Giuseppe Conte, le confessioni di un pentito in un Paese che non è normale
L’Italia non è un Paese normale. Non lo scopriamo, adesso. E’ cosa risaputa, e pure da un pezzo.
Ieri ne abbiamo avuto l’ennesima prova. Il premier Conte ha tenuto una conferenza stampa per mandare a dire ai suoi due vicepremier, Di Maio e Salvini, ovvero gli azionisti di maggioranza del suo governo, che se non si cambia registro lui si dimetterà. Insomma, un avvertimento, una tirata di orecchie. In un certo senso, quasi le confessioni di un pentito.
In qualsiasi altro Paese, ovviamente normale, il capo del governo in una democrazia parlamentare come la nostra, se proprio non riesce a far ragionare in un vertice i leader dei partiti della maggioranza, va in Parlamento a dire le sue ragioni, aprendo così un dibattito politico, pubblico e trasparente, nelle aule in cui siedono i rappresentanti eletti dal popolo.
Meglio ancora, come sembra essere il caso di cui trattiamo, salire al Quirinale e dare al presidente della Repubblica le proprie dimissioni.
In Italia, invece, mai come adesso, prendono piede le forme istituzionali (si fa per dire) più irrituali possibili. Oddio, il nostro premer Conte avrebbe potuto fare pure peggio, ovvero dare le dimissioni in diretta a Porta a Porta da Bruno Vespa. In altre parole, accontentiamoci, ci è andata pure bene.
Cosa ci sia dietro a questo capolavoro istituzionale non è dato sapere. Sono certe, però, alcune cose.
La prima, è che assisteremo ad un’altra manfrina. Almeno per un po’. Salvini con la Lega e Di Maio con i Cinque Stelle rassicureranno Conte promettendo di fare i bravi ragazzi, salvo poi continuare a portare avanti la loro politica facendo contare il premier come il due a briscola, ovvero meno di niente.
La seconda, è che ormai certificato dagli stessi protagonisti, prima fra tutti da Conte, che questo governo gialloverde è del tutto allo stallo. Anzi, a voler essere puntuali, è talmente alla deriva e fuori controllo da sperare che non vada a sbattere, provocando danni irreparabili, assai più di quanto accaduto l’altro giorno con la collisione a Venezia della nave Opera di Msc crociere.
La terza, è che Conte è il presidente tecnico di un governo politico, in pratica, quest’ultimo può cadere o continuare a vivere anche a prescindere dalla sua persona. In altri termini, non è da escludere che l’esperienza del governo gialloverde possa persino continuare con un presidente del Consiglio diverso da Conte. Ipotesi remota, ma comunque tra le possibili.
Ad ogni modo, è davvero ozioso chiedersi se e quando questo governo cadrà o se sopravviverà e per quanto. La verità, e in ciò il premier Conte ha ragione a prescindere dalla forma istituzionale adoperata, è che se questo governo continuerà a tirare a campare, a vivacchiare senza governare effettivamente il Paese, allora è meglio che tiri le cuoia nel più breve tempo possibile.
Noi, in tutta onestà, riteniamo che, soprattutto in ragione di una insanabile conflittualità al suo interno, ormai da un pezzo il governo Conte sia giunto al capolinea e non risponda più agli interessi del Paese. Per questo, siamo sempre più convinti che la strada maestra sia quella di tornare alle urne, dando al più presto la parola agli italiani. Poi, che vincerà Salvini e la Lega, sembra proprio essere un dato pressoché scontato, ma questa è la democrazia. E, anche per chi vede Salvini come il diavolo, alla fine non risolverà nulla mettendo la testa nella sabbia come gli struzzi.
In ogni caso, se dalle urne ci sarà un vincitore autosufficiente, a differenza delle ultime elezioni politiche, si farà chiarezza, quantomeno ci sarà una corrispondenza tra numeri ed esercizio del potere. E soprattutto non ci saranno alibi. Per nessuno, soprattutto per chi sarà chiamato a guidare il Paese.
Poi, vedremo quello che accadrà. In fondo, come esclama Rossella O’Hara in Via col vento, “dopotutto, domani è un altro giorno”.
4.06.2019 – Cose da pazzi! Nino Maiorino