scritto da Gildo De Stefano - 24 Dicembre 2022 18:08

Esiste ancora lo spirito natalizio?

Diciamo che il vero spirito natalizio è un concetto molto ampio, che non ha nulla di materiale o tangibile, ma solo di emozionale.

“Ognuno ll’adda fà chesta crianza, ognuno adda tené chistu penziero, ogn’anno, puntualmente, in questo giorno…”, parafrasando il grande Totò confesso che ad ogni Natale degli anni dell’avanzata maturità mi viene da fare una seria considerazione, osservando i comportamenti di chi ci circonda.

Tra questi ricorre con enorme frequenza la rabbia che si scatena anche durante le feste natalizie, come ieri mattina mi è capitato di assistere, proprio per essere in tema, ad una lite quasi furibonda allo sportello del CUP ospedaliero tra due utenti che erano in fila, che si scambiavano epiteti volgari e urla per una banale questione di priorità nel giungere al tanto agognato sportello delle prenotazioni, dopo un’estenuante fila di ore.

E mentre osservavo attonito i volti deformati dall’ira e ascoltavo i toni aggressivi delle voci, in quel preciso istante mi è scattato nella mente la temporalità di quel momento ossia che tra poche ore è il Santo Natale: giorno in cui ci si augura pace e serenità sotto l’egida della bontà.

Partiamo da un presupposto: ognuno di noi, prima o poi, si trova a dover fare i conti con la propria rabbia. Un’emozione che da sempre conosciamo e che spesso addirittura temiamo, poiché richiama qualcosa di primordiale. Perché la rabbia è così: ci spoglia di quel tenue velo dorato di perbenismo e di altruistica umanità e ci spinge verso quella reazione che negli animali sappiamo distinguere in “attacco o fuga”.

Una reazione naturale, sì, derivata primariamente dagli ormoni che la rabbia stessa libera nel nostro organismo, e che proprio nella sua naturalità e nella sua bestialità, ci sembra meno umana travolgendoci. Ci spinge ad uscire da noi stessi, spingendoci in una guerra di fronte alla quale ci sentiamo impotenti. Solitamente, allora, tendiamo a rivolgere questa energia verso l’esterno, cercando un capro espiatorio nel nostro interlocutore, nel vicino di casa, nel collega di lavoro, se non addirittura nel nostro compagno/a di vita che incarni l’origine di tutti i nostri mali, facendoci dimenticare che, di lì a poco, si celebrerà una festa il cui spirito dovrebbe farci tendere tutti ad essere più buoni e solidali verso il nostro prossimo.

Questo triste episodio mi ha posto di fronte lo stesso, vetusto, interrogativo di ogni anno: esiste ancora lo spirito natalizio? E al di là dello stesso episodio una sorta di risposta positiva diventa sempre più evanescente consapevole che ci sono coppie separate in casa che si odiano anche in queste feste, fratelli divisi da interessi economici, figli che non parlano più coi genitori e, in ultimo, Paesi in guerra per un pezzo di territorio.

Diciamo che il vero spirito natalizio è un concetto molto ampio, che non ha nulla di materiale o tangibile, ma solo di emozionale. Un vissuto che è bene riscoprire, soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo quotidianamente in cui la tolleranza e la bontà sono state offuscate dalla rabbia e dall’orgoglio.

Condivisione, empatia, mettersi nei panni degli altri, regalare sorrisi gratuitamente senza aspettarsi nulla in cambio, credere che un cambiamento sia possibile, lavorare nel silenzio per creare un ambiente migliore per tutti, a partire dai bambini. E che dovremmo sentire tutto l’anno, non solo durante le feste comandate e nei giorni rossi del calendario.

Un’atmosfera quasi magica, illuminata dalle lucine che vengono accese sempre prima, come se fosse una gara a chi fa presto. E abbellita da decorazioni di cui abbiamo perso il significato, utilizzandole solo perché “così si fa”, senza chiederci il vero senso di alberi addobbati, presepi e altri simboli natalizi. Il vero spirito natalizio è questo e molto altro ancora. Peccato averlo dimenticato!

Eppure l’atmosfera del Natale è sempre uguale a se stessa. Ma è quello che si prova a essere differente. Non c’è più trasporto, non vediamo più in quelle luci accese una speranza per il futuro, le decorazioni dorate e luccicanti non sono più quel modo per affrontare con positività la vita.

È tutto un rincorrersi di gesti privi di concretezza, quasi fossimo degli automi che già ai primi di dicembre, se non prima, decoriamo le case, per smontare tutto alla Befana. Di fronte all’albero decorato e magari al camino acceso, dovremmo tornare a chiederci quando, come e perché abbiamo perso il senso del Natale, a prescindere dal suo valore religioso, che rimane immutato per chi crede. Ma il Natale è di tutti, credenti e non. Una promessa che dovremmo ripeterci ogni anno per fare in modo che sia davvero un momento di rinascita, in cui si accoglie l’altro, chiunque esso sia. Senza falsi buonismi, ma con sincerità e voglia di aprirsi al prossimo.

Sorvolando sulla religiosità di tale festività, tutti, credenti e non, possiamo sfruttare questa occasione, qualsiasi cosa succeda, per poter ritrovare quella solidarietà, bontà e tolleranza che detta proprio lo spirito natalizio. E farlo nostro giorno dopo giorno. Per porre le basi per una società più empatica, inclusiva, accogliente. Lo professiamo durante la messa del 25 dicembre di uscirne migliori tuttavia non riusciamo mai a mantenere la promessa, succubi di un orgoglio stupido.

Non sembra affatto Natale! Ecco cosa mi sono ritrovato a pensare vedendo quei due individui, per giunta adulti, scannarsi a vicenda per appena 5 minuti di attesa. E ti accorgi che casa tua, la tua strada, il tuo quartiere sembra essersi trasformato dall’oggi al domani in quello dell’odioso personaggio del Dr. Seuss: misantropo, scontroso, solo, e irascibile, laddove dovremmo accettare un incontro con l’”altro” in cui ci sia spazio prima di tutto per l’accoglienza reciproca, allo scopo di vivere le divergenze come un’occasione di critica costruttiva invece che come attacco a sé e alle proprie capacità.

E così, ancora una volta, si preferisce restare con il proprio orgoglio, restare sulle proprie idee, non muoversi, e lasciar morire tutto quel che, in realtà, potrebbe ancora vivere, solamente perché chiedere scusa è troppo difficile.

Saggista e musicologo, è laureato in “Sociologia delle Comunicazioni di Massa”. Tra i suoi libri ricordiamo: Il Canto Nero (Gammalibri, Milano, 1982), Trecento anni di jazz (SugarCo, Milano, 1986), Jazz moderno (Kaos, Milano, 1990), Vesuwiev Jazz (E.S.I., Napoli, 1999), Il popolo del samba (RAI-ERI, Roma, 2005) prefazionato da Chico Buarque de Hollanda, Ragtime, Jazz & dintorni (SugarCo, Milano, 2007), prefazionato da Amiri Baraka (Leroi Jones), Saudade Bossa Nova (Logisma, Firenze, 2017) prefazionato da Gianni Minà, Una storia sociale del jazz (Mimesis Edizioni, Milano 2014), prefazionato da Zygmunt Bauman. Per i “Saggi Marsilio” ha pubblicato l’unica Storia del ragtime edita in Italia e in Europa, in due edizioni (Venezia, 1984 e 1989). Ha scritto tre monografie su: Frank Sinatra (Marsilio, Venezia, 1991) prefazionato da Guido Gerosa, The Voice – Vita e italianità di Frank Sinatra (Coniglio, Roma, 2011) prefazionato da Renzo Arbore, Frank Sinatra, L'italoamericano (LoGisma, Firenze 2021); ed altre su Vinicio Capossela (Lombardi, Milano, 1993), Francesco Guccini (Lombardi, Milano, 1993), Louis Armstrong (E.S.I., Napoli, 1997), un paio di questi con prefazioni di Renzo Arbore. Collabora con la RAI, per la cui struttura radiofonica ha condotto diverse trasmissioni musicali, e per La Storia siamo noi ha contribuito allo special su Louis Armstrong. Tiene periodicamente stage su Civiltà Musicale Afroamericana oltre a collaborare con la Fondazione Treccani per le voci afroamericane. Tra i vari riconoscimenti ha vinto un Premio Nazionale Ministeriale di Giornalismo e quello Internazionale “Campania Felix” per la sua attività di giornalista per la legalità, nonché risultando tra i finalisti del Premio letterario 'Calvino' per l’inedito. Per la narrativa ha pubblicato un romanzo breve per ragazzi dal titolo Easy Street Story, (L’isola dei ragazzi Editore, Napoli 2007), la raccolta di racconti È troppo tardi per scappare (Il Mondo di Suk Editore, Napoli 2013), due edizioni del romanzo epistolare Caro Giancarlo – Epistolario mensile per un amico ammazzato, (Innuendo Edizioni, Terracina 2014, e IOD Edizioni, Napoli 2022), che gli hanno valso il Premio ‘Giancarlo Siani’ 2014, ed il romanzo storico Ballata e morte di un gatto da strada – Vita e morte di Malcolm X (NUA Edizioni, Brescia 2021), prefazionato da Claudio Gorlier, con postfazione di Walter Mauro, e supervisionato da Roberto Giammanco, e Diario di un suonatore guercio (inFuga Edizioni, Anzio 2023). È il direttore artistico del Festival Italiano di Ragtime. Il suo sito è www.gildodestefano.it

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