scritto da Christian De Iuliis - 08 Marzo 2022 14:58

L’ARCHRITICO Un regalo degli alieni

L'ARCHRITICO Un regalo degli alien

Non credo di essere l’unico ad essermi chiesto cosa sia quel bizzarro parallelepipedo multicolore posizionato in via Ligea, a Salerno, su un’aiuola all’entrata del porto commerciale.

Nella mia fantasia è stato per molti anni un oggetto depositato dagli alieni desiderosi di lasciare una traccia, un gentile omaggio, magari per comunicarci un messaggio cifrato.

Alieni creativi e dediti alla progettazione, pensavo, forse appartenenti ad una civiltà superiore.

Così immaginavo, ma siccome la fantascienza del design è un genere inesistente, ho dovuto arrendermi alla realtà: non sono stati gli alieni ma tre architetti salernitani a concepire l’oggetto misterioso, denominato “Local container” e prototipo di un piano d’arredo urbano molto più vasto, che nelle intenzioni dei progettisti avrebbe dovuto riqualificare quell’area di margine.

Il progetto prevedeva una sequenza di sculture-gioco per evocare la catena dei container, in transito o in sosta, riproducendone l’aggregazione tramite moduli con le dimensioni classiche del mattone (10x10x30) ma tradotti nel linguaggio della ceramica artistica con i suoi smalti, le decorazioni, le pennellate e i colori della tradizione.

Un meccano: montato su un telaio metallico e composto da un massimo di 162 moduli assemblati a secco che grazie alle concavità possono scivolare lungo un asse orizzontale, generando infinite combinazioni e lasciando spazio alla creatività del compositore.

Agostino Granato, Giancarlo Covino e Sarah Adinolfi, architetti allora molto giovani quindi potenzialmente anche un po’ marziani, ideatori del progetto, lo sottoposero all’Autorità portuale che ne accolse gli intenti.

La sfilata dei “Local container” sarebbe stata una galleria d’arte “en plein air” nell’anticamera della città, un biglietto da visita; tratto d’unione tra l’artigianato locale della provincia e il flusso produttivo e ininterrotto del capoluogo.

Approvata l’idea, furono preparati gli alloggi “cementando” lo spazio tra le palme, dove ancora oggi non può crescere la vegetazione.

Dopo il finanziamento di un prototipo, nel 2008, il primogenito “Local container” sbocciò nel primo interstizio disponibile. Furono gli stessi progettisti a cimentarsi nel tetris dei pezzi.

Ma, nonostante l’esito confortante e il coinvolgimento degli artisti consultati, l’esordio del progetto coincise con la sua fine. Smarrito, come spesso capita nel labirinto della burocrazia e dell’inconcludenza terrestre (di questa terra, sia chiaro).

Da allora, per “Local container” sono trascorsi quasi quindici anni, tra l’indifferenza e la curiosità.

Oblio già sufficiente a sfumare i fatti nella leggenda metropolitana.

E sostenere la tesi che sia un regalo degli alieni.

 

Il progetto “Local container” sul sito dell’arch. A. Granato

“Local container” venne realizzato in collaborazione con Ceramica Erre

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Nasce, vive, vegeta in costa d’Amalfi. Manifesta l’intenzione di voler fare l’architetto, nel 1984, in un tema di quarta elementare, raggiunge l’obiettivo nel 2001. Nel 2008 si auto-elegge Assessore al Nulla. Nel 2009 fonda il movimento artistico-culturale de “Lo Spiaggismo”. Avanguardia del XXI^ secolo che vanta già diversi tentativi di imitazione. All’attivo ha quattro mezze maratone corse e due libri pubblicati: “L’Architemario – volevo fare l’astronauta” (Overview editore – 2014) e “Vamos a la playa – Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens – 2016). Ha ricevuto premi in diversi concorsi letterari. Si definisce architetto-scrittore o scrittore-architetto. Dipende da dove si trova e da chi glielo chiede.

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