Renzo de Felice, che è indubbiamente il più grande studioso italiano del fascismo, attraverso l’analisi degli scritti di Mussolini, dei suoi diari, di tutte le (poche) decisioni politiche che adottò nel periodo, ha ben descritto l’atteggiamento dello stesso dalla fine del 1943: un uomo demotivato e restio a riprendere incarichi pubblici (De Felice – Mussolini l’alleato).
Il Duce, appena arrestato nel 1943 su ordine del Re Vittorio Emanuele III, accettò l’arresto senza opporsi, nonostante potesse contare sulle milizie cittadine romane, a lui e solo a lui fedeli, e su buona parte dell’esercito.
In pratica, accettò di lasciare il potere senza alcuna reazione.
Il Duce sapeva benissimo che la guerra o la si vinceva in pochi mesi o era una partita persa, sapeva benissimo di aver già perso e di aver fatto una scelta avventata entrando in guerra dalla parte sbagliata: Mussolini non era uno stupido, la sconfitta del fascismo e del nazismo era all’orizzonte, l’era nazi/fascista era finita già da tempo ed egli lo sapeva.
Per un mese e mezzo, dal 25 luglio al 12 settembre 1943, Mussolini non fece e non disse niente, si era rassegnato già da tempo, da anni probabilmente: da alcuni suoi scritti si deduce che già dopo un anno dall’entrata in guerra, nel 1941, era cosciente che non sarebbe finita bene.
Hitler fece prelevare Mussolini da Campo Imperatore il 12 settembre perché gli serviva: l’Italia di Badoglio aveva firmato l’armistizio e consegnato la propria flotta agli alleati.
La reazione di Hitler fu furiosa, il desiderio di vendetta contro l’Italia, ritenuta traditrice, fu violentissimo anche perché il re e Badoglio avevano dato la loro parola alla Germania che l’Italia, anche senza Mussolini, avrebbero rispettato i propri impegni politici e militari nei confronti della Germania; ma poi mancò clamorosamente agli impegni, il Re fuggì a Brindisi e poi in Egitto, lasciando l’Italia e l’esercito senza ordini e allo sbando.
Questa fu la svolta italiana perché, se da un lato l’esercito venne lasciato in balia di sé stesso, consentì ai Partigiani di organizzarsi militarmente, scendere in campo contro gli ex alleati, ora invasori, tedeschi, anche con l’appoggio di parecchi militari.
Hitler mise a Mussolini davanti a una scelta: di aiutarlo tenendo in piedi uno stato fantoccio, oppure di smontare l’intero impianto industriale del nord Italia e portarselo in Germania, lasciando dietro di sé terra bruciata.
Ed Hitler era abbastanza pazzo da farlo davvero. Aveva ancora buona parte delle truppe intatte, lo sbarco in Normandia era ancora lontano.
Hitler avrebbe potuto ridurre il nord italiano ad un deserto, e l’avrebbe fatto. I Partigiani non erano ancora organizzati, e anche se lo fossero stato non avrebbero avuto la forza di contrastare le decisioni tedesche.
E Mussolini fece la sua scelta, anche abbastanza obbligata, giusta o sbagliata che sia stata.
Aveva già un intenso rapporto epistolare con Churchill, voleva arrendersi già da tempo. Probabilmente sperava di uscirsene e di far uscire l’Italia dai guai in qualche modo. Fece la scelta che gli sembrava il minore dei mali.
Quindi la costituzione della RSI fu un’idea di Hitler più che di Mussolini, anzi sembra sia stata una circostanza alla quale egli non aveva pensato.
Si prestò, forse sbagliando, forse facendo la cosa meno ingiusta se non giusta, ma non avrebbe potuto fare altro.
Di certo il Mussolini della RSI era un uomo che non aveva più niente del Duce del ventennio. Era un uomo finito, deluso, chiuso in sé stesso, tenuto sotto stretto controllo dalle SS; era diventato un fantoccio nelle mani nemmeno di Hitler ma di Karl Wolff, comandante delle SS in Italia.
Nell’ultimo incontro fra Hitler e Mussolini, il duce chiese al Fuhrer di risolvere la questione degli internati italiani in Germania, migliaia e migliaia di civili e militari italiani prigionieri. Ma, nonostante le rassicurazioni, nemmeno questo Hitler concesse, nemmeno di far rientrare gli italiani dai campi di prigionia in patria: Mussolini ormai non contava più niente.
Non a caso poco prima di morire, in un ultimo colloquio ebbe a dire: «Sono stufo (…) della continua sorveglianza. (…) Ad ogni passo, trovo una faccia che mi spia. Con la scusa della protezione sono costretto a far sapere ad altri quello che faccio (…), essere controllato anche nelle cose intime. È una prigione dorata. I secondini si inchinano al tuo passaggio ma ti tengono in loro possesso. Hitler si è assunto l’incarico di farmi da scudo contro i ‘traditori’ italiani, ma intanto i miei gesti e le mie parole gli sono riferiti giorno per giorno. Anche quando ricevo (si riferisce agli incontri privati con Claretta Petacci – NDR) i tedeschi mi ascoltano».
Non esattamente un governante nel pieno delle sue funzioni. Non sappiamo cosa avrebbe fatto Hitler da solo nella parte d’Italia sotto suo controllo, probabilmente peggio di quanto non abbia poi, insieme ai fascisti, fatto.
Tornando all’argomento del titolo Mussolini nel breve periodo della RSI non aveva nessun vero peso decisionale, era solo un fantoccio nelle mani di Hitler e non poteva farci niente.
Sapeva di dover morire a breve, probabilmente non sapeva che avrebbero ammazzato anche la Petacci. Il Mussolini del ventennio non esisteva più da tempo.
In verità non solo Mussolini, ma anche molti generali di Hitler sapevano già nel 1941 che la guerra era persa: fin dall’attacco giapponese a Pearl Harbor, e anche qualche vecchio generale giapponese lo sapeva.
Hitler avrebbe avuto forse qualche speranza schiacciando definitivamente l’esercito inglese a Dunkerque, invadendo l’Inghilterra e rispettando il patto Molotov-Ribbentrop, ovvero Stalin-Hitler.
Ma fortunatamente non riuscì a fare niente di tutto questo.
Hitler avrebbe voluto comandare l’Europa insieme agli inglesi, non insieme agli italiani. Dell’Italia ad Hitler, come a tutti, servivano solo i porti e la presenza strategica nel Mediterraneo. Ma gli inglesi, ancora con la sindrome dell’Impero, l’Europa la volevano comandare da soli, inconsapevoli che il mondo stava cambiando e che l’Europa probabilmente non sarebbe stato più il centro.
Inglesi ed americani durante il conflitto presero una decisione astuta, la tirarono alla lunga, anche in Italia, facendo in modo che tedeschi e russi si scannassero fino alla fine e si sfinissero fra di loro, cosa realmente accaduta.
La fine dell’Unione Sovietica, anche se pochi collegano gli eventi, comincia con la vittoria nella seconda guerra mondiale, una vittoria da 25/27 milioni di morti e con un’economia distrutta. La corsa agli armamenti durante la guerra fredda fece il resto.
La strategia americana infatti è facilmente visibile considerando il numero dei morti: i tedeschi ebbero 7,5 milioni di morti, i sovietici fra 25 e 27 milioni di morti, gli italiani 470mila, i francesi 560mila.
Guarda caso proprio americani ed inglesi risultarono avere le perdite minori: appena 413mila i morti americani, nonostante avessero eserciti su tutti i fronti sia europei che asiatici, e ancora meno le vittime britanniche con 365mila morti nonostante la disfatta di Dunkerque, i bombardamenti tedeschi e la battaglia d’Inghilterra.
Sono morti durante la guerra molti più soldati italiani che inglesi. E molti più civili italiani che inglesi. Le perdite civili americane quasi nulle.
Gli americani fecero scannare gli altri fra di loro e sono diventati padroni del mondo: e non gli si può dare torto, perché il loro intervento nel secondo conflitto mondiale liberò il mondo da un male peggiore.
Gli inglesi pensavano di ripristinare l’antica grandezza ma ormai gli USA erano troppo grossi e hanno mangiato anche loro.
L’impero britannico era stato il più grande impero della storia e aveva nel 1921 oltre 441 milioni di sudditi. Dopo la guerra era diventato uno stato come tutti gli altri in Europa e con un immenso debito finanziario verso gli USA.
In conclusione hanno vinto gli americani: loro e basta.
E probabilmente una mano gliela diede anche Mussolini.
L’Europa, la grande potenza mondiale degli ultimi 5 secoli della storia del mondo era ridotta a colonia americana.
E a tutt’oggi è ancora in parte così. Solo la istituzione dell’UE ha rimesso al centro del mondo l’Europa, e come al solito gli Inglesi si sono messi di traverso, e ne sono usciti.
Un’ultima considerazione. A chi attribuisce a Mussolini o Hitler la responsabilità storica del disastro europeo è facile rispondere che né Mussolini né Hitler sarebbero mai nati quali leader, senza l’aiuto degli intrighi inglesi e la mania di grandezza dei francesi.
Mussolini sapeva che la guerra -per l’Italia- era persa, e lo sapeva anche tutto lo stato maggiore e i membri del Gran Consiglio, dopo l’avventura in Grecia.
Non era sicuro che fosse persa per i tedeschi, ma lo sapevano già i generali di Hitler dopo la battaglia d’Inghilterra, già dall’attacco giapponese a Pearl Harbor, e lo sapeva anche qualche vecchio generale giapponese.
Hitler avrebbe avuto forse qualche speranza schiacciando definitivamente l’esercito inglese a Dunkerque, invadendo l’Inghilterra e rispettando il patto Molotov-Ribbentrop.
Meno male che l’impresa fallì.