La lunga e corposa intervista all’ex sindaco metelliano Alfredo Messina, pubblicata oggi dal nostro giornale, offre non pochi spunti di riflessione. E non potrebbe essere altrimenti, in quanto Alfredo Messina conosce a fondo la nostra città così come l’ente Comune dopo esserne stato per vent’anni dirigente e per poco meno di quindici anni amministratore, ma soprattutto primo cittadino per quattro. Non è un politico, almeno non lo è di professione, ma dopo aver vissuto “pericolosamente” gli ultimi anni nell’agone politico, ormai di politica ne mastica abbastanza per dire cose apprezzabili e fondate.
Avendo condiviso con lui un bel po’ di vicissitudini, non mi sorprende, anzi, condivido appieno la sua valutazione sui punti di forza e di debolezza dei cavesi, ai quali riconosce da un lato “uno spiccato spirito di iniziativa ed emergono nei diversi campi di attività, più spesso lontano dal nostro territorio comunale, costituendo lustro e vanto per l’intera nostra collettività”, dall’altro, però, non si nasconde che molti altri cavesi sono invece “rimasti chiusi in se stessi e non amano confrontarsi con l’esterno e, quantomeno, con le realtà limitrofe, ritenendo tuttora di essere con la loro città l’“ombelico del mondo””.
Un lettura all’apparenza contraddittoria, ma che corrisponde alla realtà dei fatti. Quella di apparire una società chiusa è un dato di fatto, caratterizzato dal sentirci come cavesi quasi “antropologicamente” superiori a chi e a ciò che ci circonda.
E’, il nostro, indubbiamente un limite. Stiamo affondando in un provincialismo superbo che ci penalizza, perché crediamo di essere migliori e diversi, dando per scontato che l’eredità storica, culturale, economica, lasciataci dai nostri avi, anche recenti, non debba invece essere gelosamente custodita, conservata, ma anche e soprattutto quotidianamente curata, arricchita, sviluppata, promossa. Per dirla tutta, ci aggiungiamo anche una supponenza che ci porta a vivacchiare sugli allori del passato, tradendo così quel lascito di coraggio, di umiltà, di intraprendenza, di abnegazione, che i nostri avi ci hanno generosamente donato.
Oddio, in tanti aspetti, come cavesi possiamo ancora menare vanto delle nostre tradizioni, della nostra qualità della vita, della tenuta sociale della nostra comunità, ci mancherebbe. Siamo ancora, grazie a Dio, una società evoluta ed invidiata. Tuttavia, è innegabile che ci stiamo lentamente omologando a realtà che fino a poco tempo, come dire, guardavamo dall’alto in basso, le quali, al contrario, in questi ultimi anni sono cresciute e stanno crescendo a trecentosessanta gradi, ed alcune di loro anche in modo rilevante. Insomma, dobbiamo rassegnarci, come cavesi stiamo perdendo punti e stiamo scivolando verso un livellamento per noi non particolarmente entusiasmante. D’altro canto, basta vedere anche un po’ il grigiore culturale di quest’estate cavese, non molto diversa, in verità, da quelle che l’hanno preceduta almeno negli ultimi sette-otto anni. Nessuna manifestazione di rilievo, anzi, il nulla o quasi, nonostante un assessorato ai grandi eventi (sic!). Tolte un po’ di manifestazioni folcloristiche grazie all’impegno di alcune realtà associazionistiche di tutto rispetto e un po’ di buona musica proposta da Felice Cavaliere, resta ben poco, come, per fortuna, l’economia mossa dalla movida, ma che di culturale non ha nulla. Per il resto non c’è alcunché di rilevante, mentre agli onori della cronaca salgono, tralasciando Ravello e Positano, realtà come Baronissi e Villammare, Teggiano e Vietri sul Mare, Praiano e Tramonti, Serramezzana e Sapri…
Per il resto che dire? Come suggerisce Messina, tornerebbe utile a noi cavesi ritrovare l’umiltà dei nostri padri e a confrontarci e interagire con chi ci circonda. Aggiungeremmo, però, anche l’impegno a chiarirci un po’ le idee tra noi cavesi, per intenderci, magari dopo esserci pure accapigliati, su quali debbano essere le direttrici di marcia per lo sviluppo futuro della città. La verità è che, purtroppo, non si discute più, ma si blatera a più non posso, non ci si confronta più, ma ci si scontra al color bianco e senza costrutto, non si progetta, bensì si vive immersi nel quotidiano più avvilente. E a ciò non supplisce la presenza di una leadership politica vera, conclamata, condivisa.
E alla fine, come sostiene Messina, Cava è diventata come una bella donna matura, ma dormiente… “perché ormai non è più una città vivace, non vi sono più gli entusiasmi, le iniziative le manifestazioni che connotavano la vita cittadina nell’ottocento e nel novecento fino agli anni ‘70 dandole lustro”.
Questo è. Per non farla diventare una condanna senz’appello, tocca a noi cavesi darci una mossa.
25/08/2018 – by Nino Maiorino – Ottima intervista all’avv. Messina, che ha efficacemente ricordato il passato della città, le cose buone fatte, e le attuali scarse prospettive future: assolutamente condivisibile. Come pure assolutamente condivisibile il commento del Direttore Petrillo che all’epoca fu diretto collaboratore del bravo Sindaco Messina le cui indicazioni dovrebbero essere tenute in grande considerazione dagli attuali governanti i quali, nell’interesse della città, dovrebbero partire da quei suggerimenti per costruire un nuovo futuro. Mi auguro che lo facciano.