Cava de’ Tirreni, Massimo Mariconda: «Il Comune spende, l’Amministrazione Servalli vende”
Molti si chiedono con quale credibilità, in pendenza di un accertamento sulla definitiva consistenza degli ammanchi registrati nelle casse del Comune, l'Amministrazione Servalli, tradendo il mandato di programma con il quale aveva chiesto la fiducia dei Cavesi e nel quale non si rinviene traccia tra i punti programmatici della vendita del patrimonio comunale, persevera nella vendita sconsiderata dei beni che appartengono a tutti i cittadini.

Le recenti notizie di ulteriori pubblicazioni di bandi per la vendita di beni del patrimonio comunale non solo lasciano stupefatti ed indignati molti cavesi ma suggeriscono una serie di interrogativi che, oramai, si pongono non più solo gli addetti ai lavori ma anche semplici cittadini.
Molti si chiedono con quale credibilità, in pendenza di un accertamento sulla definitiva consistenza degli ammanchi registrati nelle casse del Comune, l’Amministrazione Servalli, tradendo il mandato di programma con il quale aveva chiesto la fiducia dei Cavesi e nel quale non si rinviene traccia tra i punti programmatici della vendita del patrimonio comunale, persevera nella vendita sconsiderata dei beni che appartengono a tutti i cittadini.
Domande legittime soprattutto perché oggetto di vendita al pubblico incanto non sono piccoli cespiti del patrimonio disponibile comunale di scarso valore, irrilevante ubicazione, destinazione d’uso residuale e scarso stato di conservazione (la cui vendita, in via astratta, potrebbe rispondere anche ad un principio di razionalizzazione dei costi e di ottimizzazione gestionale) ma di beni di riconosciuto valore architettonico e aventi destinazione pubblica quali il Palazzo Buongiorno, ovvero aree di valenza strategica quali l’area ex velodromo o ancora strutture come l’ ex Casa Rossi, anch’essa di evidente pregio architettonico ed elemento identitario della città.
Beni la cui provenienza deriva, sovente, da lasciti di generosi benefattori che, in segno di amore per la città, li hanno devoluti all’Amministrazione con il vincolo (morale e giuridico) di metterli a servizio della collettività: di tanto si da evidenza espressamente nella volontà testamentaria riportata negli atti di donazione.
Beni che, per effetto di un sempre più massiccio ed indiscriminato piano delle alienazioni, vengono puntualmente sacrificati per una immediata esigenza di cassa al solo scopo di rientrare dal disavanzo accumulato negli anni.
La beffa, tuttavia, in questo caso risiede proprio nelle motivazioni delle vendite che, a detta dell’amministrazione Servalli, rispondono alla necessità di ottemperare agli impegni di rientro assunti in sede di adesione al piano di riequilibrio pluriennale.
Un piano, giova ricordarlo, che diversi consiglieri hanno avversato, in quanto ritenuto non opportuno e non necessario finanche da membri della stessa maggioranza.
Alla luce delle sopravvenienze, ovvero degli ammanchi dalle casse comunali, di cui resta ancora indefinita sia la consistenza che gli esercizi finanziari a cui imputare la competenza di uscita, la vendita del patrimonio comunale, così strenuamente difesa dal Sindaco Servalli e con protervia portata avanti quale principale strumento di risanamento del bilancio comunale, appare del tutto inopportuna.
Invero, un criterio di buon senso imporrebbe ad una Amministrazione oculata di provvedere alla sospensione di tutti i provvedimenti di vendita proprio nelle more degli accertamenti contabili in corso volti, in prima istanza, ad accertare la attendibilità dei bilanci approvati.
Proprio quei bilanci basati su viziati accertamenti di residui che potrebbero costituire elemento concreto di pregiudizio alla validità del piano di riequilibrio approvato tanto da suggerire la opportunità di valutare, nell’interesse della città, un riesame del procedimento.
Una rivalutazione dell’intero iter procedimentale che potrebbe interessare anche una esame di merito sulla legittimità dei discendenti impegni assunti a garanzia del rientro dal debito certificato sulla base delle risultanze contabili esposte.
Insomma, pur a fronte di azioni e sollecitazioni poste in essere da vari consiglieri e associazioni l’Amministrazione, con protervia e con motivazioni inconsistenti, senza mai aprirsi alla possibilità di sospendere se non il piano le azioni conseguenti allo stesso, persevera nella sua azione di vendita che, ai più, appare non solo immotivata ma del tutto inopportuna
Inopportuna, per il quadro di contesto, ancora incerto e nebuloso nella quale si inserisce; incomprensibile, per le motivazioni a supporto fornite ripetutamente dal Sindaco Servalli; intempestiva, considerato che manca meno di un anno dalla scadenza naturale del secondo mandato.
Vendere il patrimonio comunale, reiterando peraltro aste già andate deserte, espone non solo l’amministrazione ad una vendita al ribasso dei beni di pregio prestando il fianco a speculazioni private a detrimento della collettività che sarà complessivamente più povera a causa del depauperamento del patrimonio comunale con rinuncia definitiva a beni di pregio che non solo concorrono alle voci in entrata dei bilanci, in quanto suscettibili o già fonte di reddito, ma che concorrono al valore complessivo dei beni comuni quale garanzia reale per l’ente ai fini della accensione di mutui.
Ma il pregiudizio maggiore resta quello di privare la città di aree ed infrastrutture destinate a servizi per la collettività rinunciando a beni suscettibili di valorizzazione; con ciò privando le future amministrazioni di cespiti strumentali alla crescita della città mediante interventi realizzabili con finanziamenti pubblici.
Può, vien da chiedersi, una Amministrazione oramai sul viale del tramonto e sempre più priva della fiducia dei cittadini, operare in via unilaterale scelte in grado di ipotecare il futuro della città pregiudicando l’operatività e la capacità programmatica delle future amministrazioni?
Domande quanto mai attuali alle quali piuttosto che risposte astratte, evasive e fuorvianti, sarebbe auspicabile attendersi azioni conseguenziali concrete.
Nota a margine:
spesso appaiono sconcertanti i pareri favorevoli resi dalla Sovrintendenza ai soggetti pubblici anche rispetto a beni meritevoli di tutela, rispetto a posizioni ben più restrittive ed a volte incomprensibili rese ai privati.
Ing. Massimo Mariconda