Informazione: bavaglio, ammuina e abbagli
Nell’attualità l’allarme di un ipotetico vulnus alla libertà di stampa è stato lanciato dalla FSNI e da alcune testate elettroniche e della carta stampata a proposito dell’emendamento a firma di Enrico Costa di “Azione” approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati
E’ suggestivo usare l’espressione “bavaglio” riferito all’esercizio della professione giornalistica, perché evoca pratiche e disposizioni censorie, incompatibili con lo Stato democratico.
Si tratta di un tema che ha alimentato, in più stagioni, dibattiti e scontri nelle triangolazioni di rapporti tra politica, magistratura e media. Se ne sono accesi ogni qualvolta che si è tentato di mettere mano su modalità e tempistica di divulgazione di atti giudiziari e di intercettazioni in essi contenute.
Nell’attualità l’allarme di un ipotetico vulnus alla libertà di stampa è stato lanciato dalla FSNI (sindacato dei giornalisti, non più rappresentativo dell’intera categoria) e da alcune testate elettroniche e della carta stampata a proposito dell’emendamento a firma di Enrico Costa di “Azione” approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati, relativo alla ratifica di una direttiva europea su rispetto ed attuazione di disposizioni della Convenzione per i diritti dell’uomo di Strasburgo.
Esso prevede il divieto di pubblicazione integrale o per estratto delle ordinanze di custodia cautelare della persona indagata finché non siano concluse le indagini preliminari. Il che, in pratica per il cronista di giudiziaria non vuol dire “bavaglio”, ma differimento di pubblicazione e trattamento delle relative notizie a dopo il vaglio da parte del GIP delle carte ricevute dal PM. Si tratta di un intervento sul Codice di procedura penale ispirato sia al rispetto dell’articolo 21 della Costituzione in materia di libertà di stampa e sia alla salvaguardia dei contenuti dei successivi articoli 24 e 27 concernenti tutela di diritti e presunzione di non colpevolezza, in coerenza con gli articoli 3 e 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In questo incrocio di diritti, doveri e principi di rilevanza costituzionale si manifesta la capacità di bilanciamento da parte del cronista nel rendere un servizio pubblico di informazione.
Altra cosa è il “copia ed incolla” di notizie attinte dalle Procure (copyright di Piero Sansonetti, Direttore dell’Unità). Così come risponde ad altra logica l’attivazione di processi mediatici, che in parte servono a spiegare fasi ed articolazioni del processo, ma spesso corrispondono a scelte politiche, legittime in quanto espressioni di libero pensiero, ma dietro le quali si possono celare interessi di parte, maschere ideologiche che contrastano con l’indipendenza e la terziarietà rispetto a tutti i poteri dovute dal giornalista nell’esercizio del lavoro di informazione.
Sul punto va ricordato il Codice dei processi in TV voluto nel 2008 dal Presidente della Repubblica dell’epoca Giorgio Napolitano per porre fine a massacri mediatici, ma è rimasto inascoltato. Ora, al di là di abbagli di incostituzionalità sollecitata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, issare cartelli e disseminare sospetti su una presunta deriva autoritaria con la destra al Governo del Paese sa molto di “ammuina”, perché sono altri e più realistici i rischi che condizionano o limitano l’attività del cronista: dalle minacce e violenze di origine criminale (nel 2023 sono stati censiti dall’Osservatorio “Ossigeno” 183 episodi per circa 500 operatori dell’informazione), all’incubo di un lungo processo da sostenere per querele temerarie per presunta diffamazione incardinate su esosi risarcimenti, la cui riforma è invocata da decenni ed in atto la relativa proposta giace presso la Commissione Giustizia del Senato. In proiezione, nel futuro del mondo dell’editoria incombe l’introduzione dell’intelligenza artificiale la cui applicazione è di ausilio nei processi di lavorazioni sequenziali ma può essere sostitutiva delle facoltà di discernimento del giornalista.
E questo è un altro capitolo di un nuovo libro tutto da scrivere, ma senza la museruola imposta dalle holding delle grandi reti. Sul punto sono possibili iniziative politiche bipartisan promosse da FIGEC/Cisal (nuovo sindacato di giornalisti e comunicatori) al fine di dare vita ad una normativa che tuteli e garantisca governo e gestione dell’informazione e della comunicazione all’opera di mediazione dell’uomo, e non al calcolo predefinito di un algoritmo.