico che si è spento il 22 giugno scorso, a 80 anni, nella sua New York, dove ha vissuto quasi tutta la vita.
Gay dichiarato, era nato il 29 agosto 1939 nella stessa città, figlio di Francis Schumacher, un Battista proveniente dal Tennesse, e di Marion Kantor, una ebrea di origini svedesi.
Era cresciuto in quella città come un “american mongrel (un bastardo americano)”, come si sarebbe autodefinito.
Il padre Francis era di religione Battista, una costola del protestantesimo anglosassone che ha origine nel puritanesimo inglese del XVII secolo, e si caratterizza per la pratica del battesimo in età adulta, disconoscendo quello ricevuto da neonati, che è considerato imposto dai genitori.
Quindi il bimbo crebbe in una famiglia dai rigidi principi cattolici, e in quell’epoca essere “diverso” dal punto di vista sessuale non rendeva la vita semplice; probabilmente quella diversità lo ha segnato per tutta l’esistenza, vissuta per strada quasi abbandonato a sé stesso.
Il padre morì quando Joel aveva solo quattro anni, e la madre dovette darsi da fare per mantenerlo agli studi, che portò avanti con successo.
Era appassionato lettore di fumetti, tra i quali quelii di Batman e Robin, e passava molti pomeriggi al cinema, le sue preferenze erano per Cary Grant a Audrey Hepburn; quel periodo fu importante per la sua formazione perché si appassionò alla cinematografia ed alla sceneggiatura, passione che avrebbe sfruttato in seguito
Completò gli studi nel 1965 alla Personal School of Design come disegnatore di abbigliamento e costumi, formazione che gli risultò utile quando intraprese la strada della cinematografia, sia come sceneggiatore e costumista che, successivamente, come regista.
Proseguì poi al Fashion Institute of technology.
Purtroppo negli anni ’60 era iniziata la sua dipendenza dalla droga, che aveva cominciato ad assumere fin da bambino, e rischiò di diventare pazzo; per un periodo visse tappato in casa al buio, con balconi e finestre oscurate, e usciva solo di notte.
Fortunatamente ebbe l’occasione di trasferirsi in California, dove le cose cambiarono totalmente; riuscì a disintossicarsi e a trovare interesse per lo spettacolo, pure se continuò a bere per ancora un ventennio.
Iniziava il periodo della cinematografia, che lo vide impegnato prima come sceneggiatore e costumista, poi collaborando a produzioni televisive, nonché a due film di Woody Allen, “Il dormiglione” nel 1973, “Interiors” nel 1978. Già del 1976 aveva scritto la sceneggiatura di un film a basso costo, “Car-Wash – Stazione di servizio” e collaborò ad altri film che però sono rimasti quasi sconosciuti.
Però già nel 1973 aveva partecipato come costumista al suo primo film importante, “Una pazza storia d’amore” di Woody Allen,.
Incomincia così ad avere contatti importanti e inizia la sua attività di regista, con il primo film del 1974, “The Virginia Hill Story” per la rete televisiva NBC.
Inizia a lavorare anche come sceneggiatore, nel 1976 con “Car wash”, nel 1983 con “D.C.Cab”, nel 1985 con “St. Elmo’s Fire” e nel 1987 con “Ragazzi perduti”.
Ma sono opere quasi sconosciute, e solo negli anni novanta dirige il primo film che gli da un vero e grande successo: “Un giorno di ordinaria follia”, del 1993, interpretato da grossi calibri come Michel Douglas e Robert Duval, due mostri sacri della cinematografia americana; per questo film, che lo fa conoscere al grande pubblico, riceve una nomination per la Palma d’oro al Festival di Cannes del 1993.
L’anno successivo lo scrittore di successo John Grisham gli affida la trasposizione cinematografica del suo romanzo-triller “Il Cliente”, e Joel sceglie come protagonisti altre due icone hollywoodiane, Susan Sarandon e Tommy Lee Jones; sarà candidato all’Oscar.
La filmografia di Joel Schumacher è limitata, in tutto ha diretto una ventina di film, qualcuno dedicato ai suoi eroi dei fumetti; non ha seguito un percorso che lo facesse individuare immediatamente dal grosso pubblico, probabilmente è stata una sua scelta per evitare che gli venisse appiccicata addosso una etichetta che lo avrebbe privato della libertà di espressione.
L’ultimo film diretto da Schumacher è stato “Trespass” nel 2011, che, nonostante i due attori principali fossero Nicole Kidman e Nicolas Cage, non ha avuto molto successo.
Anche se veniva considerato un regista d’esperienza, aveva dichiarato di sentirsi ancora un apprendista e di voler continuare a girare film perché, a suo dire, non aveva ancora girato la sua opera migliore. Ma dopo l’insuccesso di “Trespass” si chiuse nel silenzio ritirandosi a vita privata, e solo il suo recente decesso lo ha riportato alla cronaca.
Qualche tempo fa aveva dichiarato: “Io sono un ex hippie, i ragazzi scaturiti dalla nostra generazione sono molto ma molto più conservatori di noi. Negli Stati Uniti abbiamo una marea di problemi, i nostri figli sono ignoranti, il mondo che abbiamo creato è cinico, affarista e spietato… Spero che alla prossima generazione vada meglio”.