scritto da Nino Maiorino - 17 Luglio 2022 08:44

Governo in crisi, il punto

A  nostra memoria mai una crisi di governo è stata più scombinata di quella attuale.

Un Presidente del Governo che gode ancora di una maggioranza in Parlamento, bizze e distinguo a parte, che decide, dopo giorni di travagli, colloqui e riflessioni, di rassegnare le dimissioni, le ufficializza nell’ultima riunione del CdM, le rassegna nelle mani del Presidente della Repubblica, il quale non le accetta e lo rinvia di nuovo al Parlamento per “parlamentizzare” la crisi, nonostante Draghi non abbia mai perso, nei due rami del Parlamento, la maggioranza numerica.

In verità è un rompicapo, nessuno ha capito e ci sta capendo niente, ha ragione chi si affida ai bookmaker sperando che la dea bendata sia dalla nostra parte.

Perché non bisogna dimenticare che il momento che il nostro paese sta vivendo è di una drammaticità eccezionale: una pandemia sempre più aggressiva che non riusciamo più a contenere, una guerra quasi alle nostre porte che nessuno riesce a fermare, una economia che, anche a causa della guerra, è allo sbando, l’inflazione che si avvia verso le due cifre, il costo della vita che sale vertiginosamente; il tutto in presenza del macigno di un debito pubblico vertiginosamente cresciuto nell’ultimo biennio e che i mercati stanno supportando solo perché il nostro Governo è retto da una persona che gode di un prestigio internazionale, una firma di garanzia che se venisse meno potrebbe aprire le porte ad uno scenario incontrollabile.

E tutto questo perché?

Per le ripicche in gran parte insensate dell’ex Premier, Giuseppe Conte, che si vede messo in un angolo per aver perso, a seguito della scissione fatta da Luigi Di Maio, una cospicua parte del M5S, compresi molti Ministri, sottraendo alla parte residuale del M5S uomini che avevano voce in capitolo, al punto che l’attuale Presidente Conte per dialogare con l’attuale Premier è costretto a scrivere lunghi documenti nei quali elenca le cose che per lui non vanno.

Queste istanze normalmente vengono espresse nella sede istituzionale, vale a dire le riunioni del CdM, al quale però Conte non può partecipare né direttamente (non ha nessun dicastero) né per interposta persona, perché è vero che, dopo la scissione di Luigi Di Maio, nel Governo sono rimasti tre ministri grillini (Federico D’Incà -Rapporti col Parlamento, Fabiana Dadone – Politiche giovanili, e Stefano Patuanelli – Politiche agricole), il Vice Ministro Alessandra Todde, cinque Sottosegretari (Carlo Sibilia all’Interno, Ilaria Fontana alla Transizione ecologica, Giancarlo Cancelleri alle Infrastrutture e mobilità, Rossella Accoto al Lavoro e Barbara Floridia all’Istruzione), ma è evidente che non c’è chi li coordini.

Ecco perché Conte fa le bizze e mette paletti, preso nella morsa di non poter partecipare ai CdM, di non potersi fidare di nessuno dei partecipanti, e strattonato dalla maggioranza del residuo Movimento che non vuole più restare nel Governo.

Il 13 luglio, un vicepresidente “governista” pentastellato al Senato h sbottato: “Se parla ai governisti, Conte dice una cosa, se parla con gli arrabbiati (quelli che vogliono uscire dal Governo: n.d.r.) ne dice un’altra, non si capisce più nulla”.

Una chiosa su un personaggio che non si sa come definire, parliamo di Federico D’Incà che dovrebbe curare i Rapporti col Parlamento, ma che si è trovano, nella votazione al Senato di giovedì 14 luglio, in una situazione paradossale, al punto di voler uscire dall’ala, bloccato da colleghi del movimento, dopo aver proposto di votare i singoli articoli della legge in discussione, cosa che non è stata autorizzata.

Quindi tutto quello che è avvenuto e che ha portato alle dimissioni di Draghi non può che imputarsi a Conte il quale non si sa quale vantaggio potrebbe avere da questa crisi se si evolverà in senso negativo, nel qual caso oltre a lui tutto il paese uscirebbe con le ossa rotte.

E se la crisi rientrerà non si vede quale futuro potrà avere Conte e il suo Movimento, dal quale minacciano di uscire altri per confluire nel gruppo di Luigi Di Maio, oppure avviarsi ad una ulteriore scissione.

Insomma da questa crisi scaturita dalle rigidità di Conte potrebbe derivare la scomparsa del Movimento di Grillo che nel 2018 ebbe un consenso del 33%: oggi i Contiani e i Dimaiani sono dati tra il 10 e il 12%.

Né è prevedibile quale potrà essere l’esito del rinvio al parlamento del Governo Draghi: se avesse la fiducia, il Parlamento sconfesserebbe le due sfiducie appena votate (alla Camera in base a un regolamento ai più sconosciuto e mai applicato, al Senato in maniera esplicita), comunque potrebbe rientrare tutto e Draghi potrebbe rimanere alla guida dell’attuale Governo, ma resterebbe la spina nel fianco del M5S.

Se il Parlamento sfiduciasse Draghi, il Presidente Mattarella potrebbe conferire a Draghi un incarico esplorativo per la formazione di in Draghi-bis fino alla fine della legislatura, ma in tal caso certamente il M5S di Conte resterebbe fuori.

Comunque la situazione è in costante evoluzione, il paese dovrà soffrire fino a mercoledì 20, confidando nella dea bendata e nella pazienza di Mattarella e Draghi.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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