La storia del Milite Ignoto e la Giornata dell’Unità Nazionale
Un’intera generazione bruciata in 1.569 giorni che consumarono tutte le energie di cui il continente europeo era a disposizione, intere economie piegate allo sforzo bellico, armi distruttive di nuova concezione. L’Europa intera si trovò travolta da un conflitto sconvolgente, diverso da tutti quelli che lo avevano preceduto, che coinvolse quasi tutti i continenti, gran parte delle Nazioni e dei loro abitanti, cambiandone per sempre il destino: la Prima Guerra Mondiale.
La disfatta di Caporetto nell’ottobre 1917 fu il momento più difficile per l’Italia, ma la resistenza sulla linea del Piave consentì la riscossa fino alla resa degli austriaci a Vittorio Veneto il 4 novembre.
La Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate coincide con il giorno in cui, il 4 novembre appunto, si ricorda l’anniversario dell’entrata in vigore del cosiddetto armistizio di Villa Giusti del 1918, col quale si fa coincidere convenzionalmente la fine della Prima Guerra Mondiale per l’Italia. Una nazione in ginocchio che seppe riscattarsi e del sacrificio di milioni di soldati, fra cui 700mila caduti, che combatterono la più cruenta guerra che il mondo avesse visto fino a quel momento. Braccianti, operai, artigiani, studenti vennero spediti nelle trincee di zone a loro sconosciute a combattere una guerra nuova dove si utilizzarono nuove armi. Una guerra che fece conoscere un sentimento nuovo: il dolore collettivo, il lutto di massa.
Da allora, ogni anno è divenuto consuetudine in ogni comune d’Italia rendere omaggio alla salma del Milite Ignoto, un militare morto durante il conflitto bellico e il cui corpo non è stato mai identificato.
L’idea di onorare tutti i caduti, rendendo omaggio a una salma sconosciuta, fu partorita nel 1920 dal Generale Giulio Douhet, e nell’anno successivo fu approvato il Disegno di Legge. Immediatamente il Ministero della Guerra si mosse in avanscoperta per decidere quale salma sarebbe diventata il simbolo di tutti i caduti. Furono attentamente esplorati e scandagliati tutti i luoghi nei quali si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello; fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, Castagnevizza al mare.
Le undici salme, una sola delle quali sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano, furono trasportate nella Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921.
Qui si procedette alla scelta di quella destinata a rappresentare il sacrificio di settecentomila italiani. A decidere fu una donna, una delle centinaia di migliaia di madri rimaste orfane del proprio figlio deceduto per la Patria: Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio aveva disertato dall’esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane, ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato.
Nella basilica di Aquileia la donna si accasciò dinanzi a una bara invocando il nome del figlio. Fu una scena straziante. Quella fu la bara prescelta e deposta in un carro ferroviario appositamente disegnato. Il viaggio si compì sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma a velocità moderatissima in modo che presso ciascuna stazione la popolazione ebbe modo di onorare il caduto simbolo. Ad ogni fermata il convoglio ferroviario fece una sosta, tra gli applausi degli italiani che, lì radunati, si inginocchiavano e pregavano per omaggiare l’eroe simbolo.
Giunti a Roma, c’erano ad attendere la salma del Milite tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, con il Re, Vittorio Emanuele III, in testa.
Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto venne tumulato nel sacello posto sull’Altare della Patria sotto la Dea Roma e gli fu concessa la medaglia d’oro.
Con la soppressione della festività tanto di quel valore simbolico è andato perduto. E’ storia, invece. Una storia che va ricordata e rivalutata nella consapevolezza che valore, sacrificio e coraggio sono virtù universali che uniscono e non dividono.