Ieri, dalla stazione Tiburtina di Roma, Matteo Renzi ha preso il treno con in quale per otto settimane, quindi in due mesi, toccherà 107 province italiane. Quelle stesse province che ha tentato di cancellare come enti territoriali. Il viaggio che Renzi farà sull’intercity preso in affitto da Trenitalia ha un nome un po’ scontato per un comunicatore come lui: “Destinazione Italia”.
Per farla breve, è ufficialmente iniziata la campagna elettorale per le prossime politiche.
Renzi ha spiegato che punta ad entrare nei problemi veri degli italiani e la sua sarà “una campagna di ascolto”.
Il proposito è indiscutibilmente buono, ma più di un dubbio è lecito in proposito. E non solo perché, come succede un po’ per tutti, le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Il guaio è che Renzi strutturalmente pare assai poco portato all’ascolto. E’ molto più probabile che, nel suo viaggio, ad ascoltare il suo inarrestabile e incontenibile profluvio di argomentazioni, slogan, attacchi, promesse, incitamenti, saranno gli altri, i militanti pd e i semplici cittadini.
Renzi, oramai, è carta conosciuta. E’ acclarata la sua straordinaria tempra, la sua capacità di comunicare, le sue apprezzabili audacia e intraprendenza, le sue indiscutibili doti politiche e il suo piglio nel comando. In una parola, gli va riconosciuto il coraggio e l’abilità di essere un leader a tutto tondo. Allo stesso modo, però, l’arroganza, l’eccesso di esuberanza e a volte la maleducazione, gli fanno sempre buona compagnia, ma anche la fregola e l’approssimazione. La nuova legge elettorale approvata alla Camera la scorsa settimana ne è l’ennesima riprova, sia per i contenuti che per le modalità con cui è stata licenziata dai deputati, a dimostrazione che la lezione avuta con il disastroso esito del referendum costituzionale gli ha insegnato ben poco e quel poco forse è stato elaborato anche male.
Certo, è anche vero che questo nostro Paese e la politica italiana, con i suoi riti e i suoi porti franchi, necessita di una scossa, di una resettata, di una radicale azione di rinnovamento tanto nei contenuti quanto nel personale. Il problema, per Renzi però, è che il Pd di cui è il segretario politico nazionale è partito di governo, anzi, è il governo di questo Paese. Questo per dire che Renzi si deve rassegnare, almeno fino a quando il suo partito sarà nella stanza dei bottoni, ad avere un profilo istituzionale, quindi, dialogante, riflessivo, equilibrato, paziente, accurato, profondo… Insomma, leader e non ducetto, autorevole ma non prevaricatore, innovatore e non sterminatore, riformatore ma non demolitore, responsabile e non superficiale, giovanile ma non giovinastro. In breve, credibile e affidabile.
Questo, però, forse sarebbe un altro Renzi, che non c’è e molto probabilmente mai ci sarà. Tuttavia, in questo Paese di mummie e mezze tacche veder sprecata la prodigiosa energia di Matteo Renzi è davvero un peccato mortale…