Fateci caso: nei numerosi e polverosi programmi politico-istituzionali a livello nazionale o locale, la voce ‘cultura’ risulta stranamente assente. Nelle “agende” del fare cioè, delle aspettative e promesse che ci vengono propinate, leggiamo di impegni per il lavoro e l’occupazione, la legalità e la giustizia, le riforme e il rinnovamento, e quant’altro. Tutto giusto, ma manca quasi sempre (ovvero sempre) la voce cultura. AI punto tale da far pensare che molti la ritengono una cosiddetta “interferenza”, vale a dire un qualcosa di superfluo che non cambia nulla e che dunque non serve a nulla.
Di conseguenza un piccolo sollievo arriva nel pensare che periodicamente, malgrado ristrettezze di bilancio e cancellazioni varie, vengono celebrate le ‘giornate della cultura’, destinate a promuovere e far conoscere le risorse che ancora abbiamo in termini artistico-culturali. Non sappiamo fino a quando in verità, perché può anche darsi – e il timore è fondato – che presto per fare cassa e salvaguardare i depositi all’estero dei soliti furbi, saremo costretti a vendere (svendere) anche i gioielli di famiglia. Allora è giocoforza accontentarsi.
II fatto è che a seguito di un progressivo abbassamento del livello culturale di fondo (delle istituzioni, dei politici, degli operatori stessi del settore) la cultura è ormai considerata un bene secondario, passeggero, da spolverare occasionalmente per fare semmai un po’ di cassa ma tutto sommato inutile e forse anche pericoloso. Senza valutare che il dato drammatico sta proprio in questo, nel non accorgersi che nessun processo di riscatto può cominciare, ovvero realizzarsi compiutamente senza passare attraverso la valorizzazione del dato culturale. Fallito ormai in casa nostra il Forum Universale delle Culture poiché la giunta De Magistris è in pre-dissesto finanziario, nei musei di tutto il mondo -come il British Museum, tanto per fare un esempio- si inaugurano in pompa magna grandi mostre dedicate ai nostri tesori archeologici come Pompei ed Ercolano. E c’è da scommettere che queste iniziative raccoglieranno migliaia e migliaia di visitatori e porteranno molta acqua al mulino dell’economia di altri Paesi.
Si sostiene che le finanze da noi scarseggiano ma si continua a sorvolare sui tanti sprechi pubblici e privati ancora esistenti che potrebbero rappresentare viceversa una risorsa da destinare a ben altri scopi. Ma naturalmente è un problema di scelte politiche, ovvero di strategie e di capacità culturali che al momento sembrano assenti. Salvo tirare in ballo le ristrettezze economiche di cui sopra.