scritto da Nino Maiorino - 15 Gennaio 2023 07:53

Caos carburanti

L’aumento di benzina e gasolio serve solo a impinguare la casse dello Stato

Che i benzinai non siano dei santarellini lo sappiamo tutti; come tutti i commercianti, fanno i propri interessi, il che è legittimo, ma tante volte lo fanno falsificando i prodotti che vendono, a danno dei consumatori; altri commercianti falsificano i marchi, qualche volta i benzinai adulterano i carburanti con additivi.

Ma, ciò detto, dell’attuale caos dei prezzi dei carburanti è accertato che essi non hanno colpa, come il governo e i suoi supporter tentano di far credere: i rari casi di maggiorazioni ingiustificate dei prezzi, come confermato anche dalla Guardia di Finanza, non possono essere generalizzati.

Infatti è vero che qualche forzatura è avvenuta, come documenta la prima foto che correda questo articolo, scattata nell’area di servizio di Badia al Pino (Ar) domenica 8 gennaio scorso, dove sono avvenuti gli scontri tra i “tifosi” del Napoli Calcio e della Juve: i prezzi dei carburanti avevano già raggiunto il tetto di € 2,499;

E il giorno successivo è stato rilevato un altro sostanzioso rialzo (vedi la seconda foto) con un prezzo massimo di € 2,779, che riteniamo, al momento, un caso limite.

Chi, tra i membri del Governo, partendo dalla Premier e passando per Salvini, generalizza, accusando i benzinai, lo fa solo per tentare di giustificare un comportamento al limite della incoscienza, perché porta fuori strada i preoccupati consumatori, i quali non sanno più a chi credere.

La prova della stoltezza e del pressappochismo del Governo è data dalla successiva decisione di modificare, due giorni dopo, l’ultimo decreto, per tacitare tutti coloro che hanno aspramente criticato l’accaduto.

E quando membri del governo asseriscono che gli aumenti sono “sopportabili”, mostrano di vivere su un altro pianeta e di essere totalmente slegati dalla realtà del paese.

Il governo è stato smentito dagli stessi benzinai, non ha potuto replicare le sue bugie ed ha tentato di correre ai ripari: tant’è che in presenza di uno sciopero già proclamato per il 25 e 26 gennaio, si è affrettato a convocare le Associazioni di categoria: tre le sigle presenti, Faib, Fegica, Figisc/Anisa, che rappresentano i gestori delle circa 22mila stazioni di servizio: così lo sciopero è stato sospeso.

Le bugie del Governo sono svelate da semplici calcoli, che tutti, finalmente, possono fare.

Un benzinaio ha mostrato un foglio, firmato da Confcommercio, dal quale si evince che, su ogni rifornimento effettuato:

  • il 57,42% è costituito da accise e iva;
  • il 33,24% è il costo del prodotto;
  • il 7,41% è il ricavo lordo industriale;
  • quello che resta, l’1,93%, è il profitto lordo per il gestore.

L’1,93% sta a significare che il gestore guadagna 3 centesimi e mezzo, massimo 4 centesimi per ogni litro venduto.

“Questi sono dati di fatto – ribadisce il gestore – non chiacchiere. Se in un anno vendo un milione di litri, guadagno dai 35 ai 40mila euro lordi. Dai quali devo togliere, ovviamente, i costi di gestione e le bollette”.

Dal che si evince che la parte del leone nella vendita dei carburanti la fa solo lo Stato il quale si accaparra il 57,42% su ogni litro di carburante.

Magra consolazione per un gestore, che trascorre minimo 52 ore a settimana nel distributore, al caldo d’estate e al freddo d’inverno, e non ha alcuna influenza sul prezzo di ciò che vende.

In più è gravato da una serie di adempimenti burocratici, cifre, date, registri, e guai a sbagliare un importo, il rischio di prendersi una multa salata è dietro l’angolo, e rischia anche la chiusura del distributore.

E’ vero che la rete di distribuzione dei carburanti in Italia è sovradimensionata, 22.mila contro i circa 10.mila di altri paesi, ma è anche vero che questo sovradimensionamento dà da vivere anche a tanti gestori di piccoli distributori a livello familiare, che alla fine, sia pure tirando la cinghia, sopravvivono; se chiudessero probabilmente non avrebbero alternativa.

E non è entusiasmante vedere che, mentre tanti tirano la cinghia, lo Stato si ingrassa sulle loro spalle e su quelle dei consumatori.

Ma il caso non è archiviato e rischia di esplodere tra pochi giorni.

Il 5 febbraio, infatti, con l’entrata in vigore dell’embargo sul petrolio russo, si teme un nuovo rialzo dei prezzi.

Tutta questa vicenda lascia ferite nel governo e nella maggioranza. Tra interviste di ministri l’uno contro l’altro e screzi in Parlamento, la premier chiede compattezza, ma sembra la prima a essere in pallone.

Mentre al suo partito, Fdi, sollecita a “centralizzare” la comunicazione per evitare nuovi incidenti, sembra mandare lo stesso piccato messaggio agli alleati.

Frattanto la Meloni si inventa il sistema della “Accisa Mobile”, ricorrendo alla Finanziaria del 2008, epoca Governo Berlusconi.

Tale meccanismo prevede che il taglio delle accise può essere adottato se il prezzo “aumenta, sulla media del precedente bimestre, rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nell’ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria presentato”.

Sembra un sacrificio da parte del Governo, ma non è così: se il prezzo aumenta, aumenta pure il gettito dell’Iva, il quale andrà a compensare le Accise che vengono ridotte: e quindi il Governo comunque non ci rimette.

Ed è per questo che gli italiani non dormono sonni tranquilli, oggi tartassati dal caro benzina, domani da altre spese dietro l’angolo, mentre i salari e gli stipendi sono sempre meno competitivi, fra l’altro erosi dalla inflazione.

A noi sembra, senza voler scatenare polemiche, che il Governo, ora quello di destra, in altre epoche quelli di sinistra, mostri, sempre più sfacciatamente, l’atteggiamento del Conte Tacchia: “Io sono io, e voi non siete un c . . .o”.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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