scritto da Tina Contaldo - 13 Giugno 2025 07:39

Diritti umani e consapevolezza: nella prospettiva dell’immigrazione

Non esiste un sistema di leggi che stabilisca che l'immigrazione sia un diritto, ma al contrario, l'immigrazione è solitamente il risultato degli effetti della povertà e delle guerre civili e non

La percezione che i migranti siano privi di legittimità ha contribuito in modo determinante al problema della condizione degli immigrati e dei rifugiati che raggiungono l’Unione Europea.

Ciò è stato all’origine delle loro difficoltà economiche e geopolitiche, sia percepite che reali, e potrebbe costituire un nuovo punto di riferimento per lo stato di transnazionalità. Quindi, dalla prospettiva della “loro condizione”, dobbiamo anche riformulare i concetti di diritti umani e del cosiddetto “stato di emergenza”.

Questo è ciò che viviamo oggi. È una ferita che sanguina rapidamente ed è lenta a guarire. È la nostra società moderna. Questo “stato di cose” solleva il problema di come percepiamo le persone, la loro condizione fisica e il rispetto delle loro culture. Viviamo in condizioni di quasi uguaglianza. Ma è chiaro che non siamo il risultato dell’uguaglianza. Molti rifugiati hanno viaggiato per essere soccorsi dall’UE, principalmente in Italia e Grecia.

La storia ci dice che questi due paesi hanno qualcosa in comune: la democrazia.  In nome di essa questi due paesi hanno accolto tutti i migranti che potevano. Nel farlo hanno dovuto affrontare le proprie crisi economiche interne e allo stesso tempo questi popoli hanno lottato arduamente per prendersi cura delle nuove vite con cui si trovano a confrontarsi -tra cui le più indifese – donne e bambini. Inoltre, la popolazione italiana sta diventando più giovane e questo significa più “bocche da sfamare”, mentre allo stesso tempo, sia in Italia che in Grecia, i governi devono cercare costantemente nuove soluzioni alle sfide che si presentano loro, oltre alle politiche interne dei loro paesi e nel farlo si allontana sempre di più il sogno dell’Unione Europea.

In Italia rimane il 7% dei rifugiati iniziali; gli altri sono ora distribuiti in Svezia, Ungheria, Austria e Grecia. Ma questa stabilità apparente e precaria è vulnerabile a circostanze in rapido cambiamento: per molti un futuro collasso è visto solo come una questione di tempo. Migliaia di migranti continuano ad attraversare il Mar Egeo e il Mar Libico alla ricerca di una vita migliore, e intanto, il vice presidente del Consiglio Salvini afferma che “l’immigrazione non è un diritto”. Non esiste un sistema di leggi che stabilisca che l’immigrazione sia un diritto, ma al contrario, l’immigrazione è solitamente il risultato degli effetti della povertà e delle guerre civili e non.

Qual è la differenza tra avere un diritto e farlo valere?

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