La “Piccola Svizzera”, un piccolo mondo antico metelliano che non c’è più
L’intervista di Ulisse sulla città che pubblichiamo oggi, vede protagonista un educatore con un passato politico di tutto rispetto nella prima repubblica. Stiamo parlando di Pier Vincenzo Roma, persona colta e perbene, un osservatore schivo ma molto attento tanto della politica cittadina che di quella nazionale.
Le sue risposte sono tutte da leggere e tenere bene in mente come insegnamenti, soprattutto quelle che concernono i vizi, i limiti di noi cavesi.
Pier Vincenzo Roma, infatti, tra i nostri punti deboli individua “le eccessive lotte intestine e la facile invidia, difetto riscontrabile quando parte qualche iniziativa: spesso ne nasce un’altra di segno uguale o contrario e non si cerca invece di fare blocco”.
Come dargli torto. Siamo, indubbiamente, una città culturalmente vivace, ma patologicamente individualista, con una spiccata tendenza alla faziosità. L’esempio più eclatante suggerito da Roma è quello del folclore, un nostro punto di forza che però, per questa vocazione alla partigianeria, non riesce ad affermare i suoi eventi oltre il ristretto ambito localistico.
Il nostro, in verità, non si risparmia nell’elencare gli altri nostri difettucci: “lo snobismo, la classica “puzza sotto al naso”, l’egemonia di una borghesia radical chic, solo apparentemente ammantata di un inutile “progressismo” di facciata”. C’è poco da aggiungere, al contrario, c’è solo da sottoscrivere.
Qualche perplessità l’abbiamo sulla figura e l’opera di fra Gigino, in particolare, quando il professor Roma ritiene che andasse sicuramente trattenuto ed aiutato. E questo, a nostro modesto avviso, non fosse altro per l’esuberanza del frate. Insomma, ma fra Gigino davvero si sarebbe fatto aiutare? E in che modo? L’impressione è che soprattutto i politici, gli amministratori comunali, a parte quelli che l’hanno manifestamente avversato, forse anche perché alla fine costretti, hanno trovato più agevole assecondare la sua dirompente ed esorbitante personalità piuttosto che contenerla, trovando la cosa forse se non impossibile quantomeno improbabile e difficile.
Pier Vincenzo Roma, ad ogni modo, ha le idee chiare anche su quello che serve alla nostra città per crescere, proponendo di “promuovere una politica intelligente e lungimirante, con iniziative culturali di spessore, tentare di far entrare la città nel giro di quelle iniziative che contano: penso al festival della letteratura di Mantova o a quello della Filosofia di Modena…”. Sarebbe bello, ma dov’è la classe dirigente capace di una politica di così alto respiro? Non abita, purtroppo, a Palazzo di Città, e pure da un po’ di tempo, ma non si intravede neanche fuori, sotto i portici e nelle piazze. Al contrario, e non solo in politica, la città perde punti, tanto che Roma annovera tra le piaghe cittadini “il degrado progressivo, l’abituarsi al malcostume, alla scostumatezza, alla sciatteria. Chi viene da altre zone apprezza quanto di meglio abbiamo, ma noi cavesi, se ci guardiamo indietro…”.
Per il resto, l’intervista di Pier Vincenzo Roma, come dicevamo all’inizio, è tutta da leggere e dovremmo far tesoro, come cavesi, delle sue stoccate, delle sue critiche ragionate, delle sue analisi, dei suoi suggerimenti, delle sue indicazioni.
Concludiamo con l’auspicio finale di Roma, ovvero il ritorno alla “Piccola Svizzera”. E’ di sicuro, il suo, un atto d’amore verso la città e, almeno all’apparenza, per certi versi siamo in presenza della evidente nostalgia per un piccolo mondo antico metelliano che non c’è più.
E’, però, in concreto, soprattutto uno sprone per noi cavesi a prendere coscienza della nostra identità e delle nostre potenzialità per cambiare registro. Incominciando a capire, tanto per intenderci, che la competizione non si fa con l’albero di natale più alto e che i grandi eventi non sono le luci e gli aperitivi natalizi. Se così sarà, non tornerà la piccola Svizzera, ma di sicuro Cava avrà un futuro migliore del grigiore appassito di questo presente.