Ciò che è accaduto in Brasile domenica 8 gennaio è la ripetizione di ciò che avvenne negli USA il mercoledì 6 gennaio del 2021: allora, una plebaglia di sostenitori di Trump, assaltò il Parlamento statunitense per sostenere il presidente sconfitto che non voleva lasciare la Casa Bianca a Joe Biden, che era prevalso nelle elezioni presidenziali americane; ora è capitato in Brasile: migliaia di sostenitori del Presidente defenestrato Jair Bolsonaro, hanno assaltato il Parlamento, la Presidenza della Repubblica e la Corte Suprema, non accettando il voto popolare di qualche mese addietro che ha eletto nuovo Presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ora al terzo mandato.
L’unica differenza tra le due elezioni, se è consentito un paragone, è che nel caso di Trump lo scarto di voti tra i due concorrenti fu abbastanza consistente, nonostante le contestazioni del perdente Trump, il quale fece più volte ricontare le schede, e giunse persino a chiedere ai Governatori a lui fedeli di alcuni Stati di contraffare i conteggi (richieste che non vennero accolte), motivo per il quale la elezione di Biden fu incontestabile.
Biden totalizzò più di 80.milioni di voti, un record assoluto per un Presidente eletto degli Stati Uniti, mentre Donald Trump ne totalizzò meno di 74.milioni, con una differenza di circa l’8,00%.
Nel caso del Brasile, la differenza di voti tra Bolsonaro e Lula è stata esigua, lo 0,77%.
Purtroppo ci sono, in alcuni paesi che vengono troppo banalmente considerati “sottosviluppati” dal punto di vista politico e democratico, personaggi che si dichiarano democratici, ma a modo loro.
A tal proposito è stato coniato da Eduardo Galeano il termine “democratura” per connotare un “regime politico improntato alle regole formali della democrazia ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale”, composto da democra(zia) e (ditta)tura (da Treccani, ndr).
Il termine descrive la convivenza di elementi democratici e autoritari all’interno di un modello che potremmo definire come “democrazia ristretta” o, in altri termini, “dittatura costituzionale”.
Una dittatura che non sembra solo prerogativa dei paesi d’oltreoceano, ma che è stata recentemente paventata anche nel nostro.
Infatti, nel marzo 2015 Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di “Limes”, scrisse: Sta finendo la democrazia e comincia la democratura? Ovverosia quella mescolanza di democrazia e dittatura che vuole un uomo solo al comando? All’epoca al centro del dibattito ci fu Matteo Renzi, presidente del consiglio.
Con tutto il rispetto per Caracciolo, non riteniamo che questa distorsione della democrazia si possa attribuire al nostro paese, almeno fino a questo momento.
Tornando all’assalto alla democrazia in Brasile, pure rimanendo le similitudini con quello che avvenne due anni fa negli USA, vi è una ulteriore differenza.
Allora il Presidente Trump, nonostante lo abbia poi negato, non sconfessò il gruppo di scalmanati che assaltarono il Parlamento, anzi i suoi ambigui atteggiamenti accreditarono l’ipotesi che lo avesse organizzato proprio lui; in Brasile Bolsonaro non solo non era presente nel paese (era in America) ma, almeno formalmente, ha sconfessato gli assalitori e ha condannato il tentativo: quanto meno ha salvato la faccia.
Dal suo canto, Lula, che era in Brasile, ha preso immediatamente in mano la situazione, capovolgendola, con interventi determinati, che hanno portato finanche alla rimozione del Governatore di Brasilia.
Riteniamo che questo abbia fatto fallire il tentativo, tant’è che non solo l’esercito si è estraniato, nonostante i rivoltosi contassero su un suo coinvolgimento auspicando un colpo di stato, ma è intervenuto al fianco della Polizia negli arresti dei rivoltosi: al momento si parla di oltre 1500 catturati.
Ovviamente la situazione è ancora molto fluida, e, nonostante il Presidente Lula sembra avere in pugno la situazione, non si può escludere un ulteriore tentativo autoritario, come accadde negli USA.
Perché i “democratori” (neologismo non nostro, riportato anche da Treccani: ndr) difficilmente demordono, sono sempre sulla breccia e attendono il momento opportuno per entrare in azione.
Staremo a vedere.