The Green Sea: una nuova prospettiva per gli amanti della vita
Ho guardato di recente un film greco: Green Sea, trasmesso su Netflix e diretto da Angeliki Antoniou. È un film sulla guarigione dell’anima e sull’essere più che sull’avere o meglio il possedere

Oggi vorrei sollevare una questione spinosa: la solitudine.
In che senso siamo soli? Ma soprattutto ci possiamo permettere di esserlo?
Ho guardato di recente un film greco: Green Sea, trasmesso su Netflix e diretto da Angeliki Antoniou. È un film sulla guarigione dell’anima e sull’essere più che sull’avere o meglio il possedere. Quando si è circondati di amore anche il possesso del proprio status sociale diventa relativo. È la storia di una donna che perde le trame della propria vita e si ritrova a ricostruire la sua identità senza aspettarsi nulla. La molla che le farà ritrovare se stessa sarà solo la forza di capirsi come individuo per tornare allo scopo originario di ogni essere umano: la volontà di essere in virtù dell’amore e dell’amicizia.
La questione dell’identità i Greci la conoscono bene: colonizzati per ben quattrocento anni dai Turchi ed in seguito assediati da una dittatura oltre al massacro dei Greci del Ponto. La storia stessa del nazionalismo greco è caratterizzata da sfumature molto diverse da quelle eroiche di altri paesi. Essere nazionalisti in Grecia significa non sono amare il popolo a cui si appartiene ma anche perdersi e ritrovarsi in un moto nostalgico che caratterizza tutta la storia greca.
Io da greca posso ben affermare di aver visto pochi popoli essere la terra di nessuno, i corpi di nessuno e manifestare con tanta gioia il proprio credo sociale.
Spesso relativizziamo a noi stessi il fatto di essere soli ma non è propriamente così. A livello sociale i popoli di ogni paese, alcuni più di altri, sotto gli occhi impotenti di altri esseri umani, sono stati abbandonati a loro stessi e deturpati delle loro tradizioni e della loro cultura. Se l’appropriazione culturale oggi giorno sta facendo molto scalpore da un lato, dall’altro molte dovrebbero essere le appropriazioni culturali per perpetrare le succitate.
Il genocidio dei Greci è stato come ogni genocidio una tragedia a cui pochi hanno dato rilevanza, presi come siamo dalla nostra quotidianità sporcata di qualunquismo. E il film Green Sea ci ricorda che la nostra identità non è un qualcosa di statico o di identificativo a dispetto del nome. La nostra identità è il luogo in cui scegliamo di vivere dentro e fuori di noi e potrebbe anche mutare costantemente se lo volessimo o se facessimo una scelta di nomadismo. La nostra identità non è caratterizzata dal luogo dove nasciamo ma dal luogo in cui decidiamo di vivere anche se luogo metaforico.
La nostra solitudine sta nel non sceglierci ogni giorno.
Detto questo sta a noi la scelta di chi vogliamo o vorremmo essere. Forse è per questo che sono nati social come instagram o tik tok. Ma ricordiamoci anche che non siamo un modello o una categoria né tantomeno ci dobbiamo rifare a persone cassetto o persone che hanno influenza senza averne le competenze. Per una volta allora spegniamo i cellulari e dedichiamoci a un film che vale più di mille valori spiegati e ritrattati: The Green Sea, un film sulla vita, un film su quello che si potrebbe avere e un film su quello che si può evitare di possedere per essere felici.