scritto da Redazione Ulisseonline - 19 Maggio 2021 11:58

A colloquio con Carlo Panzella: “Questa mi sembra la più scadente Amministrazione degli ultimi 30 anni”

“Già all’inizio del 2020, facendo un bilancio della prima Amministrazione Servalli, si poteva parlare di una città fra le braccia di Morfeo”

 

Il viaggio di Ulisse alla ricerca della buona politica continua incontrando una personalità dall’intelligenza vivace e che non le manda a dire: Carlo Panzella.

Nato nel 1947, laureato in matematica, sposato con una figlia ed una nipotina, Carlo Panzella è stato professore e poi informatico nella società Metelliana ed infine capo dello staff del sindaco Gravagnuolo, vecchio compagno di militanza nella IV Internazionale, fino all’inizio della seconda  campagna elettorale alla quale non partecipò. Creatore e gestore dal 2004 del sito Porticando.it, archivio fotografico di cavesi dal 1900 in poi.

Un giudizio sereno e spassionato sull’attuale Amministrazione in questi primi mesi del secondo mandato del sindaco Servalli.

È difficile per me esprimere giudizi politici spassionati, ma ci provo. Già all’inizio del 2020, facendo un bilancio della prima amministrazione Servalli si poteva parlare di una città fra le braccia di Morfeo. Niente di sostanziale era cambiato in cinque anni se non una significativa esternalizzazione dei servizi e degli interventi sul territorio. Sul volto della bella addormentata erano ancora visibili i segni di una antica signorilità, ma villaggi e quartieri poco puliti, il traffico sempre più ingovernabile, la gestione sciatta o volutamente distratta del patrimonio comunale, lo stato delle strade e dei marciapiedi, la situazione delle strutture sanitarie, la macchina comunale sempre uguale a se stessa erano rughe sempre più profonde. Poi venne il covid e la politica del dire, giocoforza, sostituì la politica del fare; ed in questo Servalli, come il suo referente politico regionale, fu bravo e la strada per rivincere le elezioni divenne più agevole. Ma quando è venuto il momento di prendere decisioni per la ripartenza, quando sarebbe stato necessario orientare tutta la macchina comunale ed amministrativa in direzione della campagna di vaccinazione e della sicurezza dei cittadini, quando sarebbe stato indispensabile pensare a nuovi strumenti di orientamento e persuasione delle persone, vi sono state soltanto confusione, un colpevole appiattimento sulle decisioni delle autorità sanitarie locali, oltre a delibere giustamente impopolari, inefficienza nel far rispettare le disposizioni, superficiale gestione dei lavori pubblici ed opache vicende personali.

Tutto sommato, questa mi sembra la più scadente amministrazione degli ultimi 30 anni.

 

“C’è da riflettere su come il populismo da noi non abbia indossato una camicia verde, ma un vestito marrone fintamente monacale”

 

E un giudizio nel suo insieme sulla classe politica cittadina emersa dalle ultime elezioni comunali?

Sì, forse c’è qualche volto nuovo, ma resta il fatto che 432 candidati consiglieri determinano a dir poco 10.000 voti, diciamo così, dettati da rapporti parentali o professionali. Quando la quantità si sostituisce alla qualità i buoni frutti sono difficili da ottenere. Non è solo un problema della nostra città, ma c’è una modalità tutta cavese di assimilare le tendenze politiche nazionali. C’è da riflettere per esempio su come il populismo da noi non abbia indossato una camicia verde, ma un vestito marrone fintamente monacale. È la dimostrazione di come nuovi protagonisti della politica, nel bene e nel male, possano nascere solo da aggregazioni di cittadini e movimenti di massa. In fondo, furono la crisi delle associazioni contadine, la chiusura della manifattura e della Di Mauro, la fine dell’associazionismo laico e cattolico, le cause principali dell’infiacchimento della nostra classe politica.

La crisi dei partiti e della politica è evidente, ma sembra andata in tilt l’intera società civile che si rifugia sempre più nell’agorà virtuale dei social, i quali hanno sì un ruolo e una loro indubbia forza, ma che alla lunga si limitano a dare voce alla protesta rivelandosi così spesso autoreferenziali, se non scadono addirittura in vomitatoi di inusitata violenza verbale…

Anche qui forse possiamo parlare di una specificità tutta nostra. Un certo fastidio della “intellighenzia” cavese per la contaminazione politica risale ai tempi di Abbro ed i tentativi di Fiorillo, Messina e Gravagnuolo di un coinvolgimento sono sempre falliti, forse perché nemmeno questi nostri sindaci ci credevano fino in fondo: il cemento ed il commercio erano il faro accecante per la politica cittadina. Abbiamo sempre pensato che la nostra storia, il nostro senso di ospitalità, la bellezza dei nostri luoghi fossero la giusta medicina contro i pericoli e le insidie del cambiamento. Come in un racconto di Poe ci chiudevamo nel nostro castello e nel nostro Monte Castello sperando che i pestiferi rumori del mondo circostante in movimento ci giungessero molto attutiti; e mentre noi ci guardavamo allo specchio, le nostre fabbriche e le nostre aziende sparivano, i consorzi e le cooperative si polverizzavano e lo stesso commercio subiva una profonda trasformazione con l’ingresso di operatori non più legati alla città e alle tradizioni del nostro territorio. I numerosi social SEI DI CAVA SE ai quali sono iscritti migliaia di nostri concittadini sono la chiara manifestazione del disagio che noi cavesi proviamo di fronte al sonnolento sopravvivere della nostra comunità.

“Le piazze virtuali deresponsabilizzano i partecipanti, banalizzano il dibattito, spingono a forsennati schiacciamenti di tasti”

 

Nella nostra città come si può portare la politica, la buona politica, nuovamente al centro del dibattito cittadino e come strumento di confronto e di costruzione? Ammesso che questo sia possibile….

E, impresa forse ancora più ardua, come favorire la crescita e l’emergere di una classe politica cittadina che abbia un livello medio di maggiore competenza, preparazione, lungimiranza…

A Cava come e più di altre città sia la piazza centrale che quelle più periferiche sono sempre state per il passato il luogo principale di aggregazione sociale e di raccoglimento della comunità, l’antica αγορά dove si discuteva in piccoli o grandi capannelli e ci si confrontava sulla vita economica e sociale del borgo e dei villaggi; poi tornando a casa si aveva modo di riflettere su quanto detto, ascoltato e visto. Le piazze virtuali invece deresponsabilizzano i partecipanti, banalizzano il dibattito, spingono a forsennati schiacciamenti di tasti, ammucchiano piccole e grande questioni in un cumulo caotico lasciando scarso spazio e poco tempo all’approfondimento e alla creazione di una memoria collettiva.

“Non esiste un futuro di buona politica senza partecipazione reale”

 

Non esiste un futuro di buona politica senza partecipazione reale, senza dare ai cittadini, alle associazioni, ad iniziative di solidarietà, ai circoli culturali, alle piccole compagnie di teatro, a scrittori, poeti, artisti, musicisti e lettori, ai giovani volenterosi o sognatori la possibilità di usufruire agevolmente di spazi di aggregazione. La prima cosa da fare è ripensare la gestione del patrimonio comunale spesso abbandonato a se stesso o affidato ad associazioni fantasma, se non addirittura ridotto all’uso personale di personaggi appartenenti a qualche clientela politica. Non è il bacio magico del principe/sindaco di turno il sistema per risvegliare la nostra città dormiente, ma il primo passo necessario per la ripartenza è restituire alla città il piccolo teatro, la mediateca, Santa Maria al Rifugio, San Giovanni, le case comunali dei villaggi, gli innumerevoli locali sparsi in centro e nelle contrade.

“Il pericolo più grande quando si gestisce il palazzo comunale è sempre quello di diventare sordi”

 

Secondo lei, quali requisiti di base, irrinunciabili, dovrebbe avere chi si propone come amministratore della nostra città, soprattutto in questi tempi bui e di vacche magre, dove c’è poco da distribuire e molto da chiedere alla comunità?

Mi piacerebbe un candidato Sindaco che si presentasse alle elezioni con un proposta di giunta già definita, con una sola lista di appoggio, con proposte precise e non generiche sul cambiamento della macchina comunale e sul ruolo delle partecipate, con idee ben chiare sul rafforzamento della sanità territoriale e su altri temi fondamentali, che nella stesura di ogni delibera si chiedesse quali vantaggi porterebbe ai nostri ragazzi, ai giovani e anziani lavoratori senza tante tutele, alle categorie dei cavesi più in affanno, alla vivibilità  e al decoro dei nostro territorio. Un sindaco ed amministratori attenti ad ascoltare anche le voci più flebili dei cittadini, perché quando si gestisce il palazzo comunale il pericolo più grande è sempre quello di diventare sordi. (foto Aldo Fiorillo)

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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