scritto da Nino Maiorino - 02 Febbraio 2024 06:50

“Sichinenca” o Zichinetto

I napoletani definiscono una sichinenza un oggetto di povera estrazione o conservato con poca cura nel tempo.

Il termine vanta una lunghissima storia e rielaborazione nel corso dei decenni ed il suo significato più recente va ricercato negli anni della Seconda Guerra Mondiale e i quelli sauccessivi.

I vocaboli napoletani sono il risultato attuale di un lunghissimo processo di modificazione e rielaborazione di termini antichi, provenienti e discendenti spesso anche da altre lingue.

In questo articolo, ad esempio, s’indaga sull’origine e sul significato della parola sichinenzaderivante dalla lingua inglese o americana.

Scopriamo insieme cos’è la sichinenzain quali contesti si pronuncia, il suo significato e la sua storia e rielaborazione nel corso degli anni.

I napoletani, solitamente, etichettano come sichinenza gli oggetti mal ridotti, di poco valore, poveri o, meglio ancora, di seconda mano.

La sichinenza, quindi, può essere tranquillamente un oggetto rivenduto in qualche mercato dell’usato o, comunque, con una vita già vissuta.

Una sichinenza può essere un vestito usato e conservato in condizioni poco ragguardevoli e attente, un servizio di posate molto economico e arrugginito, una bambola consumata dal tempo e così via.

A volte, questa parola viene sostituita da un’altra altrettanto famosa: “zighinetto”, che non ha niente a che vedere con il gioco di azzardo della zecchinetta, fatto con le carte napoletane: nel nostro caso ci si riferisce principalmente a qualcosa di falso o contraffatto (un pezzotto praticamente).

Sichinenza è usato in modo solitamente dispregiativo, per evidenziare le caratteristiche negative di un determinato prodotto che non vale la pena usare, possedere o acquistare.

Si può trattare, spesso, di un oggetto reperito in qualche pulizia e scarto casalingo, pronto per essere gettato via.

La parola sichinenza affonda le sue origini durante il periodo dopo quello della Seconda Guerra Mondiale, quando gli Alleati sbarcarono nel Sud Italia.

In quegli anni bellicosi e durissimi sotto il punto di vista economico, caratterizzati dall’inflazione dei prezzi, numerosi poveri napoletani iniziarono a vendere nella borsa nera varie tipologie di beni, tra cui cibo, medicinali ed indumenti.

I loro clienti più ambiti e generosi nello spendere erano, com’è facilmente intuibile, proprio i soldati americani che, affascinati da quegli oggetti vetusti e malandati, li acquistavano curiosamente, definendoli oggetti di second handovvero di seconda mano.

Erano soliti definirli così, ad alta voce, mentre li ispezionavano e li osservavano nei momenti precedenti all’acquisto.

I napoletani, di seguito, assimilarono quell’espressione ed iniziarono ad interiorizzarla così tanto d’avvertire il bisogno di ripeterla a loro volta.

Così fecero, storpiando però la pronuncia inglese americana.

Quegli oggetti, rivenduti nella borsa nera, iniziarono a essere definiti sicond’endfino a storpiare ed unire sempre di più le due parole e darne vita ad una sola… la sichinenza!

Del resto, questo termine ancora oggi pronunciato oralmente, è soltanto una delle tante invenzioni partenopee nate in seno all’esperienza e alla convivenza con i soldati americani.

(L’argomento è trattato con espressa autorizzazione del sito “Grande Napoli” dal quale è tratto clicca qui, ed è stato specificamente autorizzato a condizione che venga sempre espressamente citata la fonte)

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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