Ma come può essere venuto in mente al leader di una formazione politica nata e cresciuta nella protesta anti-sistema di fare una battaglia per introdurre la galera agli evasori fiscali? La ragione del flop del M5S sta tutta qui. Non che un solo punto del programma di governo abbia potuto determinare la catastrofe, beninteso. È del tutto evidente che il Movimento è strutturalmente impreparato a cimentarsi in competizioni locali, dove l’ideologia conta meno delle relazioni personali. Come pure che l’ardita alleanza con il Pd, ed addirittura con Renzi, per un decennio bersagliati come i peggiori farabutti d’Italia, non sia stata indolore.
Ma più ancora sta distruggendo il M5S il suo essersi fatto carico della stabilità del sistema e dei conti pubblici. L’elettorato grillino era composto nella stragrande maggioranza da persone disposte a tutto pur di non farsi carico della propria quota di partecipazione al risanamento dell’Italia. Una volta deluso da Di Maio, ci ha messo un attimo a ritrovarsi con Salvini.
Il Pd ha tenuto in Umbria, per lo meno rispetto al voto europeo della primavera scorsa. Ma parliamo ormai di un partito che, in una delle sue storiche roccaforti, si è attestato ormai da un biennio su poco più del 20%. Quanto prenderà nei territori dove è stato da sempre meno premiato dall’elettorato? Farebbero bene i dem ad attrezzarsi per una lunga opposizione, ma non ne sono capaci. Fuori dal governo si smarriscono.
Ad agosto, terrorizzati di tornarsene a casa, si sono lasciati abbagliare dalle luci dei palazzi romani ed, appena si è aperto uno spiraglio, vi ci sono lanciati senza verecondia. Si sono giustificati dicendo che lo facevano per cacciarne Salvini. Ed è esattamente quello che la maggioranza degli Italiani non potrà mai perdonargli. Sarà bello o sarà brutto, ma Salvini rappresenta la stragrande maggioranza del nostro Paese. Aveva il diritto – ed io aggiungo il dovere – di governare, intestandosi lui la legge di bilancio. Il Pd gli ha lasciato l’insperata via di fuga. Ora il leader della Lega può rappresentarsi come la vittima di una immonda congiura di palazzo. Niente di più comodo. Chi ricorda più i guai che ha combinato in solo un anno di governo?
E Conte? Continuerà a girare l’Italia e il mondo con l’abito di primo ministro, mentre pentastellati e renziani lo impallineranno senza sosta fino alla resa? Quanto potrà durare?
Molto poco, non c’è dubbio. La sua unica forza è il sostegno del Quirinale e dell’establishment europeo. Mica poca roba, certo; ma insufficiente per frenare l’onda sovranista. Non oggi, non domani, ma a breve Conte darà le dimissioni o sarà sfiduciato in Parlamento. Nel Paese lo è già. Chi gli subentrerà?
Fino alla vigilia del voto in Umbria pensavamo in tanti che gli sarebbe succeduto un governo tecnico. Ora questa ipotesi pare meno praticabile. Come poco praticabile è un governo estremista di destra, che aprirebbe una nuova fase di conflitto con l’Unione Europea e col Fondo Monetario Internazionale, ributtando l’Italia nella spirale dello spread alle stelle e delle chiusure dei rubinetti finanziari mondiali.
Forse una soluzione ci sarebbe. Un governo di destra, a guida Salvini, che potrebbe contare sull’attuale compagnie parlamentare della destra arricchita da transfughi pentastellati. Dovrebbe però avere la duttilità per trovare le mediazioni con l’Europa e la capacità di far digerire al popolo italiano le conseguenti misure per la riduzione del debito. Mi sa che gli convenga prendere tempo e lasciar cuocere il governo nell’acqua sua ancora qualche mese…30