Cava de’ Tirreni, a colloquio con Marisa Annunziata: “Molto è necessario fare e tanti hanno voglia di fare per il rilancio di questa nostra splendida città”
La società civile, ora più che mai, deve svolgere un ruolo di sintesi perché la crescita e lo sviluppo dipendono da una visione in cui tutte le realtà dialoghino insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni
Il viaggio di Ulisse online continua. L’obiettivo resta la nostra città, Cava de’ Tirreni, nell’intento di capire le cose che non vanno e quali possono essere i rimedi per un suo rilancio. Oggi proponiamo l’intervista a Marisa Annunziata, Avvocato Amministrativista che, nel corso dei suoi 35 di attività, ha assistito ed assiste vari enti pubblici, principalmente Comuni, nelle dinamiche amministrative ed operative, oltre che giudiziarie.
“Vedo una città statica, dove, da tempo, la spinta al futuro rischia di rimanere solo un’intenzione”
Guardandola da un punto di vista politico, economico e sociale, come la descriverebbe oggi la nostra città?
La nostra Città non è certamente quella che tutti noi abbiamo vissuto decenni or sono, con l’eleganza, il fascino storico ed il fermento culturale che l’avevano resa famosa ed attraente. Ora vedo una città statica, dove, da tempo, la spinta al futuro rischia di rimanere solo un’intenzione. La politica la lascio per il momento sullo sfondo perché poco la comprendo, con le modalità e le tecniche partitiche oggi utilizzate. Assistiamo a forme di conflittualità politica che per nulla coincidono con quella che, invece, dovrebbe essere l’umana coesistenza e l’identità collettiva. Non ritengo di poter giudicare l’operato di chi amministra se non in termini comparativi ed equilibrati, attraverso la disamina delle opportunità, delle criticità e delle eventuali inefficienze, apparendo poco utile ascoltare solo chi si oppone ma non propone soluzioni concrete e percorribili.
Guardando indietro, quali le differenze? Cosa ha perso?
Non sono nata a Cava, ma ho scelto Cava ben 38 anni fa perché da sempre innamorata di una città dal fascino inconsueto, vivibile e sicura, dove ho deciso di far nascere la mia famiglia, convinta che sarebbe stato il luogo ideale per i miei figli, nei giusti e corretti spazi di crescita che all’epoca constatavo. Oggi, la nostra città presenta molte criticità: solo per fare qualche esempio, mi riferisco ai trasporti, alla sanità, alla sicurezza, alla mancanza di un teatro e di spazi culturali adeguati. Anche le attività produttive, nei variegati campi, non appaiono più adeguate al contesto storico-artistico e, sempre più frequentemente, si assiste ad una evidente degenerazione urbana. Se agli antichi locali subentrano fast food e friggitorie, anche l’utenza si trasforma, obliterando il fascino dei tanti ristoranti e botteghe che animavano il borgo Scacciaventi. Qualcosa e forse più si è perso certamente, ma tutti insieme – cittadini ed istituzioni – possiamo impegnarci di più per far risplendere la nostra città.
“Sono convinta che sia giunto il momento di essere tutti in prima linea e collaborare per la rinascita di quella che, non a caso, veniva definita la «piccola Svizzera»”
Ci dice quali sono a suo avviso i pregi e i difetti di questa nostra città?
Cava è una città che presenta una conformazione ambientale e paesaggistica davvero unica. Le sue innumerevoli frazioni offrono spunti di inconsueta bellezza e i percorsi di montagna – che andrebbero anche turisticamente valorizzati – consentono di passare dalla collina al mare, sprigionando tutti i loro colori e le forme che si possano immaginare e immediatamente godere. Amo questa città pur tra le mille contraddizioni, ma al contempo sono convinta che sia giunto il momento di essere tutti in prima linea e collaborare per la rinascita di quella che, non a caso, veniva definita la “piccola Svizzera”. Poco interessa eguagliare il territorio elvetico, ma molto è necessario fare e tanti hanno voglia di fare per il rilancio di questa splendida città. Sperando che non ci voglia altra “bolla” papale per elevare “le terre de la Cava” alla dignità di città.
Non crede che un limite dei cavesi sia di vivere troppo di un passato glorioso per sfuggire al presente?
Non credo che i cavesi vivano di un passato glorioso, sfuggendo il presente. Sono cambiati i tempi e non si vive più di “miseria e nobiltà”. Tutti oggi sono consapevoli delle difficoltà economiche globali che investono anche la nostra città, delle criticità derivanti da svariati anni in cui le amministrazioni, nelle variegate pieghe delle maggioranze e delle opposizioni, non sempre hanno improntato i loro percorsi a criteri di efficienza e di efficacia. Ripeto, non è facile amministrare ed è più facile, dal divano di casa propria o dalla tastiera di un pc, fomentare le masse su demagogiche asserzioni, finalizzate esclusivamente a rafforzare o recuperare il consenso elettorale. Siamo ormai abituati alle frequenti alternanze politiche perché, alla fine, noi cittadini speriamo sempre che ci sia nel futuro una soluzione migliore, senza focalizzare l’attenzione su quelle che sono le problematiche essenziali da affrontare con sapienza e capacità al di là dei colori e delle appartenenze partitiche.
Possiamo, sempre come città, recuperare il terreno perduto? Ritrovare un ruolo e una prospettiva?
In un’ottica di modernizzazione, immagino una città rivitalizzata e non decadente. Tante sono le opportunità da cogliere, con impegno e determinazione. Penso ad esempio alle recenti previsioni dettate dal PNRR in materia di “attrattività dei borghi”, alla rigenerazione ed al risanamento del patrimonio edilizio esistente, anche storico-artistico delle tantissime chiese sparse sul territorio, alla programmazione partecipata del riuso dell’edificato e tanto altro ancora.
Non credo sia necessario ritrovare un ruolo specifico per una città che, malgrado le criticità, gode ancora di un contesto storico-architettonico identitario e naturalistico, da valorizzare non solo nell’accezione culturale e di tutela estrema, ma come contenitore di beni culturali e contesti urbanistici, in ragione però di una accentuata sensibilità verso le esigenze del mercato.
“Serve un impegno concreto per la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e l’armonico sviluppo del tessuto urbano”
Quali dovrebbero essere i secondo lei le direttrici di marcia per assicurare alla nostra città un futuro di crescita e sviluppo?
Viviamo in una città il cui lo sviluppo urbanistico è rimasto ancorato agli anni ’80 e nulla è stato fatto per gestire al meglio i vincoli paesaggistici esistenti che, di fatto, hanno paralizzato quella che avrebbe potuto essere una crescita armonica, rispettosa delle bellezze naturali, ma coerente con le innovate e moderne esigenze abitative. In assenza di azioni concrete, presto tramonterà anche l’appeal edilizio – che oggi vede Cava come una delle città più care della Campania e anche di tante altre città italiane – con costi che non sono per nulla proporzionati al valore dell’edilizia esistente. I nostri giovani e tante famiglie, non essendo in condizione di acquistare un immobile a Cava, se non a prezzi esorbitanti, lasciano la nostra città, trovando altrove – a pochi chilometri – soluzioni alloggiative moderne, efficienti e a prezzi contenuti. Anche su questo tema, sarebbe auspicabile un impegno concreto che conduca alla valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e all’armonico sviluppo del tessuto urbano. Se in tanti vanno via, si perderà nel tempo quella che è l’identità specifica del luogo e le tante, pur pregevoli, tradizioni culturali.
“A Cava abbiamo tante donne e tanti uomini capaci, validi, adeguati e competenti che possono e devono accettare la sfida di amministrare sapientemente la “cosa” pubblica”
E la società civile può e come giocare un ruolo, anche in politica e nell’amministrazione, per rilanciare la città nel suo insieme?
Amministrare una città non è compito facile, soprattutto se non si cerca un punto di equilibrio tra vecchi schemi e nuove metodologie di azione amministrativa, fondate sui principi dell’efficienza e dell’efficacia. Le difficoltà economiche che investono tutti gli enti territoriali, in particolare i Comuni, costituiscono un problema di non poco conto per chi amministra e, per questo motivo, credo che non sia più sufficiente possedere solo una tessera di partito per poter amministrare, essendo sempre più necessario ed auspicabile che si rinvengano anche abilità manageriali e spiccate capacità organizzative. Assistiamo sempre di più a quella che io definisco la politica del “fango”, molto più facile da gestire rispetto alla politica del “fare” per conquistare consensi. La società civile, ora più che mai, deve svolgere un ruolo di sintesi perché la crescita e lo sviluppo dipendono da una visione in cui tutte le realtà dialoghino insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni. A livello locale – a voler fare un ragionamento piuttosto astratto e utopistico – non dovrebbe esistere un distinguo tra politica e società civile perché chiunque, ponendo al servizio della città le proprie competenze, può contribuire alla crescita e allo sviluppo.
A Cava abbiamo tante donne e tanti uomini capaci, validi, adeguati e competenti che possono e devono accettare la sfida di amministrare sapientemente la “cosa” pubblica. Mi auguro che chi ha davvero a cuore la nostra città diventi parte di un auspicabile percorso di risanamento e crescita perché ora davvero la città ha bisogno di tutti.
Per finire, torneremo “grandi” o no? Se sì, come?
Se torneremo “grandi” non saprei, ma si può provare a migliorare iniziando dai piccoli progetti ma soprattutto attraverso una visione strutturata ed equilibrata dei processi di crescita e di sviluppo.
Provo ad essere realista rispetto ad una condizione economica che, oggi, richiede più che mai uno sforzo da parte di tutti per individuare le corrette soluzioni, con una visione tutt’altro che ottimistica e utopistica, ma fondata esclusivamente su elementi di responsabilità, per tradurre i desiderata in traiettorie concrete.
Non è più tempo di false promesse, è tempo in cui responsabilmente chi decide di amministrare dovrà avere un progetto concreto di sviluppo economico, sociale e culturale e dovrà poi saper gestire i relativi processi, senza devianze o condizionamenti, con la consapevolezza che le regole sono parte di un sistema che non consente di assumere decisioni di segno diverso o derogatorio.