Conte 2… e quando Di Maio incontrerà Macron, parlerà delle ragioni dei gilet gialli?
E’ nato, com’era nelle previsioni pur nelle scontate ed inevitabili difficoltà di partorirlo, il nuovo governo presieduto ancora da Giuseppe Conte e formato, questa volta, da cinque stelle e democrat.
Su questo esecutivo giallorosso si è già sentito di tutto. Noi riteniamo, invece, che sia doveroso avere un atteggiamento molto laico, nel senso che non ci pare proprio il caso di lasciarsi andare a toni entusiastici, ma nemmeno bollarlo come la sentina di tutti i mali.
Prima di giudicare, insomma, meglio valutarlo sui fatti.
Certo, le perplessità non mancano, anzi.
Lascia un tantino interdetti, ad esempio, il fatto che il Pd abbia voluto in questo governo uomini e donne che rappresentano le sue seconde file se non le terze addirittura. Fa eccezione il ministro Franceschini che, per fortuna, ritorna al Ministero della Cultura dove tanto aveva fatto bene, innovando in modo intelligente oltre che straordinario, il quale, non a caso, sarà il capo della delegazione governativa del Pd. Ad ogni modo, i ministri vanno valutati per quello che mettono in campo e non certo per la giovane età, il sesso o altro. Motivo per cui, stiamo a vedere prima di esprimere giudizi affrettati.
Molti dubbi, inoltre, emergono dai punti programmatici, i quali sono più che condivisibili, troppo condivisibili, forse perché semplicemente altro non sono che un’elencazione di buoni propositi senza però scendere nei dettagli operativi. Il più generico e approssimativo è quello che riguarda la capitale: “Rendere Roma più attraente”. E’ difficile credere che, messo così, questo punto, come forse molti altri, non lo sottoscriverebbe pure CasaPound.
Questo per dire che la vaghezza del programma è tale che le contraddizioni non tarderanno molto a venir fuori. E le materie del contendere non mancano.
Un altro aspetto che lascia dubbiosi è la tenuta complessiva del Movimento Cinque Stelle. Chi ha leadership? Conte, Di Maio, Grillo, Casaleggio? Un punto non meno controverso concerne la conversione europeista, con tutto ciò che questo sottende, di un movimento finora, almeno fino a pochi mesi fa, antieuropeo, antisistema e dallo spiccato atteggiamento di contestazione e di fiero ribellismo.
In questo, quanto vi è di sincero e quanto di opportunismo? Tanto per capirci, il nuovo ministro degli Esteri Luigi Di Maio quando incontrerà a Parigi il presidente Macron proverà imbarazzo e magari cercherà di trovare qualche giustificazione al suo incontro, accompagnato dal sodale Di Battista, dello scorso febbraio avvenuto a Montargis, un centinaio di chilometri a sud di Parigi, con alcuni esponenti del movimento di protesta dei gilet gialli per dare loro il sostegno pentastellato, o farà finta di niente? O forse cercherà di spiegare a Macron le ragioni del gilet gialli? Mah, chissà.
Qualche preoccupazione viene pure da Bruxelles per i troppi e per certi aspetti tanto comprensibili, per ovvie ragioni, quanto inquietanti, per altrettanto ovvie ragioni, endorsement al nuovo esecutivo. Per farla breve, come non ricordare i versi di Virgilio nell’Eneide: “Timeo Danaos et dona ferentis”, ovvero “Temo i greci anche quando portano doni”. E’ quello che afferma Laocoonte rivolgendosi ai Troiani per convincerli a non portare il cavallo di Troia all’interno delle mura della città. Questo per dire che sì, è vero, ora i rapporti tra il nostro Paese e l’Unione Europea tornano ad essere buoni, forse eccellenti. C’è solo da sperare, però, che ciò non porti a scrivere leggi di bilancio dettate dai burocrati di Bruxelles, nell’interesse prima di tutto della finanza, dei mercati, delle banche. Insomma, vero è che la nostra sovranità l’abbiamo, giustamente, ceduta in parte alle istituzioni europee, quel che però ci si augura è che non venga ceduta anche agli interessi di Berlino o di Parigi. L’austerità di Monti, decisa e voluta dall’Unione Europea, a Berlino e Francoforte prima che a Bruxelles, ha lasciato segni e ferite ancora sanguinanti sulla pelle degli italiani. E non bastano le nostre colpe a giustificare l’eccessivo e scellerato rigore finanziario che ha contribuito non poco all’impoverimento della nostra economia. Insomma, speriamo bene. Almeno che la dettatura della legge di bilancio sia un tantino più giusta, benevole ed equilibrata.
Ad ogni modo, un fatto positivo va segnalato: la nascita del nuovo governo è stata salutata in modo più che positivo dai mercati finanziari e dallo spread. Vivaddio, era ora.
L’augurio, come dicevamo prima, è che oltre ai mercati per questo governo alla fine risultino contenti pure gli italiani, che saremmo noi.
Per questo, a prescindere dalle opinioni e dai sentimenti, fino a prova contraria non ci resta che tifare comunque e sempre per il nostro Paese e sperare che questo governo faccia bene. Il più possibile.