1 – X – 2… Crisi di governo appesa alla “tripla” del totocalcio
Non ci voleva il responso della chiromante per immaginare l’esito deflagrante dell’esperimento di Governo posto in essere dai grillini e dai leghisti.
La granata che lo ha mandato in frantumi é scoppiata nelle mani degli stessi partner ed ha rianimato e messo in gioco le opposizioni rassegnate e demotivate fino a far maturare all’interno del PD e di FI ipotesi di scissioni o di ricollocamento nello scacchiere parlamentare.
É’ legittimo domandarsi se chi ha azionato la spoletta ha operato con consapevolezza o no circa l’impatto ed i tempi dell’esplosione. Il dubbio dell’imprevidenza è imputabile a reciproche insofferenze riversate negli ultimi due atti parlamentari di bandiera, una volta per il M5S e l’altra per la Lega, le cui bocciature erano scontate in conseguenza dell’offerta data alle opposizioni di essere determinanti su entrambi i documenti.
Il primo è stato la mozione sulla TAV del M5S, motivata per tacitare il proprio elettorato ma inutile sul piano sostanziale dopo il via libera alla realizzazione dell’opera da parte del premier Giuseppe Conte. Nella conta in Senato Lega ed opposizioni hanno determinato la somma dei voti che ha bocciato la mozione 5S ed approvato le altre di contenuto alternativo. In occasione dell’atto successivo relativo alla calendarizzazione della sfiducia a Conte richiesta da Matteo Salvini, la somma che ha certificato la discordia giallo/verde ha avuto come addendi PD e M5S.
A prescindere dalla correlazione intenzionale tra l’uno e l’altro atto, era nell’aria da tempo la lista delle doglianze per rompere un sodalizio innaturale sul piano politico e socio/culturale la cui esistenza era garantita dall’assenza di alternative piuttosto che da fattive convergenze elencate in un contratto di Governo.
Ora si torna a parlare di affinità degli elettori di PD e M5S e della possibilità di alleanze da anni ritenute incompatibili dai “vaffa” grillini tra i cui bersagli c’era il PD insediato nei palazzi del potere da scardinare. Ad un anno e 5 mesi dalle elezioni che hanno dato vita alla corrente legislatura è cambiato il contesto, perché i grillini sono dentro il Palazzo ed intendono restarci ed il PD ne é fuori ed intende rientrarci.
Sul come si incrociano più scuole di pensiero: attraverso nuove elezioni o con una rivisitazione degli attuali rapporti di forza in Parlamento? Sul ricorso alle urne pesa la tempistica degli adempimenti istituzionali, perciò é discriminante il “quando” che può depotenziare o no Salvini e nel contempo favorire o no il recupero dei suoi competitori. L’alternativa alle urne, su cui si é avviata una sorta di campagna mediatica, può essere prefigurata in una operazione, riveduta e corretta, dei cosiddetti responsabili, altrimenti detta nelle cronache di esperienze passate come inciucio o come ribaltone delle alleanze.
É possibile, sulla base degli attuali rapporti di forza in Parlamento, se c’é la disponibilità del M5S a ripetere l’esperimento del contratto di Governo con altro partner che nel caso specifico non può non essere il PD per potere fare maggioranza, salvo giravolta di opinioni che al momento travagliano sia grillini che dem. C’é intorno ai Palazzi romani una atmosfera da colpo di teatro, non da “golpe” come qualcuno paventa.
Le mancate dimissioni del premier lasciano in sospeso più ipotesi al di là delle comunicazioni che renderà il giorno venti Agosto in Senato. Perciò, si capisce anche l’indecifrabilità del pensiero di Salvini. Di lui dice Roberto Maroni: “Non mi stupirei se ci riservasse nuove sorprese” ed a fronte di un Conte di cui “mi sarei aspettato le dimissioni” – aggiunge l’esponente storico della Lega – “mi giocherei una tripla come nella schedina del totocalcio dove 1 sta per Conte bis, X per elezioni ad Ottobre e 2 per Governo PD/M5S”.