scritto da Luigi Gravagnuolo - 08 Marzo 2019 13:29

Il risveglio del centrosinistra

foto tratta dal profilo Fb

L’ho ribadito più di una volta su queste colonne, nelle urne pancia batte mente. Sempre. Se non sei capace di conoscere e capire i sentimenti popolari, non vincerai mai un’elezione. La differenza tra uno statista ed un demagogo sta in ciò: il demagogo entra in sintonia con la pancia degli elettori, ne fa propri i sentimenti, vince le elezioni e ne rimane prigioniero; nel senso che finisce per innamorarsi delle condizioni che lo hanno portato a vincere e tende a perpetuarle. Lo statista, viceversa, può anche ammiccare alla pancia – se non lo facesse non arriverebbe mai al governo – ma poi, nell’azione di governo, media tra sentimenti e ragione, guardando al futuro del proprio paese prima che alle elezioni successive.

Matteo Renzi ha provato a darsi la dimensione dello statista. Tra il ’10 ed il ’14 è entrato in sintonia con i sentimenti popolari, ha promesso di mandare la casta allo scasso ed ha vinto. Poi ha cercato di controllare la pancia dei suoi elettori, che lui stesso aveva solleticato, non c’è riuscito ed è stato rottamato. Direbbe il salmista: il suo piede si è impigliato nella rete che aveva teso per gli altri. Non è per niente facile cavalcare la tigre e poi riuscire a fermarla. Sta accadendo in questi giorni qualcosa di simile al Movimento 5 Stelle, che tuttavia ha ancora il tempo per provare a farcela.

Nelle ultime settimane il vecchio centro sinistra, ridotto in brandelli nel dopo-Renzi, è parso dare qualche botta di vita. Prima le elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna; poi le manifestazioni ambientaliste in Europa e quelle antirazziste in Italia, tra le quali la più imponente a Milano; infine l’insperata ottima partecipazione alle primarie del Pd. Nel loro insieme segnali indubbi di un’inversione di tendenza. Sono dunque resuscitati il centro sinistra ed il Pd ? Difficile a lungo andare, più facile qualche felice replica elettorale a breve termine.

Zingaretti dovrà ora approfittare delle mutate condizioni psicologiche in Italia per riformare a fondo le strutture del suo partito. Già c’è, ad esempio, chi gli sta suggerendo di aprire una piattaforma digitale in analogia alla Rousseau del M5S, per facilitare la partecipazione online degli iscritti e degli elettori. Potrebbe aiutare, certo. Più in profondità, il Pd dovrà ripensare al suo posizionamento nel contesto di un sistema elettorale proporzionalista, non proprio coerente con un partito concepito e nato in tempi di maggioritario. Il recupero in corso nel Pd di temi ideologici di vecchio stampo, volto a consolidare il voto di appartenenza, sembra andare in questa direzione. Insomma, aggiustando qualcosa, a breve il Pd di Zingaretti qualche partita la potrà vincere. Nel medio periodo tutto ciò non basterà. E ciò indipendentemente dalle capacità del suo gruppo dirigente. Non basterà perché i sentimenti dei popoli d’Europa vanno in direzione opposta ai valori della sinistra, ai quali comunque il Pd è legato. Ci sarà pure una ragione se in tutto il mondo, dal Brasile all’Estonia, dagli U.S.A. all’India, nelle elezioni nazionali ed in quelle locali, da un decennio a questa parte la sinistra è sistematicamente sconfitta!

Il 24 febbraio scorso Lucrezia Reichlin, in un magistrale editoriale sul Corriere della Sera, ha dimostrato con spietata lucidità come nei prossimi decenni l’Occidente sia destinato a diventare sempre più povero. O quanto meno a non crescere più. Sottolineo: nei prossimi decenni, non nel breve periodo. Ciò in un contesto in cui la scarsità delle risorse naturali del pianeta determina già da ora imponenti flussi migratori e lotte per la sopravvivenza di intere popolazioni E c’è chi cerca di prendersi una parte della nostra residua ricchezza. Lasciamo perdere – nel contesto di queste righe – che la nostra è una ricchezza in buona parte fondata sul plurisecolare sfruttamento del resto del mondo. Fatto sta che l’Occidente reagirà, difendendo il suo status con rabbia crescente, io credo fino al ricorso alle armi. Ci sarà a sinistra qualcuno disposto ad assecondare questi sentimenti pur di vincere le elezioni? E quand’anche le vincesse, riuscirebbe poi a gestirli? Ho i miei dubbi.

Luigi Gravagnuolo, giornalista, scrittore, docente ed esperto di comunicazione. E' stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.

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