Prescrizione, una diavoleria tutta italiana
Il Presidente della Unione delle Camere Penali, in una intervista di giovedì 13 febbraio rilasciata a Radio 24, ha candidamente dichiarato che del testo delle nuove norme sulla prescrizione, redatto dal Guardasigilli Bonafede e difeso a spada tratta dal Premier Conte, lui non ci ha capito niente.
E’ opportuno ricordare che l’Unione delle Camere Penali Italiane, fondata nel 1982, è una associazione di penalisti cui aderiscono 131 Camere Penali territoriali: ad esse sono iscritti più di 8000 avvocati penalisti.
Quindi è l’organo più competente in materia di procedimenti penali nel nostro paese, e se il suo Presidente dichiara di non aver capito niente della riforma Bonafede/Conte c’è da riflettere parecchio.
Poveri noi: se non hanno capito niente i penalisti, immaginiamo cosa può aver capito il cittadino, che alla fine è il destinatario finale di quelle norme.
Ma gli avvocati penalisti sono in buona compagnia di quasi tutti i parlamentari di tutti gli schieramenti politici, che si sono pronunciati contro queste norme, e pure volendo lasciar perdere quelli di Forza Italia, che probabilmente le criticano per “ragioni di bottega”, tutti gli altri che le criticano e le ostacolano non hanno analoghi interessi; e giacché lo schieramento dei contrari è veramente ampio e variegato, vuol dire che effettivamente quelle norme non vanno bene o, come dice qualcuno, sono un “pastrocchio”.
Non saremo certamente noi, umili cronisti di provincia, a tentare di far capire qualcosa del complesso meccanismo, ma vogliamo solo tentare di fare un poco di chiarezza su questa questione che sta infiammando le cronache quotidiane più del micidiale Corona-virus che a tanti non fa dormire sonni tranquilli.
Dal 1° gennaio 2020, è entrata in vigore la cosiddetta “riforma Bonafede” (legge n. 3 del 2019), varata dal precedente governo Lega-M5s; sulla base della stessa è cambiato il regime della prescrizione.
Questa riforma ha creato forti contrasti all’interno della maggioranza Pd-M5s-LeU-Italia Viva.
Chi l’ha contrastata più di tutti è stato l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi il quale, nonostante faccia ancora parte dell’attuale governo, ha mostrato una ferma contrarietà alla stessa e alla linea di quella parte del governo che fa capo a Conte e al M5S; più defilati, ma non meno critici, si sono mostrati anche PD e Leu, e lo stesso M5S; ma Conte e Bonafede si sono irrigiditi e il 13 febbraio 2020 il CdM, assenti i Ministri Renziani, ha approvato un disegno di legge per apportare alcune modifiche alla cosiddetta “legge Bonafede” proprio in merito alla prescrizione.
Ovviamente l’assenza dei Renziani non è stata gradita dal Premier il quale, irritato, ha minacciato una crisi di governo e si è sentito più volte col Presidente Mattarella: segno che effettivamente spira un vento di crisi in quanto sembra che la corda è talmente tesa che stia per spezzarsi.
Lo stesso Renzi, che finora ha fatto fuoco e fiamme, sembra che nelle ultime ore si sia lievemente ammorbidito, probabilmente perché si è reso conto che a nessuno può convenire una definitiva rottura, che potrebbe preludere a elezioni anticipate, dalle quali il suo partito potrebbe uscire molto male, considerato che l’attuale soglia di sbarramento per entrare in Parlamento è fissata al 3% e non è detto che Italia Viva la superi; pertanto Renzi, che è testardo ma non stupido, sta ammorbidendo i toni, almeno per scongiurare la crisi.
E se tanto mi dà tanto, lo spauracchio delle elezioni sembra allontanarsi, e da tutto questo bailamme alla fine l’unico che ci avrà guadagnato, per un verso o per l’altro, probabilmente sarà stato lo stesso Conte in quanto a prestigio.
Senza entrare in dettagli tecnici, vediamo brevemente qual è l’oggetto del contendere per poi analizzare il dibattito in corso con alcuni temi emersi nelle ultime settimane.
La prescrizione, come tutti sanno, è un Istituto giuridico che riguarda gli effetti giuridici del trascorrere del tempo su un procedimento giudiziario; esso vale sia nel diritto civile che in quello penale.
Nel diritto civile prevede la estinzione di un diritto soggettivo non esercitato per un periodo previsto dalla legge: se, ad esempio, un creditore deve incassare una somma, ma non si attiva entro un certo tempo, rischia di non poterlo fare più.
Nel diritto penale, invece, la prescrizione determina la estinzione di un reato dopo un determinato tempo trascorso inutilmente senza che sia giunti al processo. Una prescrizione troppo o troppo corta è penalizzante per chi è in attesa di giustizia, in quanto in un caso o nell’altro rischia di concludersi con un nulla di fatto.
Il superamento del termine di prescrizione determina la estinzione del reato, che è la cosa più ingiusta che grava sul cittadino, sia attore sia vittima, in quanto gli impedisce di giungere alla verità, almeno quella giudiziaria.
E’ da tener presente comunque che non tutti i reati penali cadono sotto la mannaia della prescrizione, sono esclusi quelli più gravi, specialmente quelli che prevedono l’ergastolo, i quali non si prescrivono mai.
Ovviamente il campo più sensibile è quello penale in quanto in esso si gioca con la libertà delle persone, e troppo spesso è capitato che la vicenda si sia conclusa con un nulla di fatto per intervenuta prescrizione; ed è per evitare questa “ingiustizia” che in tanti si sono impegnati a trovare una giusta mediazione tra la prescrizione lunga e quella corta, finora con scarsi risultati.
Anche il precedente governo Lega-M5S si è adoperato a farlo producendo la “legge Bonafede” entrata in vigore il 1° gennaio 2020, la quale prevede la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado; dal che i critici sostengono che in tal modo i processi potrebbero durare una eternità.
Per dirimere il contrasto tra i fautori delle due contrapposte posizioni il Premier Conte, vincendo anche qualche resistenza dello stesso Bonafede, ha proposto un suo “lodo”, prevedendo che il «corso della prescrizione rimanga sospeso dalla pronunzia della sentenza di condanna di primo grado fino alla data di esecutività della sentenza, e riprenda il suo corso e i periodi di sospensione siano computati, quando la sentenza di appello proscioglie l’imputato».
Ciò sta a significare che se un imputato, condannato in primo grado, viene assolto in appello, la prescrizione riprende il suo corso nell’eventuale giudizio di Cassazione.
Ma nemmeno questa soluzione soddisfa Italia Viva, nonostante, dai calcoli fatti, sembra che riguardi casi numericamente limitati. Facendo riferimento ai dati del 2017 (gli ultimi aggiornati), la prescrizione così com’è ha riguardato il 13% dei processi, se venisse introdotto il “lodo” Conte riguarderebbe il 3%.
Nel 2017 sono stati definiti circa un milione di processi. La prescrizione ha portato alla definizione di meno del 13 per cento del totale: ma soprattutto la prescrizione che verrebbe introdotta con il “lodo” Conte ne interesserebbe circa il 3 per cento.
C’è anche da considerare che la riforma, dopo la modifica introdotta dal “lodo” Conte, allineerebbe il nostro paese ai principali paesi della U.E., mentre quello entrato in vigore il 1° gennaio 2020 rappresenta una anomalia nel panorama europeo. Si tenga conto che in Francia, in Germania e in Spagna, la regola è che la prescrizione si interrompa o dopo la sentenza di primo grado o al compimento di determinati atti processuali. Quindi, in concreto, se il processo va avanti – anche lentamente – è materialmente impossibile che sopraggiunga la prescrizione: l’attuale modifica ci allineerebbe a quello tedesco.
Chi e cosa hanno portato il nostro paese alle anomalie precedenti al governo giallo-verde sarebbero stati i governi dell’ultimo ventennio, prevalentemente a guida Berlusconi, che avrebbe approfittato del suo ruolo per difendersi dai processi intentati contro di lui, ma non è immune di responsabilità anche l’opposizione per non averglielo impedito.
Ma questa lettura è in parte falsata da disinformazione e risentimenti giacché queste anomalie risalgono ai tempi del fascismo, durante il quale la pesante ingerenza del regime nel settore della giustizia risolveva i problemi in un senso o nell’altro; prescrizione brevissima o inesistente per gli amici, lunghissima e indefinita per gli altri.
Per tornare ai nostri giorni è palese che in Italia il problema prescrizione, legato al problema della lunghezza dei processi e delle enormi carenze del settore della giustizia, esiste, tant’è che anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci ha più volte condannati; In Italia il primo grado dura più che in altri paesi europei, siamo al penultimo posto, ci seguono solo Cipro e Irlanda.
Ci rendiamo conto che l’argomento andrebbe ulteriormente approfondito, ma rischieremmo di infastidire i lettori, già frastornati dall’enfatizzazione che si è data a questo argomento, che ha fatto passare in secondo piano argomenti certamente più pregnanti, e non possiamo esimerci dal temere che la grancassa battuta sul problema prescrizione sia stata voluta per distogliere l’attenzione da altro: economia stagnante, lavoro insufficiente, disagio sociale, coronavirus, stragi in varie parti del mondo, fame e miseria di intere popolazioni.
Il vero problema, per tornare all’argomento, è un sistema giustizia che fa acqua da tante parti, e che andrebbe totalmente riformato, e non partendo dalla prescrizione, ma da una regolamentazione efficace dell’iter giudiziario non disgiunta dal potenziamento delle strutture giudiziarie che quel sistema debbono far funzionare.
Se non si parte da questo, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, e non c’è Conte, Bonafede, Renzi o chi per essi che con le proprie impuntature fanno finta che le cose cambieranno, ben sapendo che non sarà così: il toppa copri toppe non ha mai definitivamente soppresso il buco.
E’ solo fumo e tale rimarrà, purtroppo.
17.02.2020 – Errata-corrige. Nel diritto penale, invece, la prescrizione determina la estinzione di un reato dopo un determinato tempo trascorso inutilmente senza che sia giunti al processo. Una prescrizione troppo o troppo corta è penalizzante per chi è in attesa di giustizia, in quanto in un caso o nell’altro rischia di concludersi con un nulla di fatto. Scusate il refuso. Nino Maiorino
17.02.2020 – Errata-corrige. Nel diritto penale, invece, la prescrizione determina la estinzione di un reato dopo un determinato tempo trascorso inutilmente senza che sia giunti al processo. Una prescrizione troppo lunga o troppo corta è penalizzante per chi è in attesa di giustizia, in quanto in un caso o nell’altro rischia di concludersi con un nulla di fatto. Scusate il refuso. Nino Maiorino